2023-07-30
Censure sui vaccini, Facebook confessa: «Continue pressioni dalla Casa Bianca»
Mark Zuckerberg (Getty Images)
Mark Zuckerberg, obbligato dal Congresso, consegna i documenti che dimostrano il controllo politico sui contenuti del social.L’amministrazione Usa guidata da Joe Biden ha esercitato pressioni su Facebook per ottenere censure in materia di Covid-19. È quanto emerge dai cosiddetti «Facebook Files»: una serie di documenti che la società di Mark Zuckerberg ha consegnato alla commissione Giustizia della Camera dei rappresentanti. Si tratta di file che il presidente della commissione, il deputato repubblicano Jim Jordan, ha cominciato a rendere pubblici su Twitter nei giorni scorsi. «Documenti interni mai pubblicati prima, ottenuti dalla commissione Giustizia tramite ordine di comparizione, dimostrano che Facebook e Instagram hanno censurato i post e modificato le loro politiche di moderazione dei contenuti a causa di pressioni incostituzionali della Casa Bianca di Biden», ha scritto Jordan. Il deputato ha anche pubblicato un’email di un dipendente dell’aprile 2021, indirizzata sia a Zuckerberg sia all’allora direttrice operativa di Facebook, Sheryl Sandberg, in cui diceva: «Stiamo affrontando continue pressioni da parte di stakeholder esterni, Casa Bianca inclusa e media, per rimuovere più contenuti che scoraggiano l’uso del vaccino».Jordan ha proseguito riportando che, nello stesso mese, il presidente per gli Affari globali di Facebook, Nick Clegg, riferì al suo team che l’allora senior advisor di Biden per il contrasto al Covid, Andy Slavitt, si era «indignato» perché la piattaforma non aveva rimosso un meme sul vaccino. Jordan ha quindi pubblicato un messaggio, in cui Clegg raccontava il suo scambio di battute con Slavitt. «Ho ribattuto che rimuovere contenuti come quello avrebbe rappresentato una significativa intromissione nei tradizionali paletti della libertà d’espressione negli Usa». Eppure, secondo Jordan, «Slavitt ha ignorato l’avvertimento e il Primo emendamento». Sempre documenti alla mano, il deputato repubblicano ha affermato che, a seguito dell’irritazione di Slavitt, «Facebook è andata nel panico» e che i suoi dirigenti «volevano ricucire il rapporto con la Casa Bianca per evitare azioni avverse». Ma non è finita qui. Secondo i documenti, la Casa Bianca chiese alla piattaforma social per quale ragione non avesse censurato un video del giornalista Tucker Carlson. Nella risposta preparata dalla società per l’amministrazione Biden, il colosso di Menlo Park riferì di aver ridotto del 50% la diffusione del video in questione, pur ammettendo che quel contenuto «non violava» le politiche della piattaforma sui vaccini. Jordan riferisce inoltre che, durante l’estate del 2021, Facebook decise di mutare le proprie politiche in materia pandemica in conseguenza di ulteriori pressioni alcune provenienti dal Surgeon general (il responsabile della sanità pubblica negli Usa, che - ricordiamolo - era stato nominato da Biden); altre provenienti dallo stesso Biden che, in luglio, aveva esplicitamente accusato la piattaforma di «uccidere persone», veicolando «disinformazione». In un documento interno di agosto 2021 relativo alle pressioni del Surgeon general, si legge: «Durante la discussione, abbiamo concordato di esplorare ulteriormente quattro opzioni discrete di policy per ridurre la diffusione della disinformazione sul Covid-19 sulle nostre piattaforme». Le pressioni di Biden si sono concentrate anche contro la teoria, secondo cui il Covid potrebbe essere fuoriuscito da un laboratorio. I documenti rivelano che i dirigenti di Facebook decisero di censurare tale teoria «perché eravamo sotto pressione da parte dell’amministrazione». In un altro file, pubblicato da Jordan, un dipendente scriveva che «il Surgeon general vuole che rimuoviamo informazioni vere sugli effetti collaterali, se l’utente non fornisce informazioni complete sul fatto che l’effetto collaterale sia raro e curabile». Tali interferenze stupiscono fino a un certo punto, visti gli stretti legami tra Facebook e l’attuale Casa Bianca. A novembre 2020, Politico riferì che Biden aveva assunto nel team di transizione presidenziale vari ex dirigenti della società. L’allora direttrice operativa, Sheryl Sandberg, intratteneva inoltre storici legami con Kamala Harris, a cui aveva in passato garantito endorsement e finanziamenti elettorali. Inoltre, secondo il sito Open Secrets, nel 2020 la quasi totalità delle donazioni elettorali del colosso di Menlo Park è andata al Partito democratico. Sarà un caso, ma Facebook limitò la diffusione dell’ormai famoso scoop del New York Post che, a pochi giorni dalle ultime presidenziali, rischiava di mettere seriamente in imbarazzo Biden e suo figlio Hunter in riferimento allo spinoso «caso Burisma»: lo stesso Zuckerberg rivelò l’anno scorso che quella misura di censura fu adottata a seguito di alcuni avvertimenti arrivati dall’Fbi. Quello stesso Fbi che, come dimostrato da documenti interni resi pubblici da Elon Musk, effettuò pressioni anche su Twitter, per censurare utenti conservatori e scienziati non allineati all’amministrazione Biden in materia pandemica (come il professore di Stanford Jay Bhattacharya). È normale tutto questo? Ricordiamo che, secondo i documenti ottenuti e rivelati da Jordan, la Casa Bianca ha spinto Facebook a censurare non solo teorie magari bislacche sui vaccini, ma anche meme scherzosi e, addirittura, informazioni vere sui loro effetti collaterali. Senza ovviamente trascurare l’aver messo nel mirino l’ipotesi della fuoriuscita dal laboratorio, che oggi non solo è considerata concreta ma che, secondo un report investigativo pubblicato ad aprile dai senatori repubblicani, risulterebbe addirittura altamente probabile. A dimostrare la problematicità di quanto accaduto stanno d’altronde le stesse preoccupazioni di Clegg sulla salvaguardia della libertà di espressione: un principio con cui l’attuale Casa Bianca a guida dem sembra evidentemente avere qualche problema. Forse i repubblicani non hanno proprio tutti i torti a condurre delle inchieste parlamentari sulle attività di censura dei big del Web e sulla politicizzazione delle agenzie governative.
Jose Mourinho (Getty Images)