2025-02-28
Franco Zanellato: «Le mie borse raccontano la storia d’Italia»
Il fondatore dell’omonimo marchio, esploso grazie alla Postina: «Ho dovuto creare un team legale per lottare contro le imitazioni. Dobbiamo svegliarci e renderci conto della forza che ha questo Paese. Adesso punto all’internazionalizzazione».Più copiata di così non potrebbe essere. «Abbiamo 111 cause penali, siamo andati in corte d’Appello sette volte, tutt’ora abbiamo una causa su 6.000 borse. Ho dovuto creare una task force legale per tutelarmi da prodotti di bassa fattura». Franco Zanellato, amministratore unico del marchio vicentino che porta il suo nome, inventore della Postina, borsa bestseller nata nel 2011, racconta quanto si deve difendere dai falsi. D’altronde, la Postina è addirittura un caso di studio in Cattolica. «È un modello di business strategico, cioè come costruire un’azienda da una borsa sola. È bello interfacciarsi con i giovani». Parte dalla storia?«Sì, una storia di famiglia anche se poi sono partito da solo e con la mia società. Mio padre Mirco era guantaio, oggi a 95 anni viene comunque in azienda a dire due parole. Poi mio zio, che ha aperto concerie in Spagna. Sono la seconda generazione ma ho scelto di fare altro. La palestra sono stati loro due, io sono nato con le pelli, con il saper fare, con il lavoro artigianale. Da sempre si può riassumere con intelligenza artigianale, intelligenza è saper fare, imparare un mestiere, conoscere, studiare attraverso l’esperienza della vita. In più, ho molto forte il senso di nazione». Cosa significa?«Sono molto fiero di essere italiano. Abbiamo un potenziale in tanti settori. Non facciamo sistema ma dobbiamo trovare il modo per far sì che il mondo venga da noi e non viceversa. Parlando di made in Italy non ci rendiamo conto della forza incredibile di questo marchio. Bisogna svegliarsi e comprenderlo. Mi piacerebbe che certi messaggi arrivassero anche ai ministeri. Parlando di sistema, le eccellenze italiane sono qualcosa di unico. Il mio esempio è emblematico: ho tradotto la borsa del portalettere, un pezzo di storia d’Italia, in chiave moderna creando la Postina. Quante storie uniche e indimenticabili ci sono nel nostro Paese? Innumerevoli».La Postina è la borsa più famosa, ricercatissima. Come nasce?«Sono un appassionato di borse, un cultore, un collezionista. I miei amori erano la pelle e le borse e volevo fare non le borse ma la borsa. Era un sogno e ho cercato qualcosa che rimanesse nel tempo e che durasse. Ho scavato nella storia d’Italia guardando tutte le borse da lavoro. Dopo anni di ricerche e perfezionamenti dell’idea originale ho brevettato il marchio Postina il 5 maggio 2010. La borsa del postino è quella di Massimo Troisi, nata per un bisogno, doveva portare le lettere. Io dovevo traghettarla, ricontestualizzarla nella moda senza fare moda ma parlando di un oggetto senza tempo che odorasse di cultura italiana. Mi è stato dato l’annullo filatelico il 21 giugno 2011 e nella sede di Poste italiane in piazza Cordusio a Milano sono state esposte le mie prime 33 Postine. Coincidenza volle che quel giorno si girò Benvenuti al Sud con Claudio Bisio. Ho quasi 1.000 pezzi unici di postine nel mio archivio e 4.000 ricette di pellami segrete». Quante Postine sono state vendute nel mondo?«Abbiamo scavallato i 500.000 pezzi, prevalentemente in Italia dato che con l’80% rappresenta il nostro primo mercato. Il restante 20% è distribuito a macchia di leopardo tra Francia, Germania, Svizzera, Belgio. In Russia, dato che tutt’ora abbiamo un prezzo di sell in inferiore a 300 euro, vendiamo bene, mentre in Giappone il mercato è in grande crisi. I nostri punti vendita sono 240». L’internazionalizzazione?«Il progetto è molto chiaro, il mercato italiano è il più difficile, il più selettivo. Nel 2025 vorrei creare maggiore visibilità al brand Zanellato che poggia su quattro capisaldi. Oltre alla Postina ci sono altre tre sorelle: Dotta, A spasso, Mondà. Saremo pronti all’internazionalizzazione nel 2026 con un progetto in cinque anni. Vorremmo distribuire i nostri capisaldi, non faremo collezioni continuamente. Oggi è il momento di fare poco ma riconoscibile e autentico. La crisi di oggi è anche una crisi di identità, è stato creato troppo e sono stati alzati troppo i prezzi senza controllo. Non ho la necessita di triplicare, quadruplicare, l’importante è sedimentare il modello di distribuzione in Italia e poi sarà più facile replicare la distribuzione selettiva». Non una ma quattro borse.«Dalla borsa del medico di famiglia è nata Dotta (sold out), dalla borsa della tipica Dolce vita A Spasso, da un tributo alle donne che hanno fatto lavori di fatica come le mondine nasce Mondà. Quattro mestieri che raccontano storie importanti. Sorelle ma ognuna con la propria personalità e caratteristiche, tutti modelli depositati. Più misure, più pellami. Tutte mie conce, come l’agnello a concia vegetale con tannini di castagno, rifinita con olio d’oliva; la pelle di toro molto resistente con una grana ispirata all’arancia tarocco; nabuk lavabile. All’interno dell’azienda ho tutta la filiera».
Jeffrey Epstein e Donald Trump (Ansa)
L'ad di SIMEST Regina Corradini D'Arienzo
La società del Gruppo Cdp rafforza il proprio impegno sui temi Esg e conferma anche la certificazione sulla parità di genere per il 2025.
SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha ottenuto l’attestazione internazionale Human Resource Management Diversity and Inclusion – ISO 30415, riconoscimento che certifica l’impegno dell’azienda nella promozione di un ambiente di lavoro fondato sui principi di diversità, equità e inclusione.
Il riconoscimento, rilasciato da Bureau Veritas Italia, arriva al termine di un percorso volto a integrare i valori DE&I nei processi aziendali e nella cultura organizzativa. La valutazione ha riguardato l’intera gestione delle risorse umane — dal reclutamento alla formazione — includendo aspetti come benessere, accessibilità, pari opportunità e trasparenza nei percorsi di crescita. Sono stati inoltre esaminati altri ambiti, tra cui la gestione degli acquisti, l’erogazione dei servizi e la relazione con gli stakeholder.
L’attestazione ISO 30415 rappresenta un passo ulteriore nel percorso di sostenibilità e responsabilità sociale di SIMEST, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, in particolare quelli relativi alla parità di genere e alla promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose.
A questo traguardo si affianca la conferma, anche per il 2025, della certificazione UNI/PdR 125:2022, che attesta l’efficacia delle politiche aziendali in tema di parità di genere, con riferimento a governance, crescita professionale, equilibrio vita-lavoro e tutela della genitorialità.
Valeria Borrelli, direttrice Persone e organizzazione di SIMEST, ha dichiarato: «Crediamo fortemente che le persone siano la nostra più grande risorsa e che la pluralità di esperienze e competenze sia la chiave per generare valore e innovazione. Questi riconoscimenti confermano l’impegno quotidiano della nostra comunità aziendale nel promuovere un ambiente inclusivo, rispettoso e aperto alle diversità. Ma il nostro percorso non si ferma: continueremo a coltivare una cultura fondata sull’ascolto e sull’apertura, affinché ciascuno possa contribuire alla crescita dell’organizzazione con la propria unicità».
Con questo risultato, SIMEST consolida il proprio posizionamento tra le aziende italiane più attive sui temi Esg, confermando una strategia orientata a una cultura del lavoro sostenibile, equa e inclusiva.
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