2021-01-03
L’ombra di Franceschini e Di Maio incombe sulla testa di Giuseppi
Sandra Lonardo, lady Mastella, risponde all'appello di Giuseppe Conte e si fa avanti come senatrice «responsabile», ma se si arriverà alla rottura con Matteo Renzi l'aiutino potrebbe non servire: sarà il premier a esser sacrificato in nome delle poltrone.«Se non si trova in Parlamento un gruppo di persone serie, in grado di assicurare al governo una maggioranza stabile, che possa affrontare i problemi che affliggono l'Italia, mi permetto di dare un consiglio al presidente Giuseppe Conte: metta fine a questo stillicidio e andiamo alle elezioni prima che scatti il semestre bianco»: così parlò, interpellata dalla Verità, la senatrice Sandra Lonardo Mastella, eletta con Forza Italia e passata nel gruppo Misto, dopo aver subito, insieme al marito Clemente, sindaco di Benevento e vecchia volpe della politica, attacchi violentissimi da parte della Lega, nei giorni che hanno preceduto le elezioni regionali in Campania. La Lonardo, cuoca raffinata, sta cercando la ricetta giusta per evitare la crisi di governo, ma il suo tono di voce è tutt'altro che euforico. Lei, in ogni caso, è pronta a rispondere all'appello di Giuseppe Conte in parlamento: «Siamo in un momento terribile», dice la Lonardo, «la pandemia avanza, la ripresa è ancora un miraggio, l'Italia è allo stremo eppure ci sono degli irresponsabili che stanno per provocare una crisi di governo. Sembra incredibile, eppure è questa la situazione, nonostante le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella». Proprio così: la crisi di governo sembra più vicina ogni ora che passa, con Matteo Renzi e Maria Elena Boschi che ormai hanno definitivamente rotto gli argini e ieri sono tornati ad attaccare attraverso due interviste il premier, mentre la caccia ai «responsabili» che dovrebbero sostituire i 18 senatori e i 30 deputati di Italia viva segna il passo. Il motivo? Semplice: sono pochissimi, tra i parlamentari, quelli che pensano che caduto Conte si andrà alle urne: il pensiero dominante a Montecitorio e Palazzo Madama è che morto (politicamente) un premier se ne farà un altro. Non a caso ieri sia Idea-Cambiamo, il movimento di Giovanni Toti che annovera tra le sue fila tre senatori (Gaetano Quagliariello, Paolo Romani e Massimo Berutti) che l'Udc di Lorenzo Cesa che al Senato esprime Antonio De Poli, Paola Binetti e Antonio Saccone, hanno fatto sapere di non essere disposti a fare la stampella al governo di Giuseppi. I nomi per il dopo Conte? In pole position ci sono Dario Franceschini e Luigi Di Maio (Mario Draghi, primissima opzione per tutti o quasi, non è disponibile). Franceschini, attuale ministro dei Beni culturali e capodelegazione del Pd, gran tessitore di tutte le trame di palazzo, avrebbe le carte in regola per riallacciare i fili con Italia viva; Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, è comunque il leader del primo partito in Parlamento. Con il barometro dei numeri che segnala nuvoloni neri addensarsi sul ciuffo di Giuseppi, Renzi ha gioco facile a bombardare il fortino di Palazzo Chigi: «Conte», dice Renzi al Messaggero, «ha detto che verrà in Parlamento. A mio giudizio ha sbagliato a chiudere così la verifica di governo. Ma se ha scelto di andare a contarsi in aula accettiamo la sfida. Se il governo dura? Dipende da Conte prima e dal Parlamento poi. Non ho paura della libertà delle persone. Se qualche parlamentare vorrà appoggiare il governo Conte perché convinto dalle parole del premier, bene, ma mi fa sorridere che chi è entrato in Parlamento per aprirlo come una scatoletta di tonno finisca col dipendere dalle mosse di Clemente Mastella. E lo dico con rispetto per Mastella, sia chiaro. Ma si chiama democrazia parlamentare e va bene così. Penso che il premier sia sicuro dei suoi conti, altrimenti avrebbe scelto la strada del confronto politico prima di andare in aula. Invece ho letto come lei le sue parole sulla sfida in Parlamento e quindi adesso aspetto rispettosamente la convocazione del Senato. A chi penso per il dopo Conte? C'è un premier solo alla volta», prosegue Renzi, «oggi si chiama Conte. E lui mi sembra molto fiducioso sui numeri, altrimenti avrebbe usato un tono diverso in queste settimane. Se invece andrà sotto abbiamo varie soluzioni diverse che potranno essere valutate dal parlamento e dal capo dello Stato. Anticipare adesso la posizione di Italia viva sarebbe mancare di rispetto al Quirinale. La Costituzione dice che la legislatura va avanti finché ci sono i numeri in parlamento, non finché lo dice Conte». Ci va giù pesante anche il capogruppo di Iv alla Camera, Maria Elena Boschi: «Noi», dice la Boschi a Repubblica, «abbiamo scritto due documenti. Uno è la lettera del senatore Renzi al presidente Conte. L'altro è un documento con decine di osservazioni dei parlamentari di Iv al ministro Gualtieri. Aspettiamo le risposte. Capisco che in tempi di populismo chiunque provi a fare politica sia deriso. Se le nostre idee non piacciono, allora le nostre poltrone non servono: non siamo alla ricerca di potere, portiamo idee e progetti. Conte non risponde ai nostri documenti», aggiunge la Boschi, «ma prefigura un confronto-scontro senza rete in aula: evidentemente pensa sia la strada migliore. È il premier, accettiamo la sua decisione. Il premier sta cercando un gruppo di responsabili per andare avanti? Secondo me sì, altrimenti non si spiega il tono della sua conferenza stampa. Nel caso in cui ci saranno transfughi di Forza Italia che salveranno il governo», argomenta la Boschi, «nessuno di noi griderà allo scandalo, ma Iv continuerà il proprio lavoro dall'opposizione. Noi lavoriamo perché prevalga il buon senso. Se si andrà alla crisi sono convinta che non ci saranno elezioni, ma un nuovo governo. In ogni caso dipende dai numeri in Parlamento, non dai sondaggi di Palazzo Chigi».