2021-03-22
Ermini fa il finto tonto: «Palamara? Un caso isolato»
Il vicepresidente del Csm invoca «una rivoluzione etica», negando l'esistenza del «Sistema». Matteo Salvini: «Così è troppo comodo»Il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura David Ermini, eletto grazie a un colpo di mano del Giglio magico, i cui uomini, con una mossa da pokeristi professionisti, spaccarono il Csm pur di piazzarlo, in un'intervista rilasciata ieri al Messaggero, ha sollecitato «una rifondazione etica, una vera rivoluzione culturale da parte dei magistrati». E ha cercato di derubricare il caso Palamara al coinvolgimento di poche mele marce: «Quanti sono i magistrati coinvolti a vario titolo nello scandalo?», si è chiesto l'avvocato di Figline Valdarno, «Cinquanta? Cento? Sono però migliaia i magistrati che hanno garantito diritti e legalità». D'altra parte, non è la prima volta che Ermini riempie di belle parole le sue declamazioni. Tempo fa ebbe a dire anche che «quando si arriva al Csm si dovrebbe interrompere il rapporto diretto con la corrente, perché si deve essere persone libere». Fu proprio Luca Palamara, in un'intervista tv, a riportarlo con i piedi per terra e a ricordargli che anche dopo la sua elezione non smise di frequentarlo, nonostante i giornali avessero già rivelato l'inchiesta per corruzione: «Ci sono stati una colazione a Montemartini (un hotel di Roma, ndr). Un pranzo da Mamma Angelina. Una cena a casa mia. Un aereo preso insieme. Un convegno insieme a Milano». Ermini avrà pure reciso i collegamenti con le correnti, ma stando ai racconti di Palamara in quegli incontri parlava «di tutto ciò che riguardava l'attività del Csm […] dal disciplinare ai direttivi, fino alle valutazioni di professionalità e alle commissioni dei concorsi».Palamara nel suo libro Il Sistema ha ricordato al vicepresidente del Csm un episodio, svelato in anteprima dalla Verità, non certo gratificante: la cena del 25 settembre 2018 a casa di Giuseppe Fanfani, all'epoca membro del Csm in quota renziana. «Siamo invitati io, Ferri ed Ermini per chiudere il cerchio. Io e Ferri chiediamo all'ultimo al padrone di casa se può venire anche Lotti, lui non obietta né tantomeno obietta il vicepresidente in pectore Ermini. L'oggetto della cena sono i numeri: siamo sicuri che su Ermini raggiungiamo i fatidici 13?». Palamara va giù duro: «Il futuro, oggi in carica, vicepresidente del Csm è a tavola con un politico indagato, Lotti, con un magistrato del Csm, il sottoscritto, che lui ben sapeva essere indagato (Ermini ha smentito questa ricostruzione e ha minacciato querela, ndr), perché, nel nostro mondo, la notizia era stranota, e con un fresco onorevole del Pd, Ferri, per farsi eleggere al vertice della magistratura libera e indipendente».E, come ha ricostruito il nostro giornale, nel gennaio del 2019 c'è stata un'altra cena, questa volta a casa di Palamara, in cui si sarebbe discusso, alla presenza anche del procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho, di «come dovesse essere gestita la presenza di Nino Di Matteo all'interno della Dna», quattro mesi prima del suo allontanamento dal pool sulle stragi. E a quel banchetto c'era anche Ermini. «È che non si vuole riconoscere», sottolinea lo stratega delle nomine nel suo libro, «che è esistito ed esiste un Sistema che va oltre Palamara e che ha condizionato tutte le nomine». Le ultime attività investigative perugine sulle fughe di notizie nell'inchiesta su Fabrizio Centofanti, inoltre, danno l'impressione che se i pm avessero sequestrato i telefoni di tutte le toghe con incarichi nell'Anm o nel Csm avrebbero registrato un identico desolante copione. E se Francesco Cananzi, ex Csm in quota Unicost, inviò un pizzino a Palamara con i nomi da spingere a Santa Maria Capua Vetere e Napoli, ora si scopre che tra marzo e luglio 2017 è Vincenzo Barbaro, in quel momento facente funzioni di capo a Messina, a tempestare proprio Cananzi per la sua nomina a Pg della Città dello Stretto. L'assoluzione che Ermini ha concesso a sé stesso e a (quasi) tutta la magistratura, non è piaciuta neanche a Matteo Salvini, che ieri, dopo aver letto l'intervista, ha commentato: «Ermini dice che Palamara era un caso isolato. E no, era un sistema di aiuti, autotutele e bugie». Per chi, come noi, ha letto tutte le carte del caso Palamara, è difficile dargli torto.
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.