2023-12-16
Chiara Ferragni, che bontà: a lei 1 milione di euro, ai bimbi malati un bel niente
Chiara Ferragni e il pandoro «Pink Christmas» di Balocco
Influencer e Balocco multati dall’Antitrust: «Hanno fatto intendere che acquistando il pandoro si aiutasse l’ospedale». Ma la donazione dell’azienda era già stata fatta.Sembrava Madre Teresa in versione via Montenapoleone. Invece era un piranha. Contrordine, compagni follower: non è vero che Chiara Ferragni aiutava i bambini malati di cancro, non è vero che pubblicizzava pandoro Balocco per far crescere le donazioni, non è vero che faceva aumentare le vendite per finanziare l’ospedale infantile. E soprattutto non è vero che contribuiva personalmente al progetto di solidarietà. Anzi, a dirla tutta, lei non ci ha messo una lira. Ma in compenso ha incassato 1 milione di euro. Proprio così: 1 milione di euro di guadagno, alle spalle dei bambini malati di cancro. Perché, come è noto, ogni tanto i ricchi fanno beneficenza. Ma più spesso è la beneficenza a fare ricchi.Chiara Ferragni è stata condannata dall’Antitrust a pagare una multa da 1 milione di euro, Balocco altri 420.000 euro. Dice l’autorità che «hanno fatto intendere ai consumatori che acquistando un pandoro griffato Ferragni avrebbero contribuito a una donazione all’ospedale infantile Regina Margherita di Torino». Invece non era così. «La delicatezza del Pandoro Balocco si unisce all’estro creativo di Chiara Ferragni», sbandierava allora la società dei dolci. «Io e Balocco abbiamo pensato a un progetto benefico», aggiungeva l’influencer. Entrambi sottolineavano il fatto di operare «insieme» contro i tumori infantili. «Il nostro Natale sarà un po’ più rosa e dolce», chiosava Chiara. Peccato fosse soltanto un po’ più falso. Il prezzo di vendita del pandoro con la griffe Ferragni, infatti, era quasi triplicato, da 3,68 a 9,37 euro, ma nessuno dei soldi incassati da quelle vendite è finito davvero ad aiutare i bambini malati.Che cosa è successo, dunque? Semplice: Balocco aveva necessità di rifarsi l’immagine. Troppo vecchia, troppo polverosa. Che si fa? Ovvio: si assume lei. La regina del brand. La maga maghella dei social. La fata turchina dello stile. Dalle calze a rete allo zucchero a velo, si capisce, il passo è consistente. Ma mai quanto è consistente il cachet. Così, secondo l’Antitrust, Balocco avrebbe pensato di buttarsi sulla beneficenza. Cioè sui bambini malati di tumore. L’industria dolciaria, in effetti, ha fatto un versamento di 50.000 euro all’ospedale infantile Regina Margherita di Torino e ha usato quella donazione per imbastire la campagna pubblicitaria con la Ferragni protagonista. Qual è il problema, secondo l’Autorità? Che quella donazione è stata effettuata mesi prima che iniziasse la campagna pubblicitaria: 50.000 euro e stop. Finito lì. Quindi non era vero quello che è stato comunicato agli acquirenti. Non era vero che più panettoni si vendevano più si davano aiuti ai bambini. E soprattutto non era vero che Chiara Ferragni contribuiva a quella donazione. Lei non ha tirato fuori dal borsellino un euro. In compenso ha incassato 1 milione. «Le vendite del pandoro», dice un manager Balocco, «servono per pagare il suo esorbitante cachet». L’esorbitante cachet, appunto. Il prezzo della solidarietà. Quando ci si dichiara solidali con qualcuno, diceva Vilfredo Pareto, è generalmente per prendergli qualcosa. Non stava di sicuro parlando di Chiara Ferragni, perché ai suoi tempi gli influencer non esistevano e i social neppure. Però è impressionante come questa donna non perda mai occasione per dichiararsi solidale con qualcuno: si sposa con Fedez? I regali vanno in beneficenza. Nasce la figlia? I regali vanno in beneficenza. C’è il Covid? Si fa beneficenza al San Raffaele. C’è l’alluvione? Si fa beneficenza per le vittime. L’ospedale Buzzi chiama? Lei risponde. Il Policlinico di Pavia chiama? Lei si presenta. Va a Sanremo? Si fa beneficenza alle donne. Arriva Pasqua? C’è l’uovo solidale. Arriva Natale? C’è il pandoro solidale. Ora uno potrebbe pensare che una che guadagna 25 milioni di euro l’anno (cioè 3.750.000 euro al mese, cioè 173.000 euro al giorno, in pratica), una che in un giorno guadagna ciò che un impiegato medio guadagna in sei anni di lavoro, potrebbe contribuire davvero di tasca sua. Invece, no: almeno nell’ultimo caso, stando a quanto sentenziato dall’Antitrust, non è andata così. E il dubbio viene: non è che per lei la beneficenza è solo un modo elegante di ribattezzare il marketing?Dicevano i vecchi che la vera beneficenza si fa e non si dice. Chiara Ferragni ha ribaltato questo concetto. La beneficenza si dice, eccome. La si mostra a tutti. Altrimenti come si fa a conquistare i like? E i nuovi sponsor? È ovvio che la solidarietà è un brand che tira un sacco nel mondo chic, lustrini e «oh poverini», metti lì 1 euro per il malato e guarda quando è trendy questo sexy bustier in pizzo elasticizzato. La solidarietà è un business perfetto. Ed è anche il paravento perfetto dietro cui nascondere ogni guadagno di cui ci si vergogna un po’. L’ingaggio al Festival di Sanremo è troppo alto per le casse Rai? Allora va in beneficenza. La pubblicità di un pandoro è troppo cheap per un’icona fashion? Allora va in beneficenza. Per male che vada, ti danno un altro Ambrogino d’oro…Nella società dell’immagine, si sa, l’immagine è tutto. E così Chiara Ferragni ieri, dopo la condanna dell’Antitrust, ha provato a metterci una pezza dichiarandosi in «totale buona fede», dicendo di essere «dispiaciuta se qualcuno ha frainteso la mia comunicazione» e annunciando che impugnerà la decisione «nelle sedi competenti». Ma ha anche ammesso che «quella con Balocco è stata un’operazione commerciale come tante ne faccio ogni giorno». Un’operazione commerciale. Ecco. Alle spalle dei bimbi malati. E alle spalle di chi ha comprato un pandoro al triplo del prezzo sperando così di dare un po’ di soldi in più all’ospedale. Fra l’altro l’«operazione commerciale» non è andata nemmeno tanto bene: il 20 per cento di quei pandori, infatti, è rimasto invenduto. Ma non è certo questo che può fermare Chiara Ferragni, anche perché lei il cachet lo ha incassato per intero. «Io e la mia famiglia continueremo a fare beneficenza», proclama infatti. E c’è da temere che stavolta dica il vero, essendo sempre stata una donna di grandi valori. Soprattutto in banca.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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