
In un’intervista al «Corriere» sminuisce le accuse sulla beneficenza e sostiene: «Ero in buona fede». Rienzi all’attacco: «Bugie». Incontro post rottura con Fedez.Volano gli stracci? Nell’affaire social più dibattuto, ovvero la rottura dei Ferragnez, cinque anni di matrimonio e due bambini, si inserisce un esperto di gossip, Fabrizio Corona, che attraverso il suo sito DillingerNews sgancia una bomba: «Fedez farà causa a Chiara Ferragni chiedendole 10 milioni di euro per danni d’immagine». Uno scoop clamoroso, se confermato, nel giorno in cui lei rompe il silenzio sui social e scrive: «Sono stata zitta per troppo tempo. Ora penso sia importante parlare e spiegare». E nel post linka l’intervista uscita ieri sul Corriere della Sera, ma rilasciata il 20 febbraio, poco prima che i rumor sulla separazione diventassero realtà. Nella chiacchierata ripercorre il caso Balocco e parla degli ultimi tre mesi di critiche e vicende giudiziarie. «Quando è arrivata la notizia dell’Agcom sono rimasta completamente scioccata. Ho passato sabato e domenica chiusa in casa, con addosso la stessa tuta, a leggere cose terribili e completamente false, che avevo truffato i consumatori e perfino i bambini malati. Ho sempre pensato che, se hai 30 milioni di follower, se fai beneficenza e ne parli, crei un effetto emulativo», ha detto l’influencer. L’inchiesta dell’Agcom la definisce una «bastonata» che ha prodotto una «gogna mediatica» descrivendola «come una criminale» non «attaccando Balocco perché perché ci sono gli operai ma anche per le mie società lavorano 50 famiglie».A proposito della crisi coniugale, iniziata forse a Sanremo 2023 ma congelata per la malattia del marito, riferendosi a Fedez ha detto: «Negli ultimi week end non c’è stato, in altri c’è stato. E comunque è mio marito. E in situazioni di caos esterne, è importante tenere le cose dentro la coppia e i problemi tra le mura familiari. La priorità è proteggere la famiglia e i figli». Più o meno le stesse parole dette da lui rispondendo alle domande di un giornalista di Pomeriggio Cinque. Lo scorso 6 febbraio in un programma ancora Corona e Marco Cappelli parlavano dei motivi della rottura: «Quando il rapper ha capito che i guai di Chiara rischiavano di portare giù anche lui, ha ripreso con il podcast Muschio Selvaggio, ha fatto un nuovo disco, ha messo delle distanze. Non conveniva più». Invece, secondo il settimanale Oggi, Fedez starebbe vivendo con grande sofferenza il momento ma i due si sarebbero rivisti di persona e starebbero chiarendosi per capire come gestire questa crisi. Nel colloquio con il Corsera Chiara Ferragni si è definita «imperfetta ma sempre in buona fede, a testa alta contro le fake news. Ho avuto un successo più grande di quello che sognavo. Ora mi sento fragile però faccio fatica a raccontarlo». Cosa che non le impedirà di andare da Fabio Fazio il 3 marzo. E di festeggiare su Instagram il successo mediatico dell’intervista: «1 milione e 602.000 click. Grazie...».Contro l’intervista al Corriere si è scagliato Carlo Rienzi, presidente del Codacons, che ha parlato di «una cosa gravissima, rappresenta un degrado del giornalismo» perché «si consente di diffondere una difesa di un incriminato di gravi reati che riteniamo sia piena di bugie, falsità e calunnie contro chi ha agito».
Tampone Covid (iStock)
Stefano Merler in commissione confessa di aver ricevuto dati sul Covid a dicembre del 2019: forse, ammette, serrando prima la Bergamasca avremmo evitato il lockdown nazionale. E incalzato da Claudio Borghi sulle previsioni errate dice: «Le mie erano stime, colpa della stampa».
Zero tituli. Forse proprio zero no, visto il «curriculum ragguardevole» evocato (per carità di patria) dall’onorevole Alberto Bagnai della Lega; ma uno dei piccoli-grandi dettagli usciti dall’audizione di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler in commissione Covid è che questo custode dei big data, colui che in pandemia ha fornito ai governi di Giuseppe Conte e Mario Draghi le cosiddette «pezze d’appoggio» per poter chiudere il Paese e imporre le misure più draconiane di tutto l’emisfero occidentale, non era un clinico né un epidemiologo, né un accademico di ruolo.
La Marina colombiana ha cominciato il recupero del contenuto della stiva del galeone spagnolo «San José», affondato dagli inglesi nel 1708. Il tesoro sul fondo del mare è stimato in svariati miliardi di dollari, che il governo di Bogotà rivendica. Il video delle operazioni subacquee e la storia della nave.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Manifestazione ex Ilva (Ansa)
Ok del cdm al decreto che autorizza la società siderurgica a usare i fondi del prestito: 108 milioni per la continuità degli impianti. Altri 20 a sostegno dei 1.550 che evitano la Cig. Lavoratori in protesta: blocchi e occupazioni. Il 28 novembre Adolfo Urso vede i sindacati.
Proteste, manifestazioni, occupazioni di fabbriche, blocchi stradali, annunci di scioperi. La questione ex Ilva surriscalda il primo freddo invernale. Da Genova a Taranto i sindacati dei metalmeccanici hanno organizzato sit-in per chiedere che il governo faccia qualcosa per evitare la chiusura della società. E il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al nuovo decreto sull’acciaieria più martoriata d’Italia, che autorizza l’utilizzo dei 108 milioni di euro residui dall’ultimo prestito ponte e stanzia 20 milioni per il 2025 e il 2026.
Il Comune di Merano rappresentato dal sindaco Katharina Zeller ha reso omaggio ai particolari meriti letterari e culturali della poetessa, saggista e traduttrice Mary de Rachewiltz, conferendole la cittadinanza onoraria di Merano. La cerimonia si e' svolta al Pavillon des Fleurs alla presenza della centenaria, figlia di Ezra Pound.






