2023-08-18
Le poltrone d’oro di Gravina: mezzo milione di euro l’anno per fare un flop dietro l’altro
Gabriele Gravina (Getty Images)
Dal Parlamento arrivano richieste di dimissioni ma il presidente Figc resta dov’è con 240.000 euro di paga più altri 250.000 alla Uefa. E i dubbi di Luciano Spalletti crescono. I più fantasiosi sui social sfoderano il loro estro: «febbre da cavillo», «sogno di una clausola di mezza estate» e amenità assortite per definire lo stallo che accompagna la scelta del tecnico azzurro. Gli aulici hanno addirittura scomodato Samuel Beckett con «Aspettando Godot», tracciando una schietta sintesi della situazione attuale: quattro giorni sono trascorsi e del nuovo allenatore tricolore ancora non c’è traccia. Per carità, Luciano Spalletti sarebbe ben lieto di sostituire Roberto Mancini, dimissionario con disdetta di contratto via email perché in lite con Gabriele Gravina, presidente della Figc, che, al contrario, alle dimissioni non pensa affatto. Ma se fino a ieri la sensazione era che, nonostante il vincolo imposto da Aurelio De Laurentiis, un’intesa tra la federazione e il Napoli potesse essere trovata, oggi lo stesso Spalletti è meno ottimista di ieri (per chi non lo ricordasse, il vincolo consiste in poco meno di 3 milioni di euro da versare nelle casse partenopee per liberarne l’ex allenatore, una tutela scelta dai campioni d’Italia per impedire l’accordo tra Spalletti e una società concorrente senza prima prendersi un anno sabbatico). L’uomo di Certaldo, vincitore dello Scudetto, non avrebbe alcuna voglia di inimicarsi De Laurentiis, nonostante il loro rapporto non sia mai culminato in irresistibili redamazioni. Certo, Spalletti, di suo, si accomoderebbe di corsa sulla panchina dell’Italia, a patto che, o per vie legali, o per accordi tra galantuomini, gli venga garantito totale disimpegno da quello spinoso impedimento contrattuale. Ecco allora che, gira e rigira, gli occhi sono puntati ancora lì, sul palazzo della Figc, e sulle scelte del suo grande capo Gravina, reo di aver inanellato un flop dietro l’altro nei recenti mesi. Contro di lui l’altro ieri si è scagliata la politica. Il deputato di Fdi Salvatore Caiata, intervistato dalla Verità, ha ribadito quanto aveva già dichiarato a dopo le dimissioni di Mancini: «Contesto a Gravina l’essersi presentato alle elezioni da presidente Figc con un preciso programma di riforme, senza averlo applicato nell’arco di questi cinque anni. In un Paese normale, un manager delegittimato dai risultati e umiliato dal tecnico della Nazionale dovrebbe comprendere che il suo percorso è terminato». Tra le forme più irritanti di delegittimazione, in parecchi stanno perdendo il sonno per i pasticci combinati nella gestione delle categorie inferiori, campionato di serie B su tutti. L’applicazione di norme a geometria variabile ha fatto sì che il Lecco, vincitore dei playoff di serie C sul campo, non avesse avuto il tempo di presentare i documenti sul proprio stadio, rischiando di non potersi iscrivere al torneo cadetto. Dopo aver vinto il ricorso al Tar ed essere stata ammessa, la società lariana deve formalmente attendere la fine del mese per la ratifica del Consiglio di Stato. Ma intanto il calendario di B è un delirio di date annullate e posticipate. Il torneo comincia oggi. Nella prima giornata, il Lecco avrebbe dovuto affrontare il Pisa, nella seconda lo Spezia, nella terza i cugini del Como. Tutti i match sono stati rinviati a data da destinarsi, lo stesso vale per le partite del Brescia, a sua volta in attesa del responso dei tribunali. La conseguenza è intuibile: un torneo confuso, parzialmente falsato, con diverse squadre nei prossimi mesi obbligate a disputare una partita dietro l’altra in condizioni sfavorevoli. Tuttavia Gravina non si dimette e, considerata la questione da un punto di vista meramente economico, c’è da capirlo. Secondo l’autorevole testata Calcio e Finanza, durante una riunione del consiglio federale che stabiliva il varo di una norma anti Superlega - in asse con la Uefa e con il suo capo Aleksander Ceferin - si è discusso pure di stipendi per i dirigenti Figc. Si è giunti a stabilire un aumento al compenso del presidente, che prima percepiva 36.000 euro lordi all’anno, fino a un massimo di 240.000 euro, «per la responsabilità derivanti dal ricoprire diversi ruoli». Ma ci sarebbe un altro fatto: nei primi giorni di aprile, Gravina è stato pure investito della nomina a vicepresidente Uefa. Stando ad alcune fonti della Verità, chi ha ricoperto quel ruolo in precedenza avrebbe guadagnato 250.000 franchi svizzeri annui (circa 250.000 euro). Se quella cifra fosse valida anche per lui, sommata ai 240.000 già annunciati, farebbe quasi 500.000 euro complessivi. Il compito ricoperto in seno all’Uefa non è peraltro sorprendente: il capo Figc ha saputo sempre camminare sulla parte illuminata del sentiero, appoggiando con vigore le scelte di Ceferin, osteggiando la politica della Superlega e quella, di conseguenza, di Andrea Agnelli, senza mai attaccare direttamente il brand Juventus. Un posizionamento tattico arguto e ben riuscito, considerato il crescente potere acquisito da Ceferin nell’arco delle stagioni sul pallone continentale e l’investitura per tutti i suoi vassalli a decidere di vita, morte e miracoli sulle leghe nazionali. E in questo non ci sarebbe nulla di male. Né sul piano finanziario - guadagnare soldi non è reato, specie alla luce di un incremento degli incarichi - né su quello politico-istituzionale, poiché agganciarsi al treno giusto denota attenzione per ciò che accade intorno a sé. Ma allora la domanda risuona sempre più rumorosa: con gli emolumenti incrementati e una capacità decisionale rafforzata per il presidente Figc, perché il calcio italiano affoga in un turbine di cavilli da Azzeccagarbugli di provincia, le regole ci sono ma vengono aggirate, le nostre squadre perdono costantemente appeal e la nostra nazionale da due edizioni vede i Mondiali col binocolo? A questo Gravina dovrebbe rispondere, dando conto di una certa qual inadeguatezza gestionale che in tanti, pare, non sono granché disposti a perdonare.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)