Horror o ispirate alle serie tv: in Italia ci sono 500 escape room
- Nel mondo hanno superato abbondantemente le 10.000 unità. Nate dieci anni fa un un'intuizione del giapponese Takao Kato oggi sono uno dei giochi di gruppo più apprezzati. Nel 2017 ogni stanza ha fatturato una media di 230.000 euro all'anno.
- Nove mesi per rinascere: l'idea di Mad Machines stravolge i giochi a Milano. Con l'aiuto degli artisti dei carri del carnevale di Viareggio, Antonio e Giulia hanno creato l'unica stanza al mondo che permette di rivivere la propria nascita. Concepimento incluso.
- Cento minuti per sconfiggere Moriarty e diventare il nuovo Sherlock Holmes. A Londra spopola l'escape room creata da Steven Moffat e ispirata alle avventure del detective interpretato da Benedict Cumberbatch.
Lo speciale comprende tre articoli, una gallery fotografica e un'infografica con le sale più ricercate nel nostro Paese.
Dieci milioni di fatturato, circa mille addetti e 750.000 clienti. Sono i numeri che riguardano il mercato italiano delle escape room (circa 150 sul nostro territorio) stimati da Fugacemente, uno dei maggiori franchising che permette di aprire il proprio gioco di fuga, per dirla all'italiana.
L'idea arriva da oltreoceano ed è quella di proiettare gli utenti in una sorta di videogioco reale: sfide ed enigmi da risolvere per fuggire dalla stanza entro un tempo prestabilito.
In realtà, anche dallo Zio Sam si tratta di un business nuovo iniziato nel 2014 e poi giunto anche da noi.
Secondo il "2018 Escape Room Industry Report" diffuso da Xola, una delle maggiori software house specializzate nella creazione di applicazioni per la gestione di una Escape Room, in media nel 2017 una "stanza" poteva realizzare un fatturato mensile di 21.404 dollari (circa 19.000 euro), un valore in aumento dell'11,45% rispetto ai 19.205 euro del 2016.
In totale, secondo lo studio, ogni escape room nel 2017 ha fatturato in media 256.860 dollari (229.000 euro circa). Che sia un mercato giovane anche negli Usa lo si capisce dalle aperture: nel 2014 le escape room negli Stati Uniti erano 22, nel 2018 sono state 2.300.
In Italia l'ingresso per accedere a questi giochi di logica può variare dai 10 ai 30 euro e, in media, ogni ordine ha un valore di circa 100 euro (di solito si partecipa in almeno 4 o 5 persone). La fascia di clientela che più apprezza queste "esperienze" è costituita da ragazzi e giovani fino ai 20 anni circa oppure da dipendenti di aziende che puntano sulle escape room per fare squadra con i colleghi di lavoro.
Secondo lo studio di Xola, la maggior parte degli utenti, il 66,85%, tende a prenotare direttamente sul sito della escape room (e non attraverso intermediari) e lo fa attraverso il telefonino o il tablet. In alternativa, ma è più difficile da calcolare con precisione, sono molti coloro che prenotano al momento una volta entrati nella struttura.
Curiosamente, la media del valore delle prenotazioni cambia in base al modo con cui si prenota: chi vuole partecipare a una escape room e prenota attraverso un tablet o uno smartphone (navigando e non telefonando) spende in media circa 80 euro per un ordine. Chi lo fa attraverso un personal computer sborsa circa 100 euro, mentre chi fa acquisti entrando di persona oppure telefonando spende in media 115 euro.
Lo studio ha anche analizzato la spesa per gli utenti prima hanno navigato sul sito e solo in un secondo momento hanno concluso l'ordine. In questo caso, la spesa media è stata di 108 euro, leggermente sopra quella di altri canali di acquisto.
Tra i motivi del successo delle escape room c'è sicuramente anche il fatto di poter accedere a questo business in maniera relativamente facile. Non è un caso, del resto, se si stanno diffondendo sempre più società di franchising (Fugacemente e Game Over Escape Rooms per citare i maggiori) che offrono "chiavi in mano" pacchetti per dare il via alla propria escape room.
I costi per entrare nel settore sono abbastanza contenuti. Se si pensa a una struttura di circa 80 metri quadri bisogna mettere in conto circa 45-50.000 euro di capitale iniziale.
Tra le spese bisogna considerare quelle per avere un locale (affitto, utenze, adeguamenti, allacciamento reti ed impianti, messa a norma, ristrutturazioni ed altri): 10.000 – 15.000 euro almeno. Poi c'è la progettazione di stanze e giochi (progettazione, allestimento, arredi ed enigmi a tema): contando di spendere il meno possibile, una stanza costerà comunque dai 10.000 ai 15.000 euro. Inoltre c'è da considerare la pubblicità, online e offline, la creazione del sito web, l'acquisto di software e hardware necessari per l'attività gestionale: altri 10.000 euro. Aggiungete altri 5.000 di adempimenti burocratici e la gestione del personale (in questo caso i costi possono variare in base al numero di persone assunte).
Le escape room rappresentano quindi un business in piena crescita e hanno il vantaggio di richiedere un esborso contenuto per iniziare. Quello che si domandano in molti è se si tratti di una moda passeggera o di qualcosa che durerà nel tempo. Ai posteri l'ardua sentenza.
Gianluca Baldini
Nove mesi per rinascere: l'idea di Mad Machines stravolge il mondo delle escape a Milano

Mad Machines, Via Ambrogio Binda 7, 20143 Milano. www.madmachines.it
Uno scienziato che alcuni definirebbero geniale, altri semplicemente pazzo, ha dato vita a un macchinario rivoluzionario che permette di rivivere «l'esperienza più sconvolgente e avventurosa» che l'essere umano abbia vissuto (ma che sfortunatamente ha dimenticato): la nascita. Mad Machines, l'escape room inaugurata a marzo in zona Navigli a Milano, vi farà dimenticare tutti «i giochi di fuga» a cui vi hanno abituato, per trasportarvi in un'esperienza unica. Non dovrete più fuggire da serial killer o fingervi detective alla Sherlock Holmes, la vostra missione sarà ancora più coinvolgente, e a tratti impossibile. Riuscirete a venire al mondo? Abbiamo parlato con i creatori del laboratorio del dottor Mad, Antonio e Giulia - un passato nel mondo del teatro e in un'agenzia pubblicitaria - per scoprire come nasce un'escape e cosa rende la loro esperienza unica.
Come è nata l'idea di Mad Machines?
«Io e Giulia avevamo voglia da un po' di tempo di lanciare una nuova attività che avesse però anche una forte componente creativa, e per caso siamo stati invitati a giocare un'escape room. Abbiamo capito subito che c'era un enorme potenziale, poteva essere un modo nuovo di raccontare una storia. Anzi non solo raccontarla, ma farla letteralmente vivere ai partecipanti. È nato così Mad Machines, il laboratorio del Dr. Mad, un bizzarro scienziato (laureato in Matematica approssimativa e Chimica accidentale, come recita il sito) che ha inventato dei macchinari che permettono di vivere esperienze fino ad oggi ritenute impossibili. La prima? La Birth Machine, per rivivere la propria nascita dal concepimento, passando per lo sviluppo del bambino, fino al parto».
La vostra è un'esperienza diversa dalle solite escape room. Cosa pensate vi differenzi dagli altri?
«Premetto che abbiamo giocato tantissime escape room tradizionali e che ci siamo sempre divertiti molto. Nel creare la nostra experience room però, siamo partiti da un presupposto diverso. A Mad Machines non bisogna infatti scappare da qualcuno o da qualcosa, non ci sono componenti horror o ambienti claustrofobici, si tratta piuttosto di vivere una storia da protagonisti. Le emozioni in gioco non sono la paura o l'ansia ma lo stupore e il divertimento. Tutta l'avventura ha un tono molto ironico e l'ambiente in cui si svolge è del tutto fantastico, con effetti speciali che sorprendono i partecipanti. È questa la strada che abbiamo scelto per cercare di suscitare un'emozione, ed è per questo che abbiamo sostituito la parola "escape" con "experience". Un'altro aspetto che abbiamo cercato di curare è quello di non avere enigmi matematici o giochi di pura logica, ma delle prove strettamente connesse con la vicenda in cui sia necessario utilizzare non solo il cervello ma anche delle piccole abilità fisiche e sensoriali. I partecipanti si troveranno a dover compiere azioni strane e inconsuete, e saranno proprio queste a farli divertire e a strappargli un sorriso».
Quanto tempo ci vuole e quanto costa creare un'esperienza?
«Nel nostro caso, purtroppo, tanto. Sia in termini di tempo, che di energie, che di budget. Abbiamo impiegato un anno e mezzo dall'inizio della progettazione all'apertura della prima esperienza, e a livello di budget abbiamo sforato ogni nostra previsione iniziale. Volevamo fortemente creare un prodotto di alta qualità e quindi abbiamo fatto un grosso sforzo per cercare di dare qualcosa in più, soprattutto dal lato scenografico e da quello tecnologico, che è poi l'essenza gli effetti speciali».
Per la scenografia avete scelto di collaborare con dei talenti italiani. Come mai questa scelta?
«Per le scenografie non volevamo rivolgerci semplicemente a dei bravi artigiani, ma ci serviva un'artista, che riuscisse a tradurre le nostre suggestioni in realtà, come solo gli artisti sanno fare. Conoscevamo da tempo David Paolinetti, pittore e scultore della zona di Pietrasanta, e abbiamo deciso di affidare a lui la direzione artistica del progetto: fin dai suoi primi bozzetti abbiamo capito di aver fatto la scelta giusta. Per il periodo di produzione abbiamo affittato un laboratorio artistico nella sua zona, e David ha capitanato una squadra molto valida (alcuni dei componenti sono scultori che collaborano da anni alla realizzazione dei famosi carri del Carnevale di Viareggio). Questo gruppo di artisti ha costruito lì in Toscana il cuore delle scenografie, che abbiamo poi trasportato e ultimato nella nostra sede a Milano. Per rendere "il set" interattivo e poter stupire con gli effetti speciali, poi, è stato necessario creare tutta una componente elettronica e meccanica molto importante e complessa. Anche in questo caso abbiamo avuto molti collaboratori, guidati da Loris Dall'Ava di Shapemode, un'azienda di Milano, che non ha avuto vita facile nel riuscire a rendere tangibili tante idee di movimento e interazione dell'ambiente che in un primo momento potevano sembrare quasi irrealizzabili».
Quali sono i vostri progetti per il futuro?
«Intanto stiamo cercando di ultimare al più presto la seconda esperienza, la Time Machine, che renderà finalmente "possibili" i viaggi nel tempo. Mancano ancora pochi mesi. E per il futuro, se Milano risponderà come ci auguriamo, abbiamo un sacco di idee per nuove Esperienze Impossibili. Incrociamo le dita!»
Per quale motivo una persona sceglie di fare un'escape room?
«Questo tipo di intrattenimento, anche se molto tecnologico, è per certi versi un ritorno al passato, la tecnologia è infatti nascosta e tutto avviene dal vivo, in ambienti reali, dove gli oggetti si possono toccare e i colpi di scena avvengono davvero. Da molto tempo è possibile provare esperienze impossibili: con i videogiochi si ha la possibilità di calarsi nei panni dei più svariati personaggi e vivere storie di ogni genere. Ma anche nei casi più fortunati e realistici come per esempio nei nuovissimi VR c'è sempre una barriera insormontabile, la finzione: il giocatore sa benissimo di trovarsi in un mondo virtuale. Nelle escape room invece, e ancor più in una experience room, questa barriera non esiste e la storia avviene davvero. Si può odorarla, percepirla, toccarla con mano. Per questo motivo è un intrattenimento del tutto innovativo che, in questo mondo sempre più connesso e virtuale, offre la possibilità di un ritorno alla realtà di cui, a volte senza accorgersene, sempre più persone sentono il bisogno».
Quali paesi sono più «esperti» in questo campo?
«Prima di aprire questa nostra attività ci siamo documentati di quali fossero le realtà più interessanti in Europa, e siamo andati a provarne alcune. Ti posso dire che a Londra (con Time Run, oggi ahimé chiuso, ma i cui creatori hanno dato vita ad un progetto ancora più ambizioso), a Berlino (con The Room e Final Escape) e ad Amsterdam (con Sherlocked) abbiamo visto un livello di qualità del prodotto e quindi anche di investimento davvero notevole, ripagato però da numerosissime prenotazioni e grande risonanza anche mediatica. È soprattutto per questo che abbiamo voluto rischiare, credendo che anche a Milano, una città sempre più internazionale e al passo con le grandi capitali europee, fosse possibile che una realtà con quel livello di investimento e, speriamo, anche di prodotto, potesse non solo sopravvivere ma anche avere successo. Tornate a trovarci tra un annetto e vi diremo se avevamo ragione…»
Cento minuti per sconfiggere Moriarty e diventare il nuovo Sherlock Holmes

Uno dei personaggi più amati dai creatori di escape room è senza dubbio Sherlock Holmes. L'investigatore, nato dalla penna di Arthur Conan Doyle, è nell'immaginario comune la perfetta incarnazione di astuzia e ingegno; caratteristiche necessarie a chiunque decida di intraprendere un'avventura immersiva.
Basta fare una piccola ricerca ed ecco apparire due stanze che sfruttano l'immagine del famoso detective. Per Unlock Mi, l'avventura inizia proprio a Baker Street e quello che vi troverete ad affrontare è un caso decisamente particolare. Il ritrovamento di un cadavere riapre il caso di un pericoloso serial killer che ha già mietuto almeno 145 vittime. Starà a voi «scoprire l'identità del colpevole e catturarlo prima che questi riesca a svanire di nuovo nel nulla». Intrappola.to invece vi chiama a svolgere le indagini su un omicidio dove l'assassino, ancora a piede libero, ha lasciato un messaggio: «Tra sessanta minuti colpirò ancora». Insomma, roba da investigatori professionisti.
Il successo di questo tema - secondo solo alle stanze con elementi horror - ha portato il gruppo inglese Time Run a creare una escape room ufficiale in collaborazione con i creatori della serie Bbc Sherlock. L'esperienza immersiva ha aperto le sue porte lo scorso dicembre ed è già un successo. Cinque stanze identiche e 21 slot orari riescono a malapena a soddisfare le richieste che arrivano da tutto il mondo. Ogni esperienza ha una durata di 100 minuti - come un episodio della serie - e possono partecipare da 4 a 6 persone. Se non riusciste a raggiungere la quota minima, due delle stanze sono «pubbliche», ovvero starà agli organizzatori trovare comporre il vostro gruppo di detective. Il costo di 54 sterline a persona non è certo quello della solita escape room, ma i giocatori, attratti dall'ufficialità del gioco e i video appositamente girati dai protagonisti della serie sono più che felici di sborsare oltre 60 euro per fare il loro ingresso al numero 221b di Baker Street.
Mark Gatiss, uno dei creatori della serie, ha spiegato come ci sia «un elemento di impostazione familiare, ambienti e trame, che farà sentire i partecipanti come fossero in Sherlock. Ovviamente mentre la narrazione si snoda entreranno in nuovi posti, per risolvere gli indizi e il caso. È la cosa più vicina che puoi avere nell'essere in un episodio di Sherlock senza che tu sia un attore». La prima difficoltà è senza dubbio scovare l'ingresso dell'escape room. Dovrete infatti recarvi al centro commerciale West 12 - alla fermata Sheperds Bush - e andare a fare una visita dall'oculista. L'ingresso di Sherlock: The Game is Now non è infatti altro che lo studio «Doyle's Opticians». Da lì, entrerete nello studio del detective interpretato da Benedict Cumberbatch, dove scoprirete che il professor Moriarty ha in mente un piano malvagio, ma il nostro amato ispettore è introvabile. «Londra ha bisogno di Sherlock Holmes: sfortunatamente ha solo te». Con questa frase sarete finalmente catapultati nell'avventura, stanza dopo stanza, puzzle dopo puzzle. In perfetto stile inglese, che la vostra esperienza sia stata un successo oppure no, sarete i benvenuti al pub The Mind Palace per un cocktail. «Non pensiate che la storia segua la trama di uno dei libri» ci tiene a precisare Steven Moffat, il secondo creatore della serie meglio conosciuto per aver lavorato con gli ultime tre dottori nella telefilm Doctor Who. «Il nostro obiettivo era spingervi a pensare come Sherlock. Ogni dettaglio può essere un indizio e starà alle vostre capacità deduttive risolvere il caso». Pronti a partire? The Game is now.















