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2020-01-01
Coca Cola e Red Bull adesso sponsorizzano i campionati di videogiochi
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2019 League of Legends World Championship (Ansa)
Tra gli hobby più diffusi tra i giovani al di sotto dei 25 anni ce ne sono due connessi tra loro: videogiocare e guardare chi lo fa. Secondo il Rapporto sugli esports in Italia 2019 elaborato dall'Aesvi, Associazione editori sviluppatori videogiochi italiani, in collaborazione con la società di ricerca Nielsen, più di 350.000 persone in Italia seguono un evento esport ogni giorno, mentre un milione e 200.000 persone ci stanno dietro non ogni giorno ma più giorni durante la settimana.
Il fenomeno del gaming competitivo è sempre più popolare e continua a espandersi a macchia d'olio potendo offrire grandi opportunità di business sia a singoli individui che alle imprese. E il merito è in gran parte degli sponsor. Sempre secondo Nielsen, dal 2006 il gaming agonistico ha messo insieme più di 600 contratti di sponsorizzazione. Si stima, inoltre, che dai circa 210 milioni di euro del 2017 le sponsorizzazioni arriveranno a quasi 700 milioni nel 2021. Nel 2019 che si è appena chiuso, invece, sono stati raccolti 408 milioni di euro, il 34,3% in più rispetto all'anno precedente. Tra le società che hanno deciso di affiancare il loro marchio a eventi esports ci sono colossi della tecnologia come Sony e Samsung, della telefonia come Vodafone e Telecom, ma anche del food and beverage come Mc Donald's, Coca Cola e Red Bull e dell'abbigliamento sportivo come Nike e Adidas. Questo perché il mondo degli sport elettronici può rappresentare per le grandi aziende un mondo dorato nel quale investire ingenti somme di denaro. Secondo quanto dichiarato da Michael Heina di Nielsen «il 61% degli appassionati di esports non guarda la televisione ma segue gli eventi su YouTube e Twitch» e quindi ciò vuol dire che può aprirsi un enorme mercato pubblicitario. Soltanto League of legends, uno degli eventi più seguiti, ha registrato 116 milioni di ore trasmesse e guardate dai fan in tutto il mondo su Twitch, la piattaforma di live streaming dedicata agli esports. Il dato più interessante, però, è quello a livello mondiale, perché se la stima dovesse essere confermata, nel solo 2019 il mercato degli esports supererà il valore di un miliardo di dollari, arrivando quindi molto vicino anche al miliardo di euro. Stima che, proiettata al futuro, può superare addirittura i 3 miliardi nel 2022. Cifre che viaggiano in parallelo a quelle relative al numero di fan: nel 2017 gli spettatori erano 300 milioni, nel 2019 si è arrivati a 450 milioni, nel 2022 si arriverà a 650 milioni.
Quel che è ormai chiaro è che il mondo degli esports si è ritagliato in questi ultimi anni un ruolo molto importante, tanto che è già stata presentata una proposta al Comitato internazionale olimpico affinché venga introdotta come disciplina olimpica a partire dai giochi di Parigi del 2024. Un mondo in costante evoluzione dove chi ne fa parte (non ci sono soltanto i videogiocatori, ma anche allenatori, team manager, scout, analyst e telecronisti degli eventi) non può più essere considerato solo un giocatore ma, considerato il carattere competitivo e professionistico degli eventi, un vero e proprio lavoro in grado di far guadagnare cifre astronomiche. Il videogiocatore che ha incassato di più in carriera è il giapponese Kuro Takhasomi, in arte KuroKy, che grazie alle sue prestazioni ha ottenuto 3,58 milioni di euro (dati pubblicati dal sito esportsearning.com). Nel 2018, prendendo in considerazione i cinque esports più giocati (Dota 2, Counter strike, League of legends, StarCraft II e Fortnite), tra stipendi pagati dai team, montepremi messi in palio e sponsor si è raggiunta la cifra totale di quasi 300 milioni di euro in premi nell'arco di 10.000 eventi.
Il termine esports deriva dall'abbreviazione inglese di electronic sports, ovvero sport elettronici, e comprende una serie di videogiochi con i quali vengono organizzate competizioni, sia online che dal vivo, a livello amatoriale, semiprofessionistico e professionistico.
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Le competizioni di videogiochi esistevano già negli anni Ottanta ma è con il live streaming che il settore ha avuto un vero e proprio boom. In Italia ci sono più di 16 milioni di appassionati di eventi gaming e sempre più marchi decidono di affiancare la propria immagine a questo mondo. La stima per il 2022 supera addirittura i 3 miliardi.Tra gli hobby più diffusi tra i giovani al di sotto dei 25 anni ce ne sono due connessi tra loro: videogiocare e guardare chi lo fa. Secondo il Rapporto sugli esports in Italia 2019 elaborato dall'Aesvi, Associazione editori sviluppatori videogiochi italiani, in collaborazione con la società di ricerca Nielsen, più di 350.000 persone in Italia seguono un evento esport ogni giorno, mentre un milione e 200.000 persone ci stanno dietro non ogni giorno ma più giorni durante la settimana.Il fenomeno del gaming competitivo è sempre più popolare e continua a espandersi a macchia d'olio potendo offrire grandi opportunità di business sia a singoli individui che alle imprese. E il merito è in gran parte degli sponsor. Sempre secondo Nielsen, dal 2006 il gaming agonistico ha messo insieme più di 600 contratti di sponsorizzazione. Si stima, inoltre, che dai circa 210 milioni di euro del 2017 le sponsorizzazioni arriveranno a quasi 700 milioni nel 2021. Nel 2019 che si è appena chiuso, invece, sono stati raccolti 408 milioni di euro, il 34,3% in più rispetto all'anno precedente. Tra le società che hanno deciso di affiancare il loro marchio a eventi esports ci sono colossi della tecnologia come Sony e Samsung, della telefonia come Vodafone e Telecom, ma anche del food and beverage come Mc Donald's, Coca Cola e Red Bull e dell'abbigliamento sportivo come Nike e Adidas. Questo perché il mondo degli sport elettronici può rappresentare per le grandi aziende un mondo dorato nel quale investire ingenti somme di denaro. Secondo quanto dichiarato da Michael Heina di Nielsen «il 61% degli appassionati di esports non guarda la televisione ma segue gli eventi su YouTube e Twitch» e quindi ciò vuol dire che può aprirsi un enorme mercato pubblicitario. Soltanto League of legends, uno degli eventi più seguiti, ha registrato 116 milioni di ore trasmesse e guardate dai fan in tutto il mondo su Twitch, la piattaforma di live streaming dedicata agli esports. Il dato più interessante, però, è quello a livello mondiale, perché se la stima dovesse essere confermata, nel solo 2019 il mercato degli esports supererà il valore di un miliardo di dollari, arrivando quindi molto vicino anche al miliardo di euro. Stima che, proiettata al futuro, può superare addirittura i 3 miliardi nel 2022. Cifre che viaggiano in parallelo a quelle relative al numero di fan: nel 2017 gli spettatori erano 300 milioni, nel 2019 si è arrivati a 450 milioni, nel 2022 si arriverà a 650 milioni.Quel che è ormai chiaro è che il mondo degli esports si è ritagliato in questi ultimi anni un ruolo molto importante, tanto che è già stata presentata una proposta al Comitato internazionale olimpico affinché venga introdotta come disciplina olimpica a partire dai giochi di Parigi del 2024. Un mondo in costante evoluzione dove chi ne fa parte (non ci sono soltanto i videogiocatori, ma anche allenatori, team manager, scout, analyst e telecronisti degli eventi) non può più essere considerato solo un giocatore ma, considerato il carattere competitivo e professionistico degli eventi, un vero e proprio lavoro in grado di far guadagnare cifre astronomiche. Il videogiocatore che ha incassato di più in carriera è il giapponese Kuro Takhasomi, in arte KuroKy, che grazie alle sue prestazioni ha ottenuto 3,58 milioni di euro (dati pubblicati dal sito esportsearning.com). Nel 2018, prendendo in considerazione i cinque esports più giocati (Dota 2, Counter strike, League of legends, StarCraft II e Fortnite), tra stipendi pagati dai team, montepremi messi in palio e sponsor si è raggiunta la cifra totale di quasi 300 milioni di euro in premi nell'arco di 10.000 eventi.Il termine esports deriva dall'abbreviazione inglese di electronic sports, ovvero sport elettronici, e comprende una serie di videogiochi con i quali vengono organizzate competizioni, sia online che dal vivo, a livello amatoriale, semiprofessionistico e professionistico.
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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