2024-07-30
L’Europa boccia il pasticcio di Conte sul Reddito per gli stranieri
Giuseppe Conte (Imagoeconomica)
Per i magistrati Ue il requisito di 10 anni di residenza imposto dai 5 stelle era eccessivo. Ma la Meloni era già corsa ai ripari.La pasticciata misura con la quale il Movimento 5 stelle voleva contrastare la povertà oltre a permettere l’assalto alla diligenza da parte dei furbetti era pure discriminatoria nei confronti degli stranieri residenti da lungo tempo in Italia. A stabilirlo è una sentenza della Corte di giustizia europea, che ha rimandato indietro al giudice italiano il fascicolo per la decisione, impedendogli di sanzionare penalmente le imputate, due cittadine straniere che, secondo la Procura di Napoli, avevano dichiarato il falso quando hanno inoltrato la domanda all’Inps (si è scoperto che erano residenti da circa otto anni e non da dieci), percependo rispettivamente 3.414 e 3.187 euro in modo illegale. Secondo la Corte, in sostanza, l’Italia non può imporre che i cittadini di Paesi terzi debbano risiedere per almeno dieci anni, di cui gli ultimi due continuativi, per poter accedere a prestazioni sociali, assistenza sociale e protezione sociale. Il motivo? Il requisito della residenza in Italia da almeno dieci anni è considerato in aperto contrasto con una direttiva Ue del 2003 che in Italia ha già prodotto sentenze a favore degli stranieri per quanto riguarda il diritto alla casa) e che farebbe venir meno, ipotizzava il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli che ha avanzato i quesiti alla Corte di giustizia europea, «la rilevanza penale della dichiarazione non veritiera». «La pronuncia di questo giudice», ha valutato il gup, «potrebbe dunque convertirsi da una condanna (perché la dichiarazione mendace risulta provata, ndr), in un’assoluzione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato». Al di là della questione strettamente penale, però, le indicazioni contenute nella decisione sembrano contenere diversi effetti che potrebbero riflettersi sull’Italia. La direttiva europea, ha ricordato la Corte di giustizia Ue, prevede che lo status di soggiornante di lungo periodo venga concesso dopo aver vissuto per cinque anni senza interruzioni (e non i dieci previsti dall’Italia). Status che deve essere sufficiente a garantire a queste persone i diritti e le condizioni paragonabili a quelli dei cittadini del Paese in cui vivono. Il governo italiano, tramite l’Avvocatura dello Stato, ha tentato l’unica strada che risultava percorribile e nelle sue osservazioni scritte ha provato a fare presente l’incompetenza delle Corte europea su disposizioni nazionali «applicabili nei procedimenti che vertono su una prestazione prevista da una normativa derivante dall’esercizio di competenze esclusive degli Stati membri». Sostenendo anche che il «reddito di cittadinanza» non sarebbe una misura di protezione sociale o di assistenza sociale, ma una misura complessa volta soprattutto a favorire l’inclusione sociale e la reintegrazione degli interessati nel mercato del lavoro. La Corte Ue, invece, ha ritenuto la materia di sua competenza, inserendo il Reddito di cittadinanza tra le prestazioni assistenziali ed equiparandolo a un’azione già in vigore in un altro Stato membro, tuttavia, però, non ha risolto la controversia che arriva da Napoli. Spetta al giudice nazionale (e quindi quello napoletano) risolvere la causa ma conformemente alla decisione della Corte, che vincola alla sua interpretazione gli altri giudici ai quali venga sottoposto un problema simile. Dovrà quindi pronunciarsi anche la Corte Costituzionale, che già era in attesa di questa decisione della Corte di giustizia europea. E se, come è facile prevedere, anche la Consulta dovesse sposare queste valutazioni, il bug legislativo sul Reddito di cittadinanza introdotto dal primo governo di Giuseppe Conte, tenendo conto delle domande respinte per le stesse ragioni, stando a una scheda sintetica di previsione che l’Avvocatura dello Stato ha ricevuto dall’Inps in vista della decisione, ammonterebbe a circa 850 milioni di euro per le oltre 50.000 richieste presentate. E proprio la Consulta con una decisione del 2022 aveva fissato limiti molto rigidi sulla possibilità di condizionare l’accesso a sussidi o sostegni di carattere primario al possesso di requisiti di residenza troppo stringenti. La strada, insomma, appare come già spianata. La giurisprudenza italiana, inoltre, si era anche già orientata: e da Vercelli in giù c’erano già delle sentenze che avevano escluso la sussistenza «dell’elemento oggettivo del reato», cioè l’aver dichiarato il falso, e in alcuni casi era stata esclusa anche la natura «offensiva della condotta». I giudici, insomma, già davano ragione agli imputati stranieri residenti da lungo tempo in Italia, pur senza considerare la direttiva europea del 2003. E non è finita. Lo scorso anno la Commissione Ue, sullo stesso tema, ovvero il requisito della residenza qualificata aveva aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia perché il criterio era stato valutato come irragionevole. Nel frattempo l’Italia ha avviato dei correttivi sostanziali. Il Reddito di cittadinanza è stato abolito dal governo Meloni, che lo ha sostituito con altre due misure che hanno recepito le norme europee.Sia il Supporto per la formazione e il lavoro che l’Assegno di inclusione, infatti, hanno retrocesso i requisiti della residenza ai cinque anni. Resta da capire se il pasticcio pentastellato, difeso con il coltello tra i denti da Conte anche nelle più recenti campagne elettorali, produrrà ora un danno economico, spalancando le porte ai risarcimenti per gli stranieri con residenze di lungo corso che si sono visti respingere la domanda in virtù del vincolo dei dieci anni di residenza.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
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