2024-07-05
Nel cuore dell’Europeo delle censure l’orgoglio patrio è stato immarcabile
Il calciatore turco Merih Demiral (Getty Images)
Non solo Merih Demiral: albanesi, serbi e croati hanno esibito fiero nazionalismo a dispetto di restrizioni Uefa assurde (tipo Gigi D’Agostino al bando). Unica eccezione per le star francesi: boicottare Marine Le Pen è permesso. L’Europa è scossa dal gestaccio del calciatore turco Demiral e dai tifosi che credono di essere alle Crociate, o a un’adunata di reduci. Con tanto di ambasciatori convocati. Roba seria non c’è dubbio, mentre si muore in Ucraina, in Medio Oriente e in tanti altri conflitti che i gentili sponsor non ci mostrano. Ma la soluzione al tifo beota che fa la faccia truce in fondo c’è già ed è anche a portata di tasca Uefa o Fifa. Si tratta di sostituire i tifosi in carne e ossa con dei teloni che li riproducono uguali, ma più educati. Fu fatto a Trieste 15 anni fa. Oppure, con la realtà aumentata, proiettare curve virtuali come ci fosse una pandemia. E ancora, dai Mondiali del Qatar del 2022, ecco gli operai immigrati travestiti da fan delle varie squadre. Basta aquile, basta lupi neri e grigi, basta leoni, basta croci, basta segni nazionalisti che stanno avvelenando questi Europei in Germania. Ascoltati gli inni nazionali, sventolate le bandiere, bevute le stesse tre birre e strisciate le solite due carte di credito, tutti vogliono sognare un mondo nuovo. Un mondo dove allo stadio non c’è la gente dello stadio, che intona cori da stadio e magari indossa anche magliette da stadio con delle scritte da stadio. Un mondo perfetto e rotondo come il pallone plastificato, dove tutti sono d’accordo sull’ultima divisione dei Balcani, su chi votare alle elezioni di domenica in Francia, su come regolare l’immigrazione e dove non servirà un phd per trovare il Kosovo. Giocano le famose nazionali, i giocatori che non si mettono la mano sul cuore e non cantano bene l’inno scandendo le parole (sorvoliamo sui testi) vengono criticati a reti unificate, ma poi ci si stupisce se qua e là, ogni tanto, sugli spalti spunta un po’ di nazionalismo. Gli effetti di questa ipocrisia sono surreali. Da giorni, milioni di europei sono costretti a interessarsi delle idee politiche e dei meta-messaggi del calciatore turco Merih Demiral, onesto terzino, che esultando dopo un gol contro l’Austria ha mimato con le dita il muso del lupo, classico gesto dei Lupi Grigi, organizzazione nazionalista e paramilitare turca. L’Uefa ha aperto un’inchiesta su segnalazione del governo di Berlino, che ha anche convocato l’ambasciatore turco. Per tutta risposta, il governo di Ankara ha convocato l’ambasciatore tedesco per chiedere spiegazioni. Ma soprattutto, il presidente Erdogan, che non aspettava altro, ha annullato una trasferta per essere presente a Berlino sabato, ai quarti di finale tra Turchia e Olanda. Per la serie: come montare un caso dal quasi nulla. Lottare contro il nazionalismo e poi trovarsi Erdogan in tribuna è davvero un risultato di pregio.E però non ci sono solo i turchi e la loro visione della storia non sempre inseribile in un manuale europeo. Due settimane fa, in occasione di Albania-Croazia, il pubblico ha variamente riscritto le cartine geografiche dei Balcani a danno della Serbia. Gli esperti di geopolitica dell’Uefa hanno potuto ricostruire che i tifosi delle due squadre hanno intonato più volte cori in cui si auguravano la morte di tutti i serbi, la cui federazione calcistica ha risposto minacciando di ritirare la squadra. L’Uefa ha comminato multe per alcune decine di migliaia di euro. Poi si è illustrato anche un giornalista kosovaro, tale Arlind Sadiku, che secondo la Bbc avrebbe fatto il gesto dell’aquila a due mani contro i tifosi di Belgrado, durante Inghilterra-Serbia. Ancora più esagitato il calciatore albanese Mirlind Daku, di origini kosovare, che ha preso un megafono a bordo campo e ha urlato slogan contro la Serbia. Si è preso due giornate di squalifica e una bella multa. I tifosi serbi, comunque, non sono stati a guardare e nella partita con gli inglesi hanno esposto un simpatico striscione con una cartina del Kosovo e la scritta «No surrender» e hanno fatto a più riprese il gesto del «tre», che indica il sogno della Grande Serbia (con dentro Albania e Kosovo). Ma non potevano mancare i tedeschi, che in questa particolare fase politica della Vecchia Europa sono sempre sotto controllo, casomai stessero preparando il ritorno del nazismo partendo proprio dai campi di calcio (una location discreta). Qui l’allarme massimo arriva dalla canzone di un dj italiano, Gigi D’Agostino, dal titolo ingannevole L’amour toujour. Ne gira una versione storpiata che dice «Germania ai tedeschi/ fuori gli stranieri» e allora l’Uefa ha disposto che non la si possa cantare negli stadi. La politica, d’altronde, deve restare fuori e infatti ecco che due calciatori francesi di colore, autentici campioni come Mbappe e Thuram, parlano agli elettori. La stella del Real e l’attaccante dell’Inter, a margine dei campionati europei, hanno invitato i francesi ad andare a votare e a fermare il Rn di Marine Le Pen. Nessuno li ha multati o censurati, forse perché si sono astenuti dal fare gesti o dal presentarsi in conferenza stampa con la maglietta di Macron. In ogni caso, l’ipocrisia somma di questi Europei è quella di un evento sì sportivo, ma che oggettivamente, come spettacolo, si regge sulle varie identità nazionali. E però censura i vari nazionalismi, sfottò compresi, che possono piacere o meno, ma in fondo ci ricordano una realtà molto semplice: alla partita ci vanno le persone e non i gonfiabili.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.