2018-08-03
Etruria ha prestato un milione di euro al tesoriere del boss Messina Denaro
L'antimafia di Palermo ha arrestato Giovanni Savalle, vicino al mammasantissima latitante da decenni. Ottenne un fido «scoperto» dalla banca grazie a un membro del cda che, poi, favorirà l'ascesa di papà Boschi. Deve assomigliare all'insospettabile commercialista che nel film Le conseguenze dell'amore era interpretato da Toni Servillo. Il ragionier Giovanni Savalle, 52 anni, di Castelvetrano (Trapani), stava tornando dalla Svizzera, dove si sospetta si fosse recato per aprire conti riservati, quando i finanzieri del Gico e i carabinieri del Ros gli hanno recapitato un provvedimento di sequestro per beni del valore di 60 milioni di euro emesso dal tribunale di Trapani nell'ambito di un'inchiesta della Procura antimafia di Palermo. Il nome dell'uomo è finito così su tutti i siti d'informazione con l'etichetta di «tesoriere» del boss dei boss latitante Matteo Messina Denaro. La sua fortuna sarebbe cresciuta grazie alla «"vicinanza" di influenti membri dell'associazione mafiosa» come Filippo Guttadauro (cognato di Messina Denaro) e Rosario Cascio, già reggenti del mandamento di Castelvetrano, quello della primula rossa della mafia.Tra i numerosi beni sottoposti a sequestro spiccano un albergo di lusso a Mazara del Vallo (Trapani), il Kempisky, 22 aziende, 12 pacchetti di partecipazioni societarie, 28 rapporti bancari (sia in Italia che all'estero), 47 fabbricati e 8 autoveicoli, per un valore complessivo stimato di 63 milioni di euro. A parlare di Savalle è stato un pentito e dalla biografia di questo anonimo ragioniere è affiorato anche un capitolo che apre l'ennesimo squarcio inquietante sul crac di banca Etruria. «Durante le indagini è emerso come il Savalle abbia ricevuto un finanziamento da Banca Etruria grazie ai rapporti privilegiati avuti con un membro del cda, in un periodo in cui le aziende del “Gruppo Savalle" erano in stato di decozione e, pertanto, prive di alcun merito creditizio», hanno specificato gli investigatori siciliani. Infatti Savalle, con una società traballante, aveva ottenuto un finanziamento senza sufficienti coperture dall'istituto aretino nel lontano 2006 e vi sarebbe riuscito grazie ai buoni uffici di Alberto Rigotti, filosofo e imprenditore trentino doc, all'epoca nel cda di Bpel. Savalle è stato amministratore della Sicily house spa dal 2003 al 2010. La società era partecipata al 40% dalla lussemburghese Abm network investments sa (controllata al 100% dalla banca d'affari Abm merchant sa, presieduta dallo stesso Rigotti) e ottenne un fido di 1,5 milioni con la finalità di sostenere le attività della controllata «Società mediterranea spa». L'operazione venne garantita dall'acquisizione di un pegno di 850.000 euro su obbligazioni di banca Etruria, acquistate con soldi concessi dalla stessa banca alla Abm network investments sa. Insomma una partita di giro.Oggi Rigotti è alla sbarra ad Arezzo per la bancarotta di Bpel proprio per gli affidamenti destinati alla Abm network investments e mai rientrati. Per esempio nell'aprile del 2007, mentre lui era nel cda di Etruria, la sua società ottenne un prestito di 12,5 milioni di euro. Successivamente il debito si è aumentato e a Rigotti sono state contestate sofferenze per 16,6 milioni.Ma la vicenda più interessante è forse un'altra. Secondo gli investigatori Rigotti avrebbe «stipulato con imprenditori compiacenti e con la fattiva collaborazione della Direzione generale una molteplicità di negozi giuridici finalizzati all'ottenimento di disponibilità finanziarie, erogate da Bpel» e «parte di tali disponibilità, attraverso la predisposizione di atti simulati» sono «poi state utilizzate per chiudere le posizioni debitorie del consigliere Rigotti in seno a Banca Etruria, consentendogli, conseguentemente, di esprimere il proprio voto, in occasione del cda del maggio 2009, a favore della nomina a nuovo presidente di Giuseppe Fornasari in sostituzione di Elio Faralli». In quell'elezione il voto di Rigotti fu decisivo per il ribaltone e con Fornasari presidente entrò nel cda anche Pier Luigi Boschi, padre di Maria Elena, futura ministra. Ma gli incroci curiosi non sono finiti. Anche le società Siaco spa, Saico refinish srl, Saico co. srl e Energiambiente spa, unitamente ad altre società, secondo gli investigatori, facevano «parte di un gruppo societario riconducibile» a Rigotti. In particolare il 20 per cento di Energiambiente era di proprietà della Abm energy sa, a sua volta controllata al 100% dalla già citata Abm investments sa. Nei documenti di Banca Etruria si legge: «Oltre al predetto Rigotti, personaggio di spicco all'interno di alcune società del cosiddetto “Gruppo Saico" è Agresti Stefano, zio della onorevole Maria Elena Boschi (fratello della madre)». Una vicenda, quella della Saico, di cui abbiamo già parlato su questo giornale. Nel luglio 2016 Rigotti, in vista di una perquisizione, si rese irreperibile in Svizzera, lasciando ipotizzare un concreto pericolo di fuga. Visto che l'imprenditore nel 2014 era stato pure arrestato per il crac della società editrice Epolis e della sua concessionaria di pubblicitaria, i finanzieri ne chiesero il fermo immediato. Ma la Procura di Arezzo decise di non procedere.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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