2024-07-04
Fascicolo sanitario, il Garante insiste: «Troppe difformità tra le Regioni»
Il presidente del Garante della privacy Pasquale Stanzione (Imagoeconomica)
Nella relazione al Parlamento, l’Authority ribadisce le criticità del dossier. Il presidente Pasquale Stanzione: «Intollerabili disuguaglianze su diritto alla salute e tutela dei dati». Allarmi anche su uso dell’Ia e crescita del revenge porn.C’è più di una criticità nel Fascicolo sanitario elettronico. E a dirlo non è un gruppo di no vax, ma il presidente del Garante della privacy Pasquale Stanzione. Nella relazione presentata al Parlamento, l’Authority ha voluto mettere in guardia le istituzioni sulle prossime sfide del futuro che attendono i cittadini italiani. E nelle quasi 300 pagine che analizzano l’ultimo anno di attività, viene dato ampio spazio all’impatto dell’intelligenza artificiale sulla nostra vita e sui nostri dati personale, ma si parla anche di pervasività delle chatbot oppure dell’odio che straripa ogni giorno sui social network sfociando anche in ricatti come il Revenge porn. Come aveva evidenziato La Verità nelle scorse settimane, prima che il fascicolo sanitario diventasse obbligatorio, anche il Garante della privacy avverte dei pericoli e delle criticità rilevanti, già segnalate al governo, che potrebbero derivare «rispetto alle difformità riscontrate, tra le varie Regioni, nella realizzazione del Fse 2.0, concepito invece proprio per assicurare omogeneità nelle garanzie di fruizione tra le varie aree del Paese» ha spiegato Stanzione». Del resto, ha spiegato il Garante, stiamo parlando di «diritti fondamentali come quello alla salute e, per altro verso, la protezione dei dati, che non possono, infatti, tollerare garanzie a geometria variabile, con le diseguaglianze ratione loci suscettibili di derivarne». L’allerta era già arrivata qualche giorno fa, quando ben 18 Regioni e due Province a statuto speciale erano finite sotto procedimento «per le numerose violazioni nell’attuazione del Fascicolo sanitario». Proprio in quel caso, il Garante aveva chiesto al governo di come fosse «urgente intervenire per tutelare i diritti di tutti gli assistiti coinvolti nel trattamento dati del Fse». Il concetto è stato ribadito anche ieri. Stanzione ha ricordato la recente sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima, per violazione del riparto di attribuzione della potestà legislativa tra Stato e Regioni, una legge regionale volta a legittimare la videosorveglianza nelle strutture di cura, in assenza di norme legislative statali in materia. «Quest’esigenza è tanto maggiore in ragione della progressiva integrazione dei sistemi, soprattutto informativi, in ambito sanitario prevista dal Regolamento sullo spazio europeo dei dati sanitari» che introduce specifici divieti di utilizzo discriminatorio dei dati sanitari per quanto riguarda offerte di lavoro o condizioni contrattuali. «Analoga esigenza non discriminatoria è sottesa alla disciplina dell’oblio oncologico, condivisa, anche in fase attuativa, con il Garante» e rientra anche in queste attenzioni all’esigenza di riservatezza l’intervento dell’Autorità, anche sul piano sanzionatorio, rispetto alla vicenda del «cimitero dei feti», quando sono stati indicati i nomi delle donne che avevano praticato un’interruzione volontaria di gravidanza in un cimitero di feti a Roma. «In gioco qui vi erano non tanto e non soltanto dati sulla salute come, pure, sono quelli sull’aborto quanto, piuttosto, informazioni rilevantissime su scelte di ordine esistenziale, etico, per certi aspetti persino religioso, tra le più delicate» ha detto Stanzione. Non è un caso che proprio ieri, il ministro della Salute Orazio Schillaci, abbia cercato di rassicurare gli italiani sul Fse. «Questo governo è molto attento alla sicurezza e alla tutela dei dati personali, soprattutto quando si tratta di settori particolari e sensibili come quelli che riguardano la salute. Nessun dato sarà mai accessibile a società commerciali o a terzi e lo ribadisco anche in questa sede: il Fascicolo sanitario elettronico è super blindato e da una lettura del decreto sul Fse 2.0 si capisce esattamente chi può avere accesso, a quali dati e a che titolo. E non sono certo soggetti terzi». Eppure, anche nella relazione il Garante ricorda che le applicazioni di Intelligenza artificiale «comportano attività di profilazione e possono generare decisioni sulla base di processi esclusivamente automatizzati che, in un contesto di interesse pubblico quale quello che contraddistingue la sanità, necessitano di una base giuridica nel diritto nazionale che assicuri il rispetto dei diritti e delle libertà degli interessati». D’altra parte, l’intelligenza artificiale è ormai entrata a far parte della nostra vita «con effetti della cui portata non siamo, forse, del tutto consapevoli», sui «rischi tutt’altro che trascurabili, per la persona, la società, la democrazia». Per l’Authority si tratta di misurare vantaggi e svantaggi, sapendo che ormai siamo già arrivati alla «piena integrazione dell’intelligenza artificiale nella nostra vita pubblica e privata». Si calcola così che «l’intelligenza artificiale potrebbe sostituire, nei prossimi anni, circa 85 milioni di posti di lavoro». Ma potrebbe però crearne 97 milioni di nuovi, «sebbene con un rischio di nuove, ulteriori diseguaglianze», come già successo ai lavoratori “invisibili” della gig economy. Per di più, in campo militare, sostiene Stanzione, l’Ia rappresenta «un drammatico terreno di sperimentazione» che rischia di «amplificare senza limiti la capacità offensiva dei conflitti, », con il rischio di creare una «nuova bomba atomica».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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