2022-03-14
Il pane è arrivato a sfiorare i 10 euro al kg
Inflazione drammatica per farina e derivati. I suggerimenti degli esperti per tutelare i risparmi investiti. Oggi pericolo caos: precettato lo sciopero degli autotrasportatori, ma si temono blocchi degli autonomi.L’analista di Kairos Alessandro Fugnol: «Niente comportamenti drastici, ci vuole attenzione anche ad acquistare beni rifugio Diventano convenienti i titoli pubblici di Paesi come Cina e India, con prezzi stabili e rendimenti positivi».Lo speciale contiene due articoliIn periodi di crisi il mattone viene considerato un bene rifugio per eccellenza. Ma è così anche nella prospettiva di un aumento della pressione fiscale per la revisione del catasto? Per dare una risposta bisogna partire dalla considerazione che la crescita dell’inflazione e i rincari del gas e delle materie prime avranno conseguenze anche sui tassi d’interesse. Ieri è arrivata un’altra notizia allarmante: il pane nel migliore dei casi raddoppia passando da 3 a 7 euro al chilo. Il record è stato toccato a Ferrara dove un chilo di pane comune veniva venduto a 9,80 euro. Il prezzo di due mesi fa era fissato a 3,50 euro il che significa un aumento del 380%. I listini della farina sono cresciuti del 450%; venerdì sulla piazza di Milano si pagava 610 euro al quintale. La michetta è diventata un bene di lusso e qualcuno si ricorderà che nei Promessi Sposi dopo la peste ci fu l’assalto ai forni.Dall’inizio della guerra, l’indice di riferimento per i finanziamenti a tasso fisso, l’Irs, è stato caratterizzato da una crescita che non si vedeva dal 2019 arrivando a superare l’1%. Agli inizi di febbraio era allo 0,64% e ha raggiunto l’1% il 25 febbraio. Nonostante la flessione recente, l’investitore può archiviare, per ora, i valori di un anno fa quando il tasso si muoveva attorno allo 0,15%. Ne consegue che i prestiti per comprare casa diventeranno più onerosi ma sarà anche più difficili chiederli. Il Taeg medio di mercato è intorno all’1,96%, lontano quindi da quell’1% con cui si poteva accendere un mutuo all’inizio del 2021. Da un calcolo sul sito Facile.it di inizio marzo, emerge che per un mutuo a tasso fisso da 126.000 euro al 70% da restituire in 25 anni il miglior tasso disponibile è pari a 1,44%, con una rata da 489 euro al mese. Un anno fa la stessa operazione era possibile con un tasso dell’1,04% e la rata era di 466 euro. In altri termini, per chiedere un mutuo a tasso fisso oggi bisogna sborsare 6.900 euro in più di interessi annuali rispetto a 12 mesi fa. Per i tassi variabili invece la situazione è stabile. La risalita è cominciata e il conflitto potrebbe accelerarla. Secondo un’analisi di Nomisma di fine 2021, erano 3,3 milioni le famiglie intenzionate ad acquistare casa nell’arco di un anno. La pandemia avrebbe rafforzato l’amore per il mattone. E il legame tenderebbe a stringersi alla luce dell’aumento dell’inflazione che tende a premiare gli asset reali. Un altro motore è rappresentato dal prezzo delle case, rimasto fermo durante la pandemia. La prospettiva di una recessione potrebbe bloccare il leggero rialzo che gli esperti avevano stimato. Lo scorso anno Tecnocasa aveva rilevato per il secondo trimestre un aumento dei prezzi del 26,1% rispetto allo stesso periodo del 2019. Sullo sfondo c’è però lo spettro di un aumento dell’Imu, trainato dalla riforma del catasto. È un’operazione che potrebbe partire dal 2026. Il governo ha assicurato che le imposte non aumenteranno. Ma il contenuto delle norme lo smentisce.Cesare Rosati, fondatore della start up Salvacasa, sostiene che «da qualche anno l’immobiliare non è più un bene rifugio». E se si vuole guadagnare sul mattone la soluzione è la formula di comprare, ristrutturare e rivendere. Il tutto nell’arco massimo di 12 mesi: «Fino a un anno è possibile gestire gli eventi e gli imprevisti». Secondo l’esperto, «bisogna approfittare di questa finestra in cui l’inflazione è ancora contenuta e i tassi d’interesse sono bassi». Anche per le ristrutturazioni Rosati consiglia di muoversi con velocità. «I prezzi delle materie prime e dell’energia stanno aumentando. Ceramiche e piastrelle possono superare in breve tempo i preventivi di un lavoro». Sconsigliato l’acquisto finalizzato alla locazione: «Quando sorgono problemi con gli inquilini è sempre difficile liberare un appartamento». Quanto alla tipologia dell’immobile, «il mercato chiede i bilocali con giardino o terrazzo». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/farina-a-450-il-pane-schizza-a-980-euro-al-chilo-2656949573.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-guerra-ha-effetti-imprevedibili-meglio-muoversi-poco-e-con-cautela" data-post-id="2656949573" data-published-at="1647212352" data-use-pagination="False"> «La guerra ha effetti imprevedibili, meglio muoversi poco e con cautela» «In situazioni così volatili, è opportuno non scegliere aggressivamente un’ipotesi rispetto a un’altra perché lo scenario può cambiare in modo repentino. Vanno evitati comportamenti drastici, tipo: vendo tutto o compro tutto ciò che posso. Cautela e bilanciamento sono le parole chiave in un momento in cui lo scenario muta di giorno in giorno». Alessandro Fugnoli, financial strategist di Kairos, sposa la linea della cautela. Non conviene investire sui titoli in calo? «Se ci si butta su ciò che sale, come oro, metalli, materie prime, derrate agricole, titoli della difesa o della cybersicurezza, si rischia che con la fine conflitto questi si sgonfino. Se invece si scommette su quello che scende come i titoli ciclici e di crescita, c’è il rischio che il prolungarsi delle sanzioni prrocuri ulteriori perdite». Quindi niente panico e bilanciare le scelte? «Il portafoglio degli investimenti dovrebbe essere equilibrato. Parte con titoli che traggono benefici dall’instabilità e parte dalla stabilità». La situazione è simile agli anni Settanta? «Non direi. Allora l’economia era in deterioramento. Il conflitto è un fattore esogeno il cui impatto è difficile da calcolare. Per questo è consigliabile un portafoglio bilanciato. I problemi che c’erano prima del 24 febbraio persistono e se ne sono aggiunti altri». Quali? «Già prima del conflitto l’inflazione aveva cominciato a salire ma era accompagnata da un buon livello di crescita. In quella situazione la scommessa era avere qualcosa a protezione dell’inflazione. Ma ora si sono aggiunte le incognite belliche e non ha senso fare scommesse, perché non sappiamo cosa passa per la testa dei protagonisti. È bene quindi prendere una posizione più bilanciata possibile». Vuol dire ricorrere ai beni rifugio? «Se uno scenario di difficoltà strutturale del sistema con recessione si sposa a un’inflazione strutturale, l’oro va bene ma bisogna tener presente alcuni fattori». Cautela anche per l’investimento in oro? «L’andamento dell’oro segue il trend del dollaro, dei tassi di interesse, delle materie prime. Di volta in volta prevale una di queste variabili. In un contesto in cui i tassi sono bassi, l’oro dovrebbe essere un candidato interessante come bene rifugio. La guerra ha accelerato un processo di deglobalizzazione. Si vede in filigrana l’emergere di un blocco alternativo al dollaro formato da Cina e Russia, con l’India che non ha chiuso la porta a Mosca e cercherà di trarre benefici procurandosi materie prime a sconto. È interessante tenere come investimento qualcosa in valuta cinese e in particolare i titoli di Stato cinesi, perché l’inflazione in Cina è molto bassa e i rendimenti sono positivi. Il dollaro e i titoli di Stato americani rimangono un rifugio per un risparmiatore». E il mercato immobiliare? Il mattone è ancora un buon investimento nell’incertezza? «Il mercato immobiliare è molto frazionato. Se guardiamo alle performance negli ultimi 20 anni ci sono tante differenze tra un Paese e l’altro. Il mercato è in funzione del pil nominale e se questo è alto tende a crescere. In Italia il settore è stagnante a causa della bassa crescita. Poi bisogna considerare la questione fiscale e il peso delle imposte. Si può investire in un fondo immobiliare che guarda a vari Paesi tenendo presente che il mercato è salito molto come è salita anche la Borsa. Tutto ha tratto beneficio dai tassi bassi. Per il momento la guerra sembra indurre le banche centrali a essere pazienti nel normalizzare la politica monetaria e quindi i tassi non dovrebbero essere alzati». Vale il motto «cash is king», cioè la liquidità è la migliore certezza? «È “king” quando gli asset scendono. Però anche il cash paga l’imposta dell’inflazione che coinvolge sia i redditi che il patrimonio. L’inflazione è una classica imposta di guerra perché è quella più veloce da raccogliere». Cosa non andrebbe fatto? «Attenzione ai titoli speculativi come alcuni della tecnologia con multipli elevatissimi che non hanno alle spalle profitti ma solo idee. Ma siccome è giusto tenere parte del portafoglio nella tecnologia, meglio andare su società che fanno profitti e con multipli ragionevoli. Cautela sulle criptovalute, esposte alle restrizione dei governi». E le materie prime? «Si possono acquistare tramite lo strumento finanziario degli Etc o comprando società che lavorano nel settore. C’è una tendenza strutturale al rialzo partito nel 2020 che potrebbe durare dai 2 ai 5 anni, enfatizzato ora dalla guerra. Ma siccome la guerra potrebbe finire a breve, un investimento in questo settore andrebbe fatto avendo come motivazione la volontà di investire in società che fanno ricerca di nuove fonti o giacimenti. Metalli ed energia sono in un ciclo di rialzo strutturale dovuto agli scarsi investimenti nel settore nel decennio passato».
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco