
Fino a poco tempo fa sarebbe stato impensabile. Eppure oggi Ankara cerca la distensione con Riad. E’ in questo quadro che, a febbraio prossimo, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, si recherà in visita in Arabia Saudita: un viaggio a suo modo storico, visti i rapporti tesi che si sono finora tenuti tra i due Paesi. Questa svolta non risulta tuttavia del tutto inattesa. Innanzitutto il ministro degli Esteri turco si era già recato in visita a Riad a maggio. Erdogan aveva inoltre inaugurato un disgelo a dicembre anche con gli Emirati arabi uniti, mentre – negli scorsi mesi – si è registrato un ammorbidimento con l’Egitto di Abdel Fattah al-Sisi (un tempo acerrimo nemico del presidente turco). C’è quindi da chiedersi che cosa porti il Sultano verso questa sorta di irenismo diplomatico. Secondo Al Monitor, è possibile ritenere che, alla base di queste svolte, si ravvisino i profondi problemi economici in cui versa la Turchia: problemi che stanno alimentando l’impopolarità di Erdogan in patria. In tale quadro, la situazione commerciale nei rapporti tra Ankara e Riad è impietosa. Secondo Al Monitor, “in mezzo a un boicottaggio saudita non ufficiale delle merci turche, le esportazioni turche nel regno sono crollate a soli 189 milioni di dollari nei primi 11 mesi del 2021, in calo dai 2,5 miliardi di dollari nel 2020 e dai 3,2 miliardi di dollari nel 2019”. I problemi per il Sultano sono comunque molteplici. Grazie a un rafforzamento delle esportazioni saudite in Turchia negli ultimi tre anni, Riad ha, come si suol dire, il coltello dalla parte del manico. E, per venire incontro ai desiderata economici del leader turco, Mohammad bin Salman vorrà prima risolvere alcune questioni politiche aperte. Il punto è che, su numerosi dossier, la strada sembra restare in salita. Innanzitutto bisognerà vedere come verrà trattato il problema della Fratellanza Musulmana: storicamente appoggiata da Erdogan, essa è stata duramente avversata da bin Salman. Si tratta del resto di una delle principali ragioni per cui Ankara e Riad si sono trovate (almeno finora) su fronti opposti in Libia. Tutto questo sebbene, nelle ultime settimane, il Sultano abbia mostrato segni di timido aperturismo nei confronti del generale Khalifa Haftar. Forse un segnale da interpretare proprio come una mano tesa a Riad. E’ sempre probabilmente in quest’ottica che, venerdì scorso, la Turchia ha annunciato il ritiro di un gruppo di mercenari siriani dalla Libia. In secondo luogo, i sauditi non vedono con simpatia l’influenza esercitata da Ankara sul Qatar e sul continente africano. Questo è un nodo significativamente difficile da sciogliere. Se Erdogan può in fin dei conti permettersi di allentare i propri rapporti con la Fratellanza, più difficile è un passo indietro in quelle aree su cui ha pesantemente investito nel corso di questi anni. Ricordiamo che – come sottolineato da Middle East Monitor – svariati Paesi africani stanno acquistando droni militari turchi: droni che risultano meno costosi (e quindi più appetibili) di quelli statunitensi. Infine, non va trascurato che, poche settimane fa, Francia e Arabia Saudita abbiano siglato una serie di rilevanti accordi in vari settori. Questo avvicinamento tra Parigi e Riad si configura come potenzialmente problematico per Erdogan, che è da tempo ai ferri corti con il presidente francese, Emmanuel Macron. Un Macron che non sembra quindi nutrire troppo interesse verso una distensione nelle relazioni tra turchi e sauditi, e che potrebbe per questo cercare di boicottare indirettamente il tentativo di disgelo in atto.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





