2022-08-13
La fatwa non perdona. Rushdie accoltellato da un attentatore: «Voleva sgozzarlo»
Lo scrittore dei «Versi satanici» aggredito durante un evento pubblico a New York. L’assalitore bloccato dalla polizia. Salman Rushdie, saggista indiano naturalizzato britannico di 75 anni, autore di opere di narrativa in gran parte ambientate nel subcontinente indiano, i cui scritti lo hanno obbligato ad una vita in parte blindata fin dalla fine degli anni Ottanta, quando venne pubblicato il suo celebre romanzo The Satanic verses (I Versi satanici), è stato attaccato ieri nel tardo pomeriggio mentre stava per iniziare una conferenza in un centro educativo a Chautauqua, vicino a Buffalo (New York). Un giornalista dell’Associated press ha raccontato di aver visto un uomo salire sul palco della Chautauqua Institution, diretto verso Rushdie, mentre questi veniva presentato al pubblico. Il medico presente all’evento, Rita Landman, al New York Times ha dichiarato: «Salman Rushdie ha subito ferite multiple, è stato raggiunto da diverse coltellate, inclusa una sul lato destro del collo», evidente che l’aggressore abbia tentato di sgozzarlo. La tecnica preferita dagli estremisti islamici. Rushdie sarebbe stato pugnalato da dieci a quindici volte dall’uomo che si sarebbe avvicinato a lui da dietro prima di lanciarsi sul palco. Che qualcosa di grave fosse accaduto lo si era capito subito dopo la pubblicazione di video e fotografie dove si vedevano macchie di sangue presenti sul muro dietro la poltrona dove lo scrittore era seduto. L’aggressore è stato fermato dalla polizia mentre i video e le foto scattate sul posto mostrano Rushdie attorniato dai paramedici accorsi sul posto. Il libro The Satanic verses è stato bandito in Iran dal 1988, poiché molti musulmani lo consideravano (anche oggi) blasfemo. Un anno dopo, il defunto leader iraniano, l’ayatollah Ruhollah Khomeini, emise una fatwa (editto religioso), chiedendo la morte dello scrittore. L’editto religioso provocò un’ondata di roghi di libri in Gran Bretagna e disordini nel mondo musulmano che portarono alla morte di 60 persone e al ferimento di centinaia. L’editto dell’ayatollah Khomeini era diretto a tutte le persone che avevano collaborato alla pubblicazione del volume e così nel 1991 Hitoshi Igarashi, traduttore della versione giapponese, venne pugnalato a morte. Lo stesso anno anche il traduttore della versione italiana, Ettore Capriolo, fu accoltellato e ferito a casa propria. Poi la furia islamica colpì William Nygaard, che aveva curato l’edizione norvegese: nel 1993 venne ferito a colpi di arma da fuoco fuori dalla sua abitazione ma, seppur gravemente ferito, riuscì a salvarsi. In Turchia, il traduttore del libro, Aziz Nesin, venne fatto oggetto di un incendio doloso che uccise 37 persone in un hotel. Successivamente molte librerie in tutto il mondo si rifiutarono di vendere The Satanic verses per paura di ritorsioni; a questo proposito va ricordato come decine di librerie che non si fecero intimidire vennero attaccate e bruciate dai fanatici musulmani. I sostenitori della libertà di parola difesero a gran voce Rushdie, ma molti leader musulmani e persino personalità culturali musulmane considerate moderate o lo condannarono apertamente oppure dissero «che si era spinto troppo oltre». Salman Rushdie si scusò sia con l’ayatollah Khomeini che con i musulmani di tutto il mondo sia nel 1989 che nel 1990, ma le proteste, le minacce e le violenze continuarono. Altri disordini scoppiarono in India, Pakistan (e in altri Paesi musulmani) e nel Regno Unito quando, nel giugno 2007, la sovrana d’Inghilterra Elisabetta II insignì il romanziere indiano-britannico del Knight Bachelor. Il portavoce dell’epoca del ministero degli Esteri in una nota scrisse: «Deploriamo la decisione del governo britannico di nominarlo cavaliere», mentre un portavoce della Camera bassa del Parlamento pakistano annunciò l’approvazione all’unanimità di una risoluzione appoggiata dal governo nella quale Salman Rushdie era definito «un blasfemo». Peggio di loro fece il ministro degli Affari religiosi pakistano, Mohammed Ijaz ul-Haq, che invitò a commettere attacchi suicidi contro il Regno Unito: «Se qualcuno si facesse esplodere, avrebbe diritto di farlo, a meno che il governo britannico non si scusi e ritiri il titolo di Sir; e se qualcuno perpetrasse un attentato suicida per tutelare l’onore del Profeta Maometto, la sua azione sarebbe giustificata». Anche l’Iran tornò a farsi sentire con l’allora presidente del Parlamento Gholamali Haddadadel che disse a proposito dell’onorificenza concessa allo scrittore: «I musulmani non lasceranno questo imprudente e spudorato atto senza risposta». Durante una conferenza stampa il governatore Kathy Hochul definì l’attacco a Rushdie «straziante» aggiungendo che lo scrittore era stato salvato da un agente della polizia di Stato «che si è alzato e gli ha salvato la vita dopo l’attacco». Con il passare degli anni il governo iraniano ha preso (almeno in apparenza) le distanze dalla fatwa di Khomeini, tuttavia l’odio per Salman Rushdie come abbiamo visto ieri è sempre vivo anche perché sulla testa dello scrittore c’è sempre la taglia da tre milioni di dollari decisa dall’Iran nel 1989 come ricompensa per chiunque uccida lo scrittore. Una taglia che nel 2012 venne aumentata da una fondazione religiosa iraniana semi-ufficiale che la alzò a 3,3 milioni di dollari.