2019-11-06
Fioramonti lancia la crociata verde: «Obbligo di lezioni sul clima a scuola»
Il ministro M5s dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti sfodera la nuova priorità del sistema italiano: un'ora a settimana in tutti gli istituti pubblici per imporre i temi ambientalisti. Chi insegna? Cosa dice? Al posto di quali materie?La macchina delle priorità ribaltate romba a pieno regime, e alla guida sembra esserci il ministro dell'Istruzione, Lorenzo Fioramonti. Un mese e mezzo dopo aver minacciato dimissioni senza almeno 3 miliardi (che non ci sono) sul comparto scuola, e poche ore dopo aver lamentato di essere stato estromesso da decisioni chiave di sua competenza in sede di manovra, l'erede di Valeria Fedeli ha trovato il modo di consolarsi lanciando una crociata, probabilmente in sintonia con l'idea di sostituire i crocifissi con «mappe del mondo».In una intervista con l'agenzia Reuters, Fioramonti ha spiegato che dall'anno scolastico 2020/21 «l'Italia cambierà il proprio programma scolastico per rendere obbligatorio lo studio dei cambiamenti climatici e dello sviluppo sostenibile». La dichiarazione ha una certa coerenza con la giustificazione offerta d'ufficio agli studenti italiani che avessero partecipato al Friday for future del 27 settembre scorso, e con lo slogan voluto in viale Trastevere («Istruzione, non estinzione»). Di che tratta? La cosa non è ancora chiara: «L'intero ministero sta cambiando per fare della sostenibilità e del clima il centro del modello educativo. Voglio fare del sistema educativo italiano il primo che pone l'ambiente e la società al centro di ciò che impariamo». In concreto, spiega Reuters, si tratterebbe di imporre a «tutte le scuole pubbliche 33 ore all'anno, quasi un'ora a settimana, a studiare i problemi legati al cambiamento climatico». Chi lo insegna? Cosa dice agli studenti? Con quale impostazione scientifico ideologica, visto che la natura antropica dei cambiamenti climatici è tutt'altro che condivisa dalla comunità degli studiosi? Questo Fioramonti per ora non lo dice, ma si evince che si tratterebbe di ore curricolari che, per definizione, andrebbero a sostituirne altre. Quali? Non si sa, ma le priorità di un comparto che presenta leggerissimi problemi di sottofinanziamento e carenze strutturali forti, con migliaia di edifici a rischio, sembrano essere obblighi: solo di vaccini e di lezioni «verdi». Come se si potessero fare in modo neutro, e comunque - par di capire - a prescindere dalla sensibilità delle famiglie.Una prima reazione porterebbe a trattare le parole del ministro come una bizzarria partorita da un politico tutto sommato giovane e in cerca di visibilità. Ci sono buone ragioni per diffidare di questa lettura. Non perché Fioramonti non presti il fianco: è il ministro che ha voluto la contestata arruffapopoli Vandana Shiva nel suo team di consulenti. Lo stesso team, però, chiamato «consiglio scientifico sullo sviluppo sostenibile» dal titolare del dicastero, include Enrico Giovannini e Jeffrey Sachs.Il secondo è uno dei più noti economisti del mondo, e avrebbe «ispirato» anche la Laudato si' di Papa Francesco. Il primo è l'ex ministro del governo Letta, che dal 2014 è impegnato in ambito Onu come membro dell'Independent expert advisory group on the data revolution for sustainable development. Questo lavoro confluisce nei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile sanciti dalle stesse Nazioni unite il 25 settembre 2015 nell'Agenda 2030. Per «mobilitare le istituzioni» alla «realizzazione di questi obiettivi» l'anno successivo nasce in Italia Asvis, l'Associazione per lo sviluppo sostenibile. Presieduta dall'ex capo della Legacoop e di Unipol, Pierluigi Stefanini, Asvis ha come portavoce Enrico Giovannini, il quale ha prefato Presi per il Pil, il testo più noto di Fioramonti, edito da L'asino d'oro nel 2017.Non è questione di improbabili complottismi. Ma quando si muovono queste filiere (lo si è visto con Greta Thunberg), non c'è molto spazio per un dibattito piano. «Tutte le nuove leggi», ha detto Giovannini ricevendo la giovane paziente svedese al Senato, «dovrebbero essere valutate, prima della loro approvazione, in base all'effetto atteso sui 17 obiettivi dell'Agenda 2030. Abbiamo scritto al presidente del Consiglio, ai presidenti di Camera e Senato, e ai presidenti dei gruppi parlamentari proponendo di rendere obbligatoria una tale valutazione preventiva. Abbiamo poi bisogno di educare tutti allo sviluppo sostenibile per cambiare comportamenti e mentalità». Parole alla luce delle quali l'uscita di Fioramonti suona già meno estemporanea e velleitaria. Ancora una volta, il problema non è negare la rilevanza dei temi ambientali, ma salvaguardare uno spazio politico sulle soluzioni, che sottragga le scelte concrete a direttrici nei fatti prive di controllo democratico, paternalistiche e indiscutibili. In parole povere: chi, se non governi e parlamentari, possono mediare le istanze e gli interessi, interrogandosi sulle conseguenze per filiere, occupazione e produzioni della famosa «green economy»? È un problema che non sembra sfiorare il pugnace Fioramonti, che ha lasciato alle spalle le polemiche sulla sua recente violenza verbale via social: «Sono stato ridicolizzato da tutti e trattato come lo scemo del villaggio», confessa ancora a Reuters, «e ora, pochi mesi dopo, il governo sta usando due delle mie proposte (plastic tax e sugar tax, ndr) e mi sembra che sempre più persone siano convinte che sia la strada da percorrere». È notizia di queste ore che il governo non ha ritenuto di sondare le imprese coinvolte nei settori, ma ciò non turba il ministro, che spiega come secondo i sondaggi «il 70-80% degli italiani è favorevole a tassare voli e zucchero», annunciando emendamenti «per introdurre una tassa sui voli». Dunque una tassa in più, perché «imposte di questo genere puntano a scoraggiare consumi nocivi all'ambiente o alle persone, e generano risorse che si possono destinare alle scuole, alle politiche sociali o a tagliare le tasse sui redditi».Qui siamo a un nuovo passo della neolingua: le tasse che servono a tagliare le tasse. Una logica in realtà già assorbita nella manovra, che destina nuove entrate derivanti dalla maggior pressione fiscale al Fondo tagliatasse (spoiler: non taglierà alcuna tassa). Fioramonti non si ferma: servono - dice - «tasse su vari tipi di gioco d'azzardo e sui profitti derivanti dalle trivellazioni petrolifere». Non si esce dal dilemma in cui il governo si è infilato: se le tasse «green» servono a condizionare i comportamenti e non a produrre gettito, c'è un problema di conti rispetto alle entrate garantite all'Ue da Conte e Gualtieri (in realtà pure da Tria). Se invece fanno cassa, cade l'impianto «etico» della battaglia contro le merendine, gli zuccheri, l'inquinamento eccetera.Comunque, le ragioni positive e profonde del ministro che ci tiene a dirsi verde e progressista sono limpidamente esposte da lui stesso: «Voglio rappresentare l'Italia che si oppone a tutto ciò che Salvini esprime. Non dobbiamo aver paura di dire qualcosa che a Salvini potrebbe non piacere, perché è per questo che esistiamo». Chi debba avere paura di cosa è, a questo punto, una curiosità giustificata.
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