2019-10-01
Fioramonti: «Niente crocifisso nelle scuole»
Dopo le merendine, il ministro dell'Istruzione attacca i cattolici. E aggiunge: «Via pure la foto di Sergio Mattarella».Il governo ha trovato un'occupazione permanente: smentire il ministro Lorenzo Fioramonti. L'impegno è titanico perché il titolare del dicastero della scuola ha il pensiero perfino più leggero della parola (andrebbe studiato nei laboratori di scienze), così volatile e pervasivo da arrivare come l'elio a occupare tutti gli spazi prima di una spiegazione, di una motivazione. Non diciamo un approfondimento per non costringere sottosegretari e portaborse a correre a compulsare la Treccani alla ricerca di un sinonimo. Così ieri il premier Giuseppe Conte non aveva fatto in tempo ad affermare solennemente che «le merendine, no, non saranno tassate», che la Vispa Teresa dell'esecutivo rosso-rosso si era già dedicata ad altro, era già balzata su un nuovo argomento da sbocconcellare come una Girella. Ospite di Un giorno da pecora (Radio Rai), il numero uno dell'Istruzione italiana ha allegramente dichiarato: «A scuola non bisognerebbe esporre alcun simbolo religioso, la scuola deve rimanere laica. Ritengo che le scuole debbano permettere a tutte le culture di esprimersi. Non bisogna esporre un simbolo in particolare, eviterei l'accozzaglia, diventerebbe un mercato». Una posizione legittima per un privato cittadino, un po' più scottante se rappresentata da un ministro. Servirebbe un supporto, una contestualizzazione storica del nostro Paese e di quell'Europa che in teoria dovrebbe fondarsi su valori cristiani. Senza contare che il Consiglio di Stato, nel 1988 e nel 2006, ha dato per due volte parere favorevole al crocifisso nelle aule, a conferma di una legge dello Stato del 1928, mai abrogata. Per Fioramonti tutto ciò è evidentemente noioso, a lui piace la spontaneità. Quindi dentro l'accozzaglia ha trovato il modo di inserire anche la foto del presidente della Repubblica. Via pure quella, muri banchi, lavagne sulle quali scrivere meglio: «Ci avete rubato l'infanzia». E per supportare l'idea di far rottamare anche l'effigie di Sergio Mattarella lo ha pure chiamato in causa: «Neanche il presidente la vorrebbe». In attesa di una conferma o di una smentita dal Quirinale, Fioramonti tira dritto in questo Paese delle meraviglie nel quale si è inoltrato come Alice, cantando e danzando, circondato nel suo mondo virtuale dalla lepre marzolina e dal coniglio con il panciotto. Il rappresentante pentastellato è in carica solo da un mese e ha già collezionato una serie di gaffe da far invidia a Danilo Toninelli, del quale si candida a essere l'erede. Con un problema: ha la responsabilità del futuro dei nostri ragazzi. Loro finora lo vedono come un curioso compagno di classe ripetente, che asseconda ogni iniziativa. Alla vigilia del Friday for future è stato lui a decretare il via libera nelle piazze inventando la giustificazione per decreto che nella scuola ancora non esiste. Era un retaggio del sabato fascista, ma nessuno ha mai immaginato di doversene più occupare. Dopo l'uscita sulle merendine, le scorse settimane è arrivata un'altra proposta variopinta, quella della tassa sui voli (anche low cost, quelli che i giovani utilizzano per conoscere il mondo) a favore di mezzi di trasporto più ecologici. La cosa è sospesa nell'aria, né Conte né tantomeno i ministri del Pd vorrebbero tornarci, ma Fioramonti è una mina vagante. Il suo tentativo di rigida coerenza ecologista mette in imbarazzo un esecutivo già sgangherato di suo, che non ha bisogno di mostrare ulteriori sbuffi di aria fritta.L'uomo sarebbe perfino preparato. Cervello in fuga come ama definirsi, vanta una cattedra di economia politica in Sudafrica (provare a togliere la foto di Nelson Mandela dai luoghi pubblici) ed è laureato in filosofia. Ma la teoria è un conto, l'eccitazione del potere un altro. Quanto ai crocifissi, se davvero li farà eliminare rimarrà pur sempre sui muri il segno bianco che c'erano stati. A conferma che Lui è risorto.