2022-08-03
Finanziaria di rottura per disinnescare la bomba inflazione
Contro l’incremento dei prezzi, il centrodestra abbia il coraggio di tagliare le tasse. Covid, è ora di demolire il modello Speranza.La giornata di ieri, sul lato sinistro, ci ha consegnato il non glorioso epilogo dell’«epopea» calendiana, conclusa con un pugno di collegi concessi dalla ditta Pd, e con la trasformazione di Calenda stesso in una specie di aspirante Caronte, di psicopompo, di traghettatore di anime che le recupera sullo Stige per portarle «dall’altra parte». Ecco: l’unico pregio di questa sceneggiata è che si è conclusa ieri. E allora si può (anzi: si deve) iniziare a parlare di cose serie: non dei «programmi» intesi come libri dei sogni o come elencazione di desideri impossibili (o peggio: come pretesto per raccattare tre collegi in più), ma in termini di obiettivi precisi e tempificati. In particolare sul lato destro, cioè con riferimento alla coalizione che - se i tre leader non falliranno il calcio di rigore - avrà l’onore e l’onere di guidare l’Italia, ci si attende qualcosa di non generico e soprattutto di non eccessivamente diluito nel tempo. Intendiamoci. Da trentasei ore, ad esempio, si è avviato un dibattito sul mix possibile tra presidenzialismo e maggiore autonomia territoriale. Chi scrive - per quel poco che vale la mia opinione - è da sempre favorevole a questa combinazione, che peraltro si ispira a un mirabile riferimento classico: il presidenzialismo e il federalismo statunitensi. Ottima notizia, dunque, se, auspicabilmente giovandosi di una maggioranza parlamentare larghissima, il centrodestra vorrà fare del prossimo Parlamento il luogo di una riforma costituzionale coerente, non pasticciata, armoniosa, senza vestiti di Arlecchino.Tuttavia - detto e ribadito il giudizio positivo sul punto - questa è materia che, considerando la tempistica delle riforme costituzionali, si snoderà lungo l’arco di almeno un biennio. E prima che si fa? Ecco dunque la necessità - qui ed ora - di non eludere tre questioni urgentissime, di bruciante attualità, e rispetto alle quali il centrodestra non può permettersi il lusso della vaghezza o dell’indeterminatezza. Primo. Troppi fanno finta di non vederlo, quasi esorcizzando il male che si avvicina: ma, passato il generale agosto, l’autunno sarà devastante. La combinazione di probabilissimo razionamento energetico e impennata del costo della vita farà letteralmente a brandelli il bilancio degli italiani. Sia il bilancio familiare, sia il bilancio delle aziende, sia il bilancio del singolo imprenditore, sia quello dei suoi dipendenti (inutile dire che sia il primo sia i secondi hanno a loro volta famiglie di cui farsi carico). Senza dire delle scadenze «ordinarie»: già in queste settimane, gli autonomi e le partite Iva stanno calendarizzando le tasse da pagare da fine agosto a fine anno. Mettete tutto insieme, aggiungete magari l’arrivo imprevisto di una cartella dell’Agenzia delle Entrate o di una temibile «lettera di compliance», e rendetevi conto di quello che può accadere. Su tutto questo, il centrodestra deve provare a dare una risposta al più presto. Non perché ciò che accadrà sia colpa sua (ovviamente), ma perché, una volta arrivati a Palazzo Chigi, i vincitori non potranno banalmente imputare tutto all’eredità ricevuta. Dunque, a partire da inflazione ed energia, serve una risposta immediata. Ad avviso di chi scrive, la strada maestra è nota: per lasciare più soldi in tasca alle persone, occorre tagliare le tasse, senza che il tema scivoli in avanti verso le proverbiali calende greche.E qui arriviamo al secondo e decisivo punto. Le elezioni si terranno il 25 settembre: ciò vuol dire che le Camere saranno costituite a metà ottobre e che, se tutto andrà bene, il nuovo governo potrebbe essere operativo dalla fine di ottobre o dai primi di novembre. È evidente che a quel punto, anche in relazione al ferreo calendario della legge di stabilità, si tratterà subito di porre mano alla finanziaria. Ma ciò non deve indurre il centrodestra a dire (e a dirsi) che, a questo punto, la sua prima legge di bilancio sarà - per così dire - «obbligata», scritta prima e da altri, costretta a procedere su binari fissati da chi c’era in precedenza. Mi rendo conto dell’estrema difficoltà dell’operazione: ma il segno politico del nuovo governo deve vedersi subito, con la prima manovra economica. Lo scriviamo qui in anticipo e a scanso di equivoci: ci auguriamo che nessuno, nel centrodestra, inizi a dire che il «vero» programma economico del centrodestra avrà una partenza differita, cioè solo legata alla legge di bilancio dell’anno successivo, perché ora «siamo costretti a correre e a fare di necessità virtù». L’argomento è rispettabile ma irricevibile: gli elettori, a maggior ragione se li si chiama a votare per il cambiamento, hanno diritto a sapere cosa potrebbe accadere subito, non tra un anno. E ciò porta inevitabilmente con sé un’altra questione: la coalizione di centrodestra ha il compito di impostare ora il suo disegno politico rispetto al tema del temibile ritorno (con una riforma tutta da negoziare) del patto di stabilità europeo. Il tema non può essere eluso né consegnato al «dopo», a un «altro momento».La terza e ultima questione è stata già ampiamente sviluppata da questo giornale, anche raccogliendo le dichiarazioni di intenti - in materia di Covid - di numerosi dirigenti politici di Fdi, Lega e Fi (a partire dai loro responsabili per il settore della sanità). E abbiamo preso atto di intenzioni lodevoli, del generale (ma un po’ generico) impegno a non riproporre la linea chiusurista di Roberto Speranza. Bene, dunque. Ma non benissimo. Su tutte le questioni cruciali (l’esclusione tassativa del ritorno del green pass; l’esclusione altrettanto tassativa di obblighi più o meno espliciti o surrettizi), gli esponenti dei tre partiti - chi più chi meno - si sono riservati un qualche margine di indeterminatezza. Temiamo sia un errore. Se il vero «nemico» del centrodestra, da qui al 25 settembre, è l’astensione anche solo di alcuni segmenti del suo elettorato potenziale, a maggior ragione - allora - è interesse delle tre forze parlare, parlare chiaro, parlare subito.
Jose Mourinho (Getty Images)