2021-02-18
I tre fari di Mr Bce: fisco danese, giustizia più efficiente, Pa digitale
Il programma di Palazzo Chigi: una commissione per tagliare le aliquote e aumentare le esenzioni. Uffici pubblici e tribunali dovranno smaltire gli arretrati. E sul personale, premi alla competenza.Ci sono tre punti programmatici dei quali Mario Draghi ha illustrato diffusamente i dettagli, dinanzi all'Aula di Palazzo Madama: fisco, pubblica amministrazione e giustizia.Primo, la leva più efficace per rimettere in moto il Paese: le tasse. Il premier ha identificato, anzitutto, un metodo. «Non bisogna dimenticare che il sistema tributario è un meccanismo complesso, le cui parti si legano una all'altra. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta. Un intervento complessivo rende anche più difficile che specifici gruppi di pressione riescano a spingere il governo ad adottare misure scritte per avvantaggiarli». Nessun provvedimento di breve respiro, bensì una riforma organica, indirizzata da «esperti, che conoscono bene cosa può accadere se si cambia un'imposta». Draghi ha citato il precedente della commissione in cui, nei primi anni Settanta, operarono il repubblicano Bruno Visentini e l'economista Cesare Cosciani (che però, alla fine, assunse posizioni critiche sulla legge). «Si deve a quella commissione», ha ricordato, «l'introduzione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e del sostituto d'imposta per i redditi da lavoro dipendente». Certo, la commissione Visentini partorì pure la tassa antesignana dell'Ici. E con un'Europa che, da anni, chiede uno spostamento del carico fiscale sui patrimoni (anche immobiliari), il precedente non è di ottimo auspicio. Invero, Draghi ha in mente un modello più vicino nel tempo: «La Danimarca, nel 2008, nominò una commissione di esperti in materia fiscale. La commissione incontrò i partiti politici e le parti sociali e solo dopo presentò la sua relazione al Parlamento». È il Super Mario che vuole ascoltare tutti, ma decidere da sé. Bene, purché non si ripresenti il rito degli Stati generali e delle task force alla Giuseppe Conte...Le coordinate del modello danese erano «un taglio della pressione fiscale pari a 2 punti di Pil. L'aliquota marginale massima dell'imposta sul reddito veniva ridotta, mentre la soglia di esenzione veniva alzata». Dunque, pietra tombale su ogni progetto, caro al centrodestra, di flat tax universale. Resta il criterio delle aliquote differenziate, con il faro della progressività. Nondimeno, ci sono margini per un taglio, in primis dell'Irpef, secondo l'intesa che Matteo Salvini garantiva di aver raggiunto con il premier. Dove reperire le risorse? Il sempiterno forziere è quello del «contrasto all'evasione fiscale». Finora non è bastato. Non perché i governi non ci abbiano provato, ma perché hanno fallito, o perché, con il denaro recuperato, hanno aperto altre voragini nei conti pubblici. L'autorevolezza di Draghi è un'occasione per cambiare musica. Evitando, però, che l'erario resti l'aguzzino delle partite Iva.Secondo capitolo: la riforma della Pa. Draghi paga il suo tributo linguistico alla parola del momento: la «capacità di resilienza e adattamento» dell'amministrazione pubblica, «grazie a un impegno diffuso nel lavoro a distanza e un uso intelligente delle tecnologie». Resta, tuttavia, la «fragilità del sistema [...], che deve essere rapidamente affrontata», anzitutto chiedendo agli uffici «di predisporre un piano di smaltimento dell'arretrato e comunicarlo ai cittadini». Appunto: comunicare. Una novità sostanziale, per un apparato spesso autoriferito, indecifrabile. «La riforma», annuncia Super Mario, «dovrà muoversi su due direttive: investimenti in connettività con anche la realizzazione di piattaforme efficienti e di facile utilizzo da parte dei cittadini; aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici, anche selezionando nelle assunzioni le migliori competenze e attitudini in modo rapido, efficiente e sicuro, senza costringere a lunghissime attese decine di migliaia di candidati». In sintesi: portare la Pa italiana nel XXI secolo. Infine, la giustizia - quella civile, le cui lungaggini frenano gli investimenti. Nessun cenno alla prescrizione. Per Draghi, si tratta di soddisfare le «aspettative dell'Unione europea». Cade il velo sulla vera fonte d'ispirazione delle riforme legate al Next generation Eu: le raccomandazioni-Paese 2019 e 2020, indirizzate a Roma dalla Commissione. Almeno, quando non parla di pensioni (assenti nel discorso di Draghi) o patrimoniali, Bruxelles avanza richieste ragionevoli: «Aumentare l'efficienza del sistema giudiziario civile, attuando e favorendo l'applicazione dei decreti di riforma in materia di insolvenza, garantendo un funzionamento più efficiente dei tribunali, favorendo lo smaltimento dell'arretrato e una migliore gestione dei carichi di lavoro, adottando norme procedurali più semplici, coprendo i posti vacanti del personale amministrativo, riducendo le differenze che sussistono nella gestione dei casi da tribunale a tribunale e infine favorendo la repressione della corruzione». Per la quasi novizia Marta Cartabia, il dossier sarà una bella gatta da pelare: il Guardasigilli saprà orientarsi nella giungla delle fazioni che dividono le toghe, tra le concrezioni d'interessi e il tracollo di credibilità della magistratura?
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