2023-03-10
«Everything everywhere all at once» si appresta a fare incetta di statuette
True
Il 12 marzo al Dolby Theatre di Los Angeles si terrà la 95ª edizione dei premi Oscar e anche quest’anno, la celebre notte hollywoodiana non dovrebbe riservare grandi sorprese. La pellicola, opera seconda di due stralunati che per nome fanno The Daniels - al secolo, Daniel Kwan e Daniel Scheinert - si dice essere pronta a far man bassa di premi.Quella pellicola lunare, la cui trama il New Yorker ha (ben) descritto come «un eccesso di capricci che tenta di mistificare la sostanziale vacuità del film», dovrebbe vincere tutto. Perché, lo ha spiegato - suo malgrado - Jake Coyle, esperto di cinema della Associated Press. «La storia dei premi», ha scritto, «Suggerisce che The Daniels vinceranno questo premio, perché hanno già vinto quello della Directors’ Guild. A questo punto, sono una scommessa sicura. Ma la loro vittoria sarebbe anche una scelta entusiasmante: l’industria cinematografica celebrerebbe due trentacinquenni al secondo film della propria carriera con il premio più prestigioso del settore. Sarebbe una vittoria per le storie originali, per le voci fuori dal coro», ha concluso Coyle, dando un’accezione positiva a quel che dovrebbe invece averne una negativa. Gli Oscar non dovrebbero essere assegnati sulla base di convinzioni ideologiche o, peggio, modaiole. Non ci dovrebbe essere coercizione, ma entusiasmo per la bellezza alla base della scelta. I giurati, che nella notte fra domenica e lunedì si pronunceranno su quel che di meglio il cinema abbia offerto nel 2022, non dovrebbero essere mossi dal desiderio di piacere alla gente che piace. Tuttavia, perdersi in subordinate avversative è d’obbligo, quest’anno come i passati. Everything everywhere all at once, una sorta di film fantascientifico la cui trama è costruita sui multiversi, ossia sull’alternarsi frenetico di quel che sarebbe potuto succedere in dimensioni parallele (uno Sliding Doors contaminato con la filosofia di Leibniz e la velocità sterile e pop del mondo social), non è il film più bello che si sia visto. Addirittura, ci si potrebbe perdere in dissertazioni volte a dimostrare come il film non sia bello per niente. Eppure, ha avuto successo: quel tipo di successo che riesce a tenere insieme il grande pubblico e la nicchia, convincendo gli intellettuali di Hollywood a saltare sul carro degli entusiasti. Si credeva che il circuito dei premi lo avrebbe snobbato quel film. Ma con i Golden Globe è arrivata la prima doccia fredda. Everything everywhere all at once, undici nomination agli Oscar, ha vinto due Golden Globe, cinque Critics’ Choice Movie Awards, sette Independent Spirit Awards e svariati altri premi. Gli Oscar, dunque, dovrebbero arrivare a pioggia. Lo dicono le statistiche basate sui vincitori delle passate edizioni, lo dicono i bookmakers, secondo cui la stra-vittoria della pellicola di The Daniels - al secolo, Daniel Kwan e Daniel Scheinert - è tanto scontata e prevedibile da non valere quasi nulla. Non per gli scommettitori. Everything everywhere all at once dovrebbe essere l’asso pigliatutto della novantacinquesima edizione degli Oscar. Ma un altro scenario, per i bookmakers assai meno probabile, dice che un’alternativa è possibile. Auspicabile, perfino. The Fabelmans di Steven Spielberg e Niente di nuovo sul fronte occidentale, in questo scenario, potrebbero litigarsi il premio per il miglior film, Martin McDonagh vincere la miglior regia con Gli spiriti dell’isola. Brendan Fraser meriterebbe la statuetta come miglior attore, con la trasformazione impressionante di The Whale, e Cate Blanchett trionferebbe fra le attrici con il suo Tár.