2020-10-20
Faida sul Salvastati: la sinistra si ribella e Conte è già pronto a rimangiarsi il no
Al premier fa comodo prolungare lo stallo, ma dopo gli attacchi di Matteo Renzi e Zinga corregge il tiro: «La faccenda non è chiusa».Ennesima giravolta e smentita nel giro di 24 ore: l'altra sera un Giuseppe Conte durissimo contro il Mes, ieri - dopo mille pressioni - un premier di nuovo vago e incerto. Ma procediamo in ordine cronologico. La battuta migliore l'ha piazzata Claudio Borghi (Lega) quando ha fatto osservare che alle notazioni anti Mes, svolte da Conte in conferenza stampa, l'altra sera, mancava solo la sottolineatura del carattere di creditore privilegiato del Fondo salva Stati. Con questa eccezione, il premier ha menzionato tutti gli altri argomenti anti Mes enumerati da mesi, anche e in primo luogo dalla Verità. Ecco le parole di Conte: «I soldi del Mes sono dei prestiti, non possono finanziare spese aggiuntive: si possono coprire spese già fatte e vanno a incrementare il debito pubblico. Se li prendiamo, dovrò intervenire con tasse e tagli». E ancora: «Sugli investimenti in sanità abbiamo investito circa 4 miliardi e in più ci sono soldi del Recovery. Quello che voglio dire è che il Mes non è la panacea». Fino alla bomba finale, con il riferimento allo «stigma» che potrebbe colpirci: «È il rischio che gli analisti colgono, si chiama “stigma" ed è difficilmente quantificabile. Decine di Paesi hanno preso il Sure, anche noi. Il Mes nessuno».Peraltro, non solo nessun Paese sembra in coda per il Mes, ma ieri è anche giunta la notizia che la Spagna intende rinunciare perfino ai prestiti del Recovery. Troppo forte il rischio di condizionalità stringenti, e soprattutto c'è un altro elemento: mentre il debito comprato da Bce ha fortissime chances di essere rinnovato in modo pressoché perpetuo, il Mes (e pure il Recovery) andrebbe restituito. Se a ciò si aggiunge che le ultime emissioni di titoli italiani sono avvenute a tassi negativi, il dibattito pro Mes appare surreale. Eppure non è proprio il caso di elogiare Giuseppe Conte, che - diciamolo francamente - l'altra sera non ha usato questi argomenti perché è un fedele e appassionato lettore della Verità. Il premier ha scelto di attestarsi su quella linea per due ragioni. Primo: perché su un eventuale sì al Mes i grillini esploderebbero definitivamente. Secondo: perché se saltasse questa maggioranza lui stesso non avrebbe possibilità di giocare un ruolo in uno schema politico diverso. Dunque, Conte intende fare tutto il possibile per preservare questo equilibrio: fragile e precario, ma l'unico che possa tenerlo politicamente in vita. Senonché, il resto della maggioranza si è imbizzarrito. Il più duro con Conte è stato Nicola Zingaretti: «Ogni atto che produce polemiche è un errore, e un tema così importante come il Mes va affrontato insieme, nelle sedi opportune che sono la discussione parlamentare, la discussione tra governo e maggioranza e non certo una battuta in una conferenza». Peccato che il segretario pd sembri dimenticare che la scorsa settimana il Mes è stato oggetto di una risoluzione parlamentare bocciata (anche con il voto del suo partito), e quindi in qualche misura una discussione parlamentare (sia pure non su input del governo) c'è stata. Zingaretti ha mostrato forte nervosismo verso Conte: «Questo porta con sé inevitabilmente uno strascico di polemiche […]. Credo che in un momento così delicato, con il coronavirus che angoscia milioni di italiani, bisognerebbe evitare ogni occasione per polemiche. Bisognerebbe scommettere sulla solidarietà delle forze di maggioranza, sul sostegno leale che stanno dando al governo».Al fianco di Zingaretti, Matteo Renzi: «Dicendo no al Mes, il premier Conte fa felici Meloni e Salvini ma delude centinaia di sindaci e larga parte della sua maggioranza. Il tempo dimostrerà come questa decisione sia un grave errore politico».E, dopo queste pressioni, ieri Conte ha cambiato versione, chiarendo che la questione non va considerata chiusa dalle sue parole della sera prima: «Aver chiarito alcuni termini della questione sul Mes non vuol dire che faremo così o meno. Aver chiarito la questione non vuol dire che la vicenda è stata risolta ieri in conferenza». Dietrofront clamoroso. In ogni caso, Lega e Fratelli d'Italia hanno avuto un valido motivo per evidenziare le contraddizioni della maggioranza. Ecco Alberto Bagnai, responsabile economia della Lega, che può rivendicare mesi di posizioni coerenti: «Il presidente Conte ha ammesso che il Mes è un debito inutile e pericoloso, dando ragione a quanto sostenuto fin dall'inizio dagli economisti della Lega». Ed ecco Giorgia Meloni: «Conte ci dà finalmente ragione. Il Mes non è un regalo, il presunto risparmio è assai risibile e se decidessimo di prendere i prestiti del Mes i mercati ci vedrebbero come appestati. Ora speriamo che Zingaretti, Gualtieri e la stampa allineata che da tempo conducono una campagna ideologica pro Mes si mettano l'anima in pace».A maggior ragione, resta un'incognita da chiarire. Conte l'altra sera avrà preavvisato Sergio Mattarella della sua posizione, o, anche rispetto al Colle più alto, avrà giocato la carta del fatto compiuto? E la sua giravolta di ieri nasce solo dal pressing del Pd e dei renziani?