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2025-03-05
Escort, coca e champagne Arrestati il «re della notte» e la figlia di Wanna Marchi
Davide Lacerenza e Stefania Nobile
È la cocaina, dieci grammi al giorno. «Ma ti rendi conto, ma possiamo continuare così Davide? Tanto da un momento all’altro arrivano, io me lo aspetto, cioè io non dormo, dormo mezz’ora mi sveglio, perché arrivano lo so, ma anche Jack me l’ha fatto capire. lo son già stata in galera, lui (Lacerenza, ndr) scherza e ride, ma lui non c’è stato, lui dopo due ore in galera si ammazza eh!». È il 10 maggio dello scorso anno quando Stefania Nobile, figlia di Wanna Marchi, si sfoga con Davide Ariganello, factotum del suo ex compagno Davide Lacerenza. Tutti insieme (a parte Wanna che aveva capito da tempo che qualcosa non andava) gestiscono la Gintoneria di Davide, locale in via Napo Torriani, vicino alla Stazione centrale di Milano, diventato famoso sui social network per le dirette a colpi di sciabolate di champagne, belle donne, Lamborghini, Ferrari e maratone d’alcol fino all’alba. Proprio quegli account su Instagram sono stati di grande aiuto per le forze dell’ordine, perché dalle immagini postate da Lacerenza (unite alle microspie) sono riusciti a ricostruire le serate e a individuare le persone che frequentavano il locale.
Il giro d’affari era ingente. Gli investigatori stanno lavorando sul tesoro che sarebbe stato nascosto all’estero, a quanto pare 80 milioni di euro che sarebbero stati trasferiti da Lacerenza in Albania. In pratica Stefania ci aveva visto bene, perché ieri le forze dell’ordine sono arrivate. E lei, l’ex compagno Davide e Ariganello sono finiti agli arresti domiciliari per autoriciclaggio, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e in aggiunta anche detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Tra le ragazze che si prostituivano c’era anche una minorenne, soprannominata «puzzola», che era stata male dopo una serata passata a «pippare» cocaina e bere champagne con Lacerenza. Quando la Nobile si sfoga con il collaboratore, le indagini della Guardia di finanza di Milano sono già incominciate da quasi quattro mesi. A farle scattare, ironia della sorte, non sono state solo le dichiarazioni di uno dei clienti spennati a colpi di cocaina-escort e champagne, ma anche un articolo del Corriere della Sera, a firma di Elvira Serra. Lo scorso anno, infatti, la cronista del quotidiano di via Solferino si era recata nel locale per fare un reportage che gli era stato richiesto dal vicedirettore, A.C., presumibilmente Aldo Cazzullo. Il retroscena emerge proprio da una telefonata tra Serra e Nobile. La prima le racconta che voleva dare un’occhiata al locale perché il figlio di un vicedirettore era passato al locale per bere un gin tonic con gli amici ed era rimasto entusiasta. Ne aveva parlato con il vicedirettore, che le avrebbe detto: «Vai a fare un salto». Del resto, tutti i cellulari degli indagati sono sotto controllo da almeno febbraio e il locale è pieno di microspie che intercettano tutto quello che accade all’interno, dalla sera alla mattina.
Il Jack a cui fa riferimento la figlia della Marchi altro non è che una persona che sembrerebbe, a detta degli investigatori, in forza alla polizia di Stato. Non è l’unico. La clientela del locale, infatti, non è composta solo da alcuni polli da spennare, come per esempio Luca Angelo S.S., che farà partire l’inchiesta e che tra il 2020 e il 2023 ha versato a Lacerenza 641.187 euro per una serata a pacchetto che comprendevano champagne, escort e stupefacenti. Intorno alla Gintoneria e alla Malmaison (locale attiguo ancora più esclusivo, dove poteva accedere solo chi fosse pronto a sborsare almeno 5.000 euro per il «pacchetto», cioè donne, champagne e cocaina) giravano diversi esponenti delle forze dell’ordine. C’era anche P.F., militare della Guardia di finanza, in forza alla polizia giudiziaria, che Lacerenza tiene in grande considerazione offrendogli prostitute anche gratuitamente, in cambio di favori in corso di accertamento: a quanto risulta alla Verità l’agente non è indagato ma andrà incontro a un procedimento disciplinare, tanto che ieri è già stato ascoltato dai vertici delle Fiamme gialle. In pratica, sia Nobile, sia Lacerenza, gli indagati, vantano amicizie strette tra le forze dell’ordine. Il dato, scrivono gli inquirenti, emerge non solo dall’ascolto delle conversazioni agli atti, ma risulta confermato anche da alcune testimonianze di ragazze che frequentavano il locale per prostituirsi, rimaste abbagliate dalle storie su Instagram di Lacerenza e quindi convinte di poterlo sfruttare come vetrina per farsi pubblicità. «Ho conosciuto persone nel corso delle mie frequentazioni in Gintoneria, qualificatesi come appartenenti a forze di polizia, ma non ne conosco i nomi. Ho visto una volta persone entrare in divisa, in un uniforme nera, che hanno bevuto un drink per poi andare via. In quella occasione, Lacerenza gli ha addirittura offerto della cocaina, ma loro hanno rifiutato», racconta per esempio C.N.N., che poi aggiunge. «Non sono stata pagata per le prestazioni rese e io ho accettato sapendo che più si è gentili con lui e più si conseguono vantaggi, tra cui cibo, alcol, corsie preferenziale per i clienti, conoscenze legali e nel mondo delle forze di polizia». Il prezzo delle serate andava dai 3.000 ai 10.000 euro, ma nel corso delle indagini sono stati trovati anche bonifici per pacchetti da 30.000 a 70.000 euro, compresi alcol e cocaina. Le escort venivano portate direttamente a casa del cliente. E capitava che ad Ariganello nella notte toccasse addirittura portare in giro il cane di chi pagava profumatamente queste prestazioni sessuali. Gli inquirenti stanno poi battendo la pista estera per capire dove venivano portati i soldi. Ci sono viaggi in Albania, Turchia, ma anche a Miami. È la cocaina, dieci grammi al giorno.
«Fallo pippare che è importante nella vita»
Davide Lacerenza sapeva di essere sotto indagine da mesi. Gli amici nelle forze dell’ordine glielo avevano detto. Ma ormai la cocaina gli aveva fatto perdere di vista quello che stava succedendo. Nelle carte ci sono giornate in cui si consumano anche 10, 20, persino 30 grammi in poco meno di 12 ore. Le forze dell’ordine, che lo avevano messo sotto indagine dallo scorso anno, avevano capito che la situazione era ormai fuori controllo. Tanto che, il 31 gennaio scorso, gli inquirenti evidenziano nell’ordinanza di custodia cautelare, come Lacerenza, «pur consapevole ormai che era in corso un’indagine nei suoi confronti, girava con Andrea Diprè un video (pubblicato su Youtube) che lo raffigurava all’interno della Gintoneria mentre consumava sostanze stupefacenti e si intratteneva con giovani donne». Insomma, non c’era più niente da nascondere. Realtà e finzione sui social non avevano più differenze.
Nelle 149 pagine di ordinanza - firmata dal gip Alessandra Di Fazio, su richiesta della pm Francesca Crupi con la procuratrice aggiunta Bruna Albertini - si scopre la vera vita di Lacerenza. L’ex compagno di Stefania Nobile passa le sue giornate a bestemmiare, cercando di organizzare serate con prostitute a base di alcol, cocaina, marijuana e hashish. La Nobile gestisce solo la contabilità del locale, non partecipa né allo spaccio né al giro di prostituzione, come ha precisato ieri l’avvocato Liborio Cataliotti, che difende anche Lacerenza. Fa tutto «Davidone», insieme con il factotum Davide Ariganello. Nelle intercettazioni si parla tanto di cocaina. «Tutte le puttane che stanno con me, o sono già drogate, pippano anche loro o le faccio iniziare a pippare io», racconta intercettato. «Fallo pippare che gli fa bene, la cocaina è importante nella vita oh», dice a un altro. Lacerenza non cena neppure. «Io ho pippato, questa mangia, io continuo a pippare». E come lui a drogarsi sono anche i clienti, tanto che una sera uno si sarebbe fatto «una riga da 20 centimetri». C’è di tutto. Si fornisce hashish, marijuana (la purple) e cocaina rosa, un mix tra ketamina e Mdma. Poi ci sono le ragazze. «Ma tu fai la escort?», chiede Lacerenza a un’amica che risponde entusiasta: «Sì! Siamo escort di lusso». E allora Davide ribadisce: «Scopi per soldi? Qua ne trovi tanti. Qua c’è un mondo! Brava eh, qua puoi trovare chi cazzo vuoi. Poi tu mi dici questa cosa che vuoi andare a 25 euro vai, vuoi andare a 1.000, 2.000 vai [...]». I due parlano anche di un’altra ragazza. «È troia?». «È lassù con il cliente adesso e guadagna 700 euro», le dice ancora Lacerenza. «Eh ma senza fare un cazzo, perché lui pippa e non gli tira il cazzo capito? A parlare, c’ha il cazzo piccolissimo. Non gli tira il cazzo, cioè 700 euro così. C’è la gente che lavora per un mese hai capito?». Risposta: «Ma se cioè ieri. Ieri per mezz’ora, per farmi annusare i piedi: 180 euro senza fare un cazzo...».
Una sera alla Gintoneria si presenta anche quello che viene definito il «sindaco ricco». Lacerenza ogni giorno telefona alle escort per offrirle ai clienti. Dopo aver scoperto che la sua preferita si trova in questura ad Ancona, ne contatta un’altra. «Amore dove sei, piccolina?». «A casa, devo venire?». «Quanto ci metti, che ho un cliente svizzero, che sta aprendo, ha preso 40.000 euro di bottiglie e subito pronto». «Ok amore, mi preparo veloce e arrivo mezz’oretta». Che la situazione fosse ormai fuori controllo, lo testimonia anche un’intercettazione tra Wanna Marchi e il figlio Maurizio. In pratica Lacerenza avrebbe offerto droga ed escort al proprietario dell’immobile dove ha sede la Gintoneria, che si era recato al locale. Dice la Marchi: «Ha fatto una roba terribile, dice che ha preso il proprietario dei muri e gli ha detto “Senti, vuoi una puttana? Vuoi della bamba? Vuoi darglielo in c...?”. Davanti a queste dell’agenzia». «Per me arriverà la polizia, li arresteranno tutti. Perché lui addirittura si porta dietro lo spacciatore». Dirà sempre la Wanna, una che di truffe se ne intende (celebre il suo motto «i coglioni vanno inculati»), che aveva capito che la situazione sarebbe degenerata in fretta. «Ma è quel Filippo Champagne lo spacciatore?», chiede Maurizio alla madre. «No, lui non si droga assolutamente: beve e basta».
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Autoriciclaggio, spaccio e un giro di prostitute (anche minorenni): queste le accuse per Davide Lacerenza e Stefania Nobile. Caccia a un tesoro da 80 milioni. Sospetti su alcuni agenti.Nelle intercettazioni la teleimbonitrice avvertiva: «È fuori controllo, qui arriva la polizia e lo mettono dentro».Lo speciale contiene due articoliÈ la cocaina, dieci grammi al giorno. «Ma ti rendi conto, ma possiamo continuare così Davide? Tanto da un momento all’altro arrivano, io me lo aspetto, cioè io non dormo, dormo mezz’ora mi sveglio, perché arrivano lo so, ma anche Jack me l’ha fatto capire. lo son già stata in galera, lui (Lacerenza, ndr) scherza e ride, ma lui non c’è stato, lui dopo due ore in galera si ammazza eh!». È il 10 maggio dello scorso anno quando Stefania Nobile, figlia di Wanna Marchi, si sfoga con Davide Ariganello, factotum del suo ex compagno Davide Lacerenza. Tutti insieme (a parte Wanna che aveva capito da tempo che qualcosa non andava) gestiscono la Gintoneria di Davide, locale in via Napo Torriani, vicino alla Stazione centrale di Milano, diventato famoso sui social network per le dirette a colpi di sciabolate di champagne, belle donne, Lamborghini, Ferrari e maratone d’alcol fino all’alba. Proprio quegli account su Instagram sono stati di grande aiuto per le forze dell’ordine, perché dalle immagini postate da Lacerenza (unite alle microspie) sono riusciti a ricostruire le serate e a individuare le persone che frequentavano il locale. Il giro d’affari era ingente. Gli investigatori stanno lavorando sul tesoro che sarebbe stato nascosto all’estero, a quanto pare 80 milioni di euro che sarebbero stati trasferiti da Lacerenza in Albania. In pratica Stefania ci aveva visto bene, perché ieri le forze dell’ordine sono arrivate. E lei, l’ex compagno Davide e Ariganello sono finiti agli arresti domiciliari per autoriciclaggio, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e in aggiunta anche detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Tra le ragazze che si prostituivano c’era anche una minorenne, soprannominata «puzzola», che era stata male dopo una serata passata a «pippare» cocaina e bere champagne con Lacerenza. Quando la Nobile si sfoga con il collaboratore, le indagini della Guardia di finanza di Milano sono già incominciate da quasi quattro mesi. A farle scattare, ironia della sorte, non sono state solo le dichiarazioni di uno dei clienti spennati a colpi di cocaina-escort e champagne, ma anche un articolo del Corriere della Sera, a firma di Elvira Serra. Lo scorso anno, infatti, la cronista del quotidiano di via Solferino si era recata nel locale per fare un reportage che gli era stato richiesto dal vicedirettore, A.C., presumibilmente Aldo Cazzullo. Il retroscena emerge proprio da una telefonata tra Serra e Nobile. La prima le racconta che voleva dare un’occhiata al locale perché il figlio di un vicedirettore era passato al locale per bere un gin tonic con gli amici ed era rimasto entusiasta. Ne aveva parlato con il vicedirettore, che le avrebbe detto: «Vai a fare un salto». Del resto, tutti i cellulari degli indagati sono sotto controllo da almeno febbraio e il locale è pieno di microspie che intercettano tutto quello che accade all’interno, dalla sera alla mattina. Il Jack a cui fa riferimento la figlia della Marchi altro non è che una persona che sembrerebbe, a detta degli investigatori, in forza alla polizia di Stato. Non è l’unico. La clientela del locale, infatti, non è composta solo da alcuni polli da spennare, come per esempio Luca Angelo S.S., che farà partire l’inchiesta e che tra il 2020 e il 2023 ha versato a Lacerenza 641.187 euro per una serata a pacchetto che comprendevano champagne, escort e stupefacenti. Intorno alla Gintoneria e alla Malmaison (locale attiguo ancora più esclusivo, dove poteva accedere solo chi fosse pronto a sborsare almeno 5.000 euro per il «pacchetto», cioè donne, champagne e cocaina) giravano diversi esponenti delle forze dell’ordine. C’era anche P.F., militare della Guardia di finanza, in forza alla polizia giudiziaria, che Lacerenza tiene in grande considerazione offrendogli prostitute anche gratuitamente, in cambio di favori in corso di accertamento: a quanto risulta alla Verità l’agente non è indagato ma andrà incontro a un procedimento disciplinare, tanto che ieri è già stato ascoltato dai vertici delle Fiamme gialle. In pratica, sia Nobile, sia Lacerenza, gli indagati, vantano amicizie strette tra le forze dell’ordine. Il dato, scrivono gli inquirenti, emerge non solo dall’ascolto delle conversazioni agli atti, ma risulta confermato anche da alcune testimonianze di ragazze che frequentavano il locale per prostituirsi, rimaste abbagliate dalle storie su Instagram di Lacerenza e quindi convinte di poterlo sfruttare come vetrina per farsi pubblicità. «Ho conosciuto persone nel corso delle mie frequentazioni in Gintoneria, qualificatesi come appartenenti a forze di polizia, ma non ne conosco i nomi. Ho visto una volta persone entrare in divisa, in un uniforme nera, che hanno bevuto un drink per poi andare via. In quella occasione, Lacerenza gli ha addirittura offerto della cocaina, ma loro hanno rifiutato», racconta per esempio C.N.N., che poi aggiunge. «Non sono stata pagata per le prestazioni rese e io ho accettato sapendo che più si è gentili con lui e più si conseguono vantaggi, tra cui cibo, alcol, corsie preferenziale per i clienti, conoscenze legali e nel mondo delle forze di polizia». Il prezzo delle serate andava dai 3.000 ai 10.000 euro, ma nel corso delle indagini sono stati trovati anche bonifici per pacchetti da 30.000 a 70.000 euro, compresi alcol e cocaina. Le escort venivano portate direttamente a casa del cliente. E capitava che ad Ariganello nella notte toccasse addirittura portare in giro il cane di chi pagava profumatamente queste prestazioni sessuali. Gli inquirenti stanno poi battendo la pista estera per capire dove venivano portati i soldi. Ci sono viaggi in Albania, Turchia, ma anche a Miami. È la cocaina, dieci grammi al giorno. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/escort-coca-e-champagne-arrestati-il-re-della-notte-e-la-figlia-di-wanna-marchi-2671268617.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="fallo-pippare-che-e-importante-nella-vita" data-post-id="2671268617" data-published-at="1741171343" data-use-pagination="False"> «Fallo pippare che è importante nella vita» Davide Lacerenza sapeva di essere sotto indagine da mesi. Gli amici nelle forze dell’ordine glielo avevano detto. Ma ormai la cocaina gli aveva fatto perdere di vista quello che stava succedendo. Nelle carte ci sono giornate in cui si consumano anche 10, 20, persino 30 grammi in poco meno di 12 ore. Le forze dell’ordine, che lo avevano messo sotto indagine dallo scorso anno, avevano capito che la situazione era ormai fuori controllo. Tanto che, il 31 gennaio scorso, gli inquirenti evidenziano nell’ordinanza di custodia cautelare, come Lacerenza, «pur consapevole ormai che era in corso un’indagine nei suoi confronti, girava con Andrea Diprè un video (pubblicato su Youtube) che lo raffigurava all’interno della Gintoneria mentre consumava sostanze stupefacenti e si intratteneva con giovani donne». Insomma, non c’era più niente da nascondere. Realtà e finzione sui social non avevano più differenze. Nelle 149 pagine di ordinanza - firmata dal gip Alessandra Di Fazio, su richiesta della pm Francesca Crupi con la procuratrice aggiunta Bruna Albertini - si scopre la vera vita di Lacerenza. L’ex compagno di Stefania Nobile passa le sue giornate a bestemmiare, cercando di organizzare serate con prostitute a base di alcol, cocaina, marijuana e hashish. La Nobile gestisce solo la contabilità del locale, non partecipa né allo spaccio né al giro di prostituzione, come ha precisato ieri l’avvocato Liborio Cataliotti, che difende anche Lacerenza. Fa tutto «Davidone», insieme con il factotum Davide Ariganello. Nelle intercettazioni si parla tanto di cocaina. «Tutte le puttane che stanno con me, o sono già drogate, pippano anche loro o le faccio iniziare a pippare io», racconta intercettato. «Fallo pippare che gli fa bene, la cocaina è importante nella vita oh», dice a un altro. Lacerenza non cena neppure. «Io ho pippato, questa mangia, io continuo a pippare». E come lui a drogarsi sono anche i clienti, tanto che una sera uno si sarebbe fatto «una riga da 20 centimetri». C’è di tutto. Si fornisce hashish, marijuana (la purple) e cocaina rosa, un mix tra ketamina e Mdma. Poi ci sono le ragazze. «Ma tu fai la escort?», chiede Lacerenza a un’amica che risponde entusiasta: «Sì! Siamo escort di lusso». E allora Davide ribadisce: «Scopi per soldi? Qua ne trovi tanti. Qua c’è un mondo! Brava eh, qua puoi trovare chi cazzo vuoi. Poi tu mi dici questa cosa che vuoi andare a 25 euro vai, vuoi andare a 1.000, 2.000 vai [...]». I due parlano anche di un’altra ragazza. «È troia?». «È lassù con il cliente adesso e guadagna 700 euro», le dice ancora Lacerenza. «Eh ma senza fare un cazzo, perché lui pippa e non gli tira il cazzo capito? A parlare, c’ha il cazzo piccolissimo. Non gli tira il cazzo, cioè 700 euro così. C’è la gente che lavora per un mese hai capito?». Risposta: «Ma se cioè ieri. Ieri per mezz’ora, per farmi annusare i piedi: 180 euro senza fare un cazzo...». Una sera alla Gintoneria si presenta anche quello che viene definito il «sindaco ricco». Lacerenza ogni giorno telefona alle escort per offrirle ai clienti. Dopo aver scoperto che la sua preferita si trova in questura ad Ancona, ne contatta un’altra. «Amore dove sei, piccolina?». «A casa, devo venire?». «Quanto ci metti, che ho un cliente svizzero, che sta aprendo, ha preso 40.000 euro di bottiglie e subito pronto». «Ok amore, mi preparo veloce e arrivo mezz’oretta». Che la situazione fosse ormai fuori controllo, lo testimonia anche un’intercettazione tra Wanna Marchi e il figlio Maurizio. In pratica Lacerenza avrebbe offerto droga ed escort al proprietario dell’immobile dove ha sede la Gintoneria, che si era recato al locale. Dice la Marchi: «Ha fatto una roba terribile, dice che ha preso il proprietario dei muri e gli ha detto “Senti, vuoi una puttana? Vuoi della bamba? Vuoi darglielo in c...?”. Davanti a queste dell’agenzia». «Per me arriverà la polizia, li arresteranno tutti. Perché lui addirittura si porta dietro lo spacciatore». Dirà sempre la Wanna, una che di truffe se ne intende (celebre il suo motto «i coglioni vanno inculati»), che aveva capito che la situazione sarebbe degenerata in fretta. «Ma è quel Filippo Champagne lo spacciatore?», chiede Maurizio alla madre. «No, lui non si droga assolutamente: beve e basta».
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
La Bce, pur riconoscendo «alcune novità (nel testo riformulato) che vanno incontro alle osservazioni precedenti», in particolare «il rispetto degli articoli del trattato sulla gestione delle riserve auree dei Paesi», continua ad avere «dubbi sulla finalità della norma». Con la lettera, Giorgetti rassicura che l’emendamento non mira a spianare la strada al trasferimento dell’oro o di altre riserve in valuta fuori del bilancio di Bankitalia e non contiene nessun escamotage per aggirare il divieto per le banche centrali di finanziare il settore pubblico.
Il ministro potrebbe inoltre fornire un ulteriore chiarimento direttamente alla presidente Lagarde, oggi, quando i due si incontreranno per i lavori dell’Eurogruppo. Se la Bce si riterrà soddisfatta delle precisazioni, il ministero dell’Economia darà indicazioni per riformulare l’emendamento.
Una nota informativa di Fdi, smonta i pregiudizi ideologici e le perplessità che sono dietro alla nota della Bce. «L’emendamento proposto da Fratelli d’Italia è volto a specificare un concetto che dovrebbe essere condiviso da tutti: ovvero che le riserve auree sono di proprietà dei popoli che le hanno accumulate negli anni, e quindi», si legge, «si tratta di una previsione che tutti danno per scontata. Eppure non è mai stata codificata nell’ordinamento italiano, a differenza di quanto è avvenuto in altri Stati, anche membri dell’Ue. Affermare che la proprietà delle riserve auree appartenga al popolo non confligge, infatti, in alcun modo con i trattati e i regolamenti europei». Quindi ribadire un principio scontato, e cioè che le riserve auree sono di proprietà del popolo italiano, non mette in discussione l’indipendenza della Banca d’Italia, né viola i trattati europei. «Già nel 2019 la Bce, allora guidata da Mario Draghi, aveva chiarito che la questione della proprietà legale e delle competenze del Sistema europeo delle banche centrali (Sebc), con riferimento alle riserve auree degli Stati membri, è definita in ultima istanza dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue)». La nota ricorda che «il parere della Bce del 2019, analogamente a quello redatto lo scorso 2 dicembre, evidenziava che il Trattato non determina le competenze del Sebc e della Bce rispetto alle riserve ufficiali, usando il concetto di proprietà. Piuttosto, il Trattato interviene solo sulla dimensione della detenzione e gestione esclusiva delle riserve. Pertanto, dire che la proprietà delle riserve auree sia del popolo italiano non lede in alcun modo la prerogativa della Banca d’Italia di detenere e gestire le riserve».
Altro punto: Fdi spiega che «nel Tfue (Trattato sul funzionamento dell’Ue) si parla di “riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri”, quindi si prevede implicitamente che la proprietà delle riserve sia in capo agli Stati. L’emendamento di Fdi vuole esplicitare nell’ordinamento italiano questa previsione». C’è chi sostiene che affermare che la proprietà delle riserve auree di Bankitalia è del popolo italiano non serva a nulla. Ma Fdi dice che «l’Italia non può correre il rischio che soggetti privati rivendichino diritti sulle riserve auree degli italiani. Per questo c’è bisogno di una norma che faccia chiarezza sulla proprietà».
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Con Giuseppe Trizzino fondatore e Amministratore Unico di Praesidium International, società italiana di riferimento nella sicurezza marittima e nella gestione dei rischi in aree ad alta criticità e Stefano Rákos Manager del dipartimento di intelligence di Praesidium International e del progetto M.A.R.E.™.
Christine Lagarde (Ansa)
Come accade, ad esempio, in quel carrozzone chiamato Unione europea dove tutti, a partire dalla lìder maxima, Ursula von der Leyen, non dimenticano mai di inserire nella lista delle priorità l’aumento del proprio stipendio. Ne ha parlato la Bild, il giornale più letto e venduto d’Europa, raccontando come la presidente della Commissione europea abbia aumentato il suo stipendio, e quello degli euroburocrati, due volte l’anno. E chiunque non sia allergico alla meritocrazia così come alle regole non scritte dell’accountability (l’onere morale di rispondere del proprio operato) non potrà non scandalizzarsi pensando che donna Ursula, dopo aver trasformato l’Ue in un nano economico, ammazzando l’industria europea con il folle progetto del Green deal, percepisca per questo capolavoro gestionale ben 35.800 euro al mese, contro i 6.700 netti che, ad esempio, guadagna il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni.
Allo stesso modo funzionano le altre istituzioni dell’Unione europea. L’Ue impiega circa 60.000 persone all’interno delle sue varie istituzioni e organi, distribuiti tra Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo (la Commissione europea, il Parlamento europeo, il Consiglio europeo, la Corte di giustizia dell’Unione europea e il Comitato economico e sociale). La funzione pubblica europea ha tre categorie di agenti: gli amministratori, gli assistenti e gli assistenti segretari. L’Ue contrattualizza inoltre molti agenti contrattuali. Secondo i dati della Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 2019, questi funzionari comunitari guadagnano tra 4.883 euro e 18.994 euro mensili (gradi da 5 a 16 del livello 1).
Il «vizietto» di alzarsi lo stipendio ha fatto scuola anche presso la Banca centrale europea (Bce), che ha sede a Francoforte, in Germania, ed è presieduta dalla francese, Christine Lagarde. Secondo quanto riassunto nel bilancio della Bce, lo stipendio base annuale della presidente è aumentato del 4,7 per cento, arrivando a 466.092 euro rispetto ai 444.984 euro percepiti nel 2023 (cui si aggiungono specifiche indennità e detrazioni fiscali comunitarie, diverse da quelle nazionali), ergo 38.841 euro al mese. Il vicepresidente Luis de Guindos, spagnolo, percepisce circa 400.000 euro (valore stimato in base ai rapporti precedenti, di solito corrispondente all’85-90% dello stipendio della presidente). Gli altri membri del comitato esecutivo guadagnano invece circa 330.000-340.000 euro ciascuno. Ai membri spettano anche le indennità di residenza (15% dello stipendio base), di rappresentanza e per figli a carico, che aumentano il netto effettivo. Il costo totale annuale del personale della Bce è di 844 milioni di euro, valore che include stipendi, indennità, contributi previdenziali e costi per le pensioni di tutti i dipendenti della banca. Il dato incredibile è che questa voce è aumentata di quasi 200 milioni in due anni: nel 2023, infatti, il costo totale annuale del personale era di 676 milioni di euro. Secondo una nota ufficiale della Bce, l’incremento del 2024 è dovuto principalmente a modifiche nelle regole dei piani pensionistici e ai benefici post impiego, oltre ai normali adeguamenti salariali legati all’inflazione, cresciuta del 2,4 per cento a dicembre dello scorso anno. La morale è chiara ed è la stessa riassunta ieri dal direttore, Maurizio Belpietro: per la Bce l’inflazione va combattuta in tutti i modi, ma se si tratta dello stipendio dei funzionari Ue, il discorso non vale.
Stessa solfa alla Corte di Giustizia che ha sede a Lussemburgo: gli stipendi variano notevolmente a seconda della posizione (avvocato, cancelliere, giudice, personale amministrativo), ma sono generalmente elevati, con giuristi principianti che possono guadagnare da 2.000 a 5.000 euro al mese e stipendi più alti per i magistrati, anche se cifre precise per i giudici non sono facilmente disponibili pubblicamente. Gli stipendi si basano sulle griglie della funzione pubblica europea e aumentano con l’anzianità, passando da 2.600 euro per il personale esecutivo a oltre 18.000 euro per alcuni alti funzionari.
Il problema, va precisato, non risiede nel fatto che le persone competenti siano pagate bene, com’è giusto che sia, ma che svolgano bene il proprio lavoro e soprattutto che ci sia trasparenza sui salari. Dei risultati delle politiche di Von der Leyen e Lagarde i giudici non sono esattamente entusiastici, ma il conto lo pagano, come al solito, i cittadini europei.
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