2024-04-25
Fassino denunciato per furto di profumo. Si era lamentato di guadagnare poco
Piero Fassino (Imagoeconomica)
L’esponente del Pd è stato scoperto al duty free di Fiumicino con il flacone in tasca: «Lo avevo appoggiato lì prima di pagare».«Ma allora abbiamo una banca?». Sì, da quasi 20 anni. Però usatela almeno per far emettere uno straccio di carta di credito. La battuta è scontata dopo la denuncia per tentato furto accollata a Piero Fassino il 15 aprile scorso nel duty free dell’aeroporto di Fiumicino, dove l’anima lunga del Pd si sarebbe intascata un profumo da oltre 100 euro senza pagare. Una storia surreale e un po’ triste pubblicata prima di tutti dal Fatto Quotidiano, nella quale è difficile individuare il confine fra la volontarietà e la pura distrazione.La vicenda è presto raccontata. Il parlamentare dem era in attesa di un volo per Strasburgo quando ha deciso di entrare in uno shop a comprare un cadeau per la moglie Anna Maria Serafini, ex deputata piddina. Una volta scelto il regalo gli è squillato il cellulare e lui, nel rispondere, avrebbe compiuto il gesto istintivo di mettere la confezione in tasca. Ecco la sua ricostruzione: «Avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato il profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse». Cosa che non avrebbe fatto, ma parlando al telefono sarebbe uscito dallo store facendo scattare l’allarme anti-taccheggio. Secondo la versione dell’ex ministro della Giustizia, parlamentare per sette legislature, ex segretario Ds ed ex sindaco di Torino, invece sarebbe stato il gesto di infilarsi in tasca l’oggetto a richiamare l’attenzione di un vigilante, che lo ha bloccato e lo ha smascherato davanti ai titolari del duty free. I quali lo hanno denunciato, evidentemente convinti che non si trattasse solo di goffa sbadataggine. Tutto questo nonostante le sue spiegazioni, con la proposta di acquistare due profumi per dimostrare la sua buona fede e chiudere lì la faccenda. «Speravo di avere chiarito l’episodio con i responsabili», sottolinea Fassino nella ricostruzione. «Quando ho appoggiato la confezione in tasca si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo a un agente di polizia. Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo». È curioso l’uso del verbo «appoggiare», che divide antropologicamente un rappresentante della casta da un comune mortale nell’atto di «mettersi» in tasca quella che secondo i denuncianti si chiama refurtiva. Al di là dei dettagli, e in attesa di sapere da un giudice quali sono le conseguenze, rimane il rapporto conflittuale di Fassino con il denaro. L’episodio riporta alla luce un’accorata difesa, da parte di una delle vestali della «questione morale», del pauperismo parlamentare. Un anno fa il deputato dem mise in imbarazzo l’intero Nazareno (Elly Schlein, da poco eletta segretaria, prese le distanze) sventolando il cedolino delle indennità in aula e inscenando una filippica contro chi si permette di parlare di «stipendi d’oro». Un’uscita da cartellino rosso perché sommando la paga netta (4.718 euro) al fondo per l’attività parlamentare (3.610) e alla diaria mensile (3.500) si ottiene l’invidiabile totale di 11.828, difficile da incasellare fra i salari da detrazione Isee. A sostegno della sua tesi, allora Fassino commentò: «Come si può desumere da questo puntuale e verificabile rendiconto, le risorse che riceve un deputato non rappresentano una indebita forma di arricchimento, ma sostegno all’attività politica e parlamentare». Si guadagnò la riprovazione generale e il rimbrotto di Matteo Salvini: «Caro collega del Pd, si possono lamentare dello stipendio un precario, un operaio o una commessa, non un parlamentare». Oggi quel gesto, che lui fece per «smetterla di dar da mangiare alla bestia dell’antipolitica», costituirebbe anche una strategia difensiva: con 11.000 euro e rotti al mese potrebbe permettersi di pagare non una boccetta ma un bidone di profumo. E aggiungere con vezzo da diva: «Oui, je suis Catherine Deneuve». Povero Fassino, sempre nei premi dopo l’onesta carriera di colonnello con colbacco, dalle Frattocchie al West. Oggi alle prese con profumi, balocchi e con l’inner circle torinese coinvolto nell’inchiesta sul voto di scambio. Bei tempi quando arrossiva come un semaforo da Bruno Vespa mentre difendeva il Pci accusato di intascare le tangenti rosse dell’affare Enimont, «appoggiate» da qualche parte a Botteghe Oscure e poi scomparse fra il secondo e il terzo piano nella distrazione generale. Bei tempi quando veniva definito «l’ombra della sera» dai girotondi scatenati da Nanni Moretti perché neppure lui, come il líder Massimo D’Alema, riusciva a dire qualcosa di sinistra. Bei tempi quando andava da Maria De Filippi a C’è posta per te a rivedere la vecchia tata, che pretendeva ricordasse l’insalata russa che gli preparava da bambino. Poi è arrivata la stagione straniante delle profezie bucate, delle gaffes. «Grillo? Se vuole fare politica fondi un partito e vediamo quanti voti prende». Accontentato. «Ucraina? Non prevedo l’invasione. Per Putin sarebbe un azzardo». Era il 22 febbraio 2022, due giorni dopo i carri armati russi avrebbero attraversato il confine. Considerato una mina vagante dai suoi, adesso non può più neppure fare un regalo alla moglie in santa pace. A proposito: Devotion? Hypnotic? Soffio di Satana? La storia del duty free meriterebbe un dito medio, come quello che esibì (per sbaglio) ai tifosi del Torino in un anniversario di Superga scatenando l’inferno granata. Ma almeno quelle erano battaglie progressiste, non eau de cologne.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.