2021-12-09
Franceschini fa la sfilata alla Scala ma il mondo dell’opera lo fischia
Sergio Mattarella e Dario Franceschini (Ansa)
Assolirica contro il ministro: «Artisti esclusi dai ristori, aiutate solo le fondazioni».Chissà se nelle orecchie del ministro della Cultura, Dario Franceschini, risuonano ancora le note e i versi di «Patria oppressa». La Prima della Scala è stata un successo a metà, non sono piaciute le scene e la regia di Davide Livermore. In effetti era meglio ascoltare Giuseppe Verdi tenendo gli occhi chiusi per non vedere l’offesa arrecata alla potentissima vicenda shakespeariana. Il ministro ha invece visto e soprattutto si è fatto vedere nel suo smoking alle spalle di Sergio Mattarella nel palco reale, ma non ha ascoltato. L’avesse fatto avrebbe sentito che nelle note del coro dei profughi scozzesi che intonano «Patria oppressa» c’era anche il coro di rabbia dei profughi della cultura. Sono gli artisti del teatro d’opera dimenticati da lui, dal governo ed esclusi da ogni sostegno da due anni. Franceschini alla Prima si è molto mostrato per coltivare una speranzella per il Quirinale anche se sulla sua candidatura «suona a morto ancor la squilla», perciò non ha avvertito - nei versi di Francesco Maria Piave - che dal golfo mistico saliva un disaccordo «d’orfanelli e di piangenti, chi lo sposo e chi la prole, s’alza un grido e fere il Ciel». Allora vediamo di mettergli in mente che cosa capita mentre magnifica a cose fatte le glorie della Scala e addita il teatro d’opera come segno peculiare della nostra cultura e motore di sviluppo. Succede che Franceschini ha firmato l’ennesimo decreto del suo «regno» culturale che esclude ancora una volta gli artisti lirici e i team creativi dai sostegni ai lavoratori dello spettacolo. Si è dimenticato (?) il ministro di cantanti, direttori d’orchestra, scenografi, registi, costumisti. Insomma di tutti quelli che fanno l’opera perché l’unico interesse di Franceschini era di foraggiare ancora una volta gli enti lirici, le strutture burocratiche. Glielo ricorda una nota di Assolirica, l’associazione di chi lavora nel teatro d’opera, che sostiene con le parole del suo vicepresidente, Roberto Abbondanza: «Da due mesi chiediamo che s’intervenga sui contratti cancellati, su chi veramente ha perso le scritture. Ma niente. In tutta Europa, le dirigenze dei teatri hanno risarcito in modo equo gli ingaggi persi per il Covid. In Italia, invece, dopo quasi due anni di fermo lavorativo e con scarsissime ricollocazioni degli artisti, si è scelto solo di sostenere le Fondazioni lirico sinfoniche per risanare i debiti pregressi, accumulatisi negli anni. Inoltre, nonostante la conferma delle quote del Fus (Fondo unico dello spettacolo, ndr), molte Fondazioni sono ricorse alla cassa integrazione dei dipendenti, senza alcun risarcimento ai liberi professionisti, che perdevano ogni forma di sostentamento». Nulla di nuovo verrebbe da dire visto che è un classico del Pd e di Franceschini come ministro garantire i garantiti e lasciare che le «partite» o se preferite le partiture Iva affondino. Perché magari sono presunti ricchi o anche in odore d’evasione. Sostiene ancora Assolirica: «Il ministro con questo decreto continua a distribuire fondi del contribuente a pioggia, senza un criterio che guardi alla reale attività dei professionisti della lirica. Il requisito per accedere ai sostegni di sette giornate lavorative medie fra il 2018 e il 2019, e il combinato disposto del limite di reddito, escludono di fatto molti professionisti di alta specializzazione. Gli artisti che si siano esibiti anche all’estero sono in pratica esclusi, non potendo dimostrare in alcun modo le giornate lavorative. Inoltre a causa dei contratti onnicomprensivi, che includono spese di trasferta, soggiorno e prove, il reddito risulta completamente falsato. In questo modo, mentre si allarga la platea di persone che non esercitano questa professione con costanza, si tagliano coloro che sono indispensabili nella produzione di uno spettacolo operistico». Ma a Franceschini basta aver foraggiato lo spottone per la Scala: «In teatro si respira la vita». Gli rispondono con monsieur de Lapalisse da Assolirica: ministro, speriamo che la morte ci trovi vivi!