2023-07-01
Il colosso tedesco ritira la barca. Stop alla campagna falsa sul Garda
La campagna di E.on ambientata sul Garda
Dopo le diffide della Regione Lombardia e della Provincia di Trento, la E.on ha deciso di annullare il piano pubblicitario sui danni provocati al lago dai cambiamenti climatici. E ora c’è chi urla al sabotaggio turistico.Il giornalismo schierato dalla parte del fanatismo green viene meno al suo ruolo informativo. La scienza non si decide a maggioranza e le opinioni non sono delitti.Lo speciale contiene due articoli.La barchetta rossa sospesa a pelo d’acqua sul lago di Garda in località Manerba, in provincia di Brescia, finirà al molo prima del previsto: il 2 luglio. L’avventata campagna mediatica di propaganda che mirava a sensibilizzare sulla siccità, con la quale l’utility tedesca delle rinnovabili E.on pensava di fare leva sul cambiamento climatico, dopo essersi trasformata in un boomerang che ha visto tra i contestatori Regione Lombardia e Provincia autonoma di Trento, viene ritirata. Alle diffide inviate dagli uffici legali della Regione Lombardia e della Provincia autonoma di Trento, con le quali è stato intimato all’utility tedesca di rimuovere foto e video della campagna perché ritenuti lesivi dell’immagine del Garda, è seguita la ritirata di «Make Italy Green», così era stata denominata l’azione pubblicitaria. Gli ideatori, che per l’installazione si erano rivolti a Domenico Pellegrino, artista e scultore, e che ora si dicono sorpresi «per quanto riportato dai media», avevano stampigliato in bianco sulla barchetta rossa la didascalia che voleva il «livello del lago sceso di 75 centimetri». E si sono beccati una serie di rimbrotti. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alessandro Morelli ha bollato la campagna come «una grave fake news, che lede uno dei sistemi turistici migliori d’Europa». E l’assessore al Turismo della Provincia autonoma di Trento Roberto Failoni ha precisato che «il video e le foto che si vanno presentando (della barca sospesa in aria, ndr) sono lesive dell’immagine del Trentino e vanno a incidere sul programma di promozione turistica del lago per cui si sono investite ingenti somme, trasmettendo il deviante messaggio di lago/pozza, non praticabile e non balneabile». L’altra bomba l’ha lanciata Barbara Mazzali, assessore al Turismo della Regione Lombardia: «Siamo sicuri che la società tedesca farebbe lo stesso spot sul lago di Costanza, fino allo scorso anno in allarme siccità, tanto da dover recuperare barche arenate nella sabbia, oppure sul fiume Danubio, che, sempre lo scorso agosto nel mezzo del caldo record che colpì mezza Europa, riportò alla luce dozzine di navi dell’esercito tedesco affondate durante la seconda guerra mondiale? Ma soprattutto all’inizio dell’estate, quando tanti turisti tedeschi sognano i laghi italiani, come mai E.on lancia questa campagna?». Le acque, grazie alle piogge della tarda primavera, sono presto risalite. La Verità già il 16 maggio scorso aveva evidenziato che già nei primi giorni di maggio i livelli dei fiumi e dei laghi si erano riavvicinati alle medie di lungo periodo. E il lago di Garda negli ultimi giorni è tornato in linea con la media che comprende il periodo 1950-2015. Uno schiaffo a chi ha abboccato a quello che si è rivelato un improvvisato specchietto per le allodole, con tanto di flashmob organizzato per il 31 maggio e che non ha raccolto grande attenzione dai media. Gli spot televisivi di Make Italy Green, con Caterina Balivo come testimonial, però, hanno fatto diversi passaggi sulle tv nazionali. Una voce fuori campo spiegava: «Questa barca è sospesa a 75 centimetri dall’acqua, quelli che il lago di Garda ha perso in media negli ultimi quattro anni. È solo una delle conseguenze dei fenomeni atmosferici estremi causati dal cambiamento climatico. Serve un cambiamento profondo che parta da noi, dalla scelta di soluzioni energetiche sostenibili come quelle di E.On». Secondo chi ha curato la campagna, i 75 centimetri di elevazione della barca fanno riferimento alla media del livello del lago nei primi quattro mesi del 2019 (circa 122 centimetri) confrontata con quattro mesi di quest’anno. Un parametro che è apparso subito come molto parziale. Come esempio basterebbe prendere i dati degli stessi quattro mesi del 2008 per scoprire che il livello dell’acqua, di poco sopra gli 80 centimetri, è dunque più basso di quello del 2019. Seguendo il ragionamento di E.on, quindi, si potrebbe affermare che tra il 2008 e il 2019 le acque si sono alzate. «Le immagini e i video utilizzati in questo contesto sono autentici poiché sono stati girati nei giorni 30 e 31 maggio, nei pressi del Comune di Manerba del Garda dove è stata realizzata l’opera artistica», si è poi difesa la compagnia tedesca. Per essere precisi, quindi, la barchetta andava posta a 32 centimetri dal pelo d’acqua e non a 75, poiché l’altezza idrometrica al 31 maggio era di 90 centimetri, contro i 122 della media dei primi quattro mesi del 2019 presi a riferimento da E.on. Il mix tra lo sfruttamento della propaganda climatica e quello che è apparso come uno sgambetto turistico si è trasformato in un cortocircuito per E.On, che alla fine ha dovuto staccare la spina.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/eon-pubblicita-ritiro-garda-2662121072.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="anche-la-cattiva-stampa-inquina" data-post-id="2662121072" data-published-at="1688203173" data-use-pagination="False"> Anche la cattiva stampa «inquina» Li chiamerò giornalisti con la barba incolta o, se del gentil sesso, senza make up. Per radersi o, comunque, curare la barba o il viso, bisogna guardarsi allo specchio. Ne abbiamo visti e viste, recentemente, durante la pandemia e durante la guerra, più di quanto la decenza avrebbe consentito e, comunque, più di quanti ce ne saremmo, noi ingenui, attesi. Cito la pandemia e la guerra per la loro rilevanza planetaria. Come lo è quella climatica, col distinguo che, a differenza delle altre due citate, questa non sarebbe neanche una questione se non fosse detta tale e detta planetaria da chi il pianeta governa e, di conseguenza, dai giornalisti con barba incolta. Sono, questi, la voce - ma che dico, la voce, il megafono - dei governanti del mondo, sono cioè, essi, non voglio dire il contrario di ciò che dovrebbero essere, ma ci siamo vicini. A meno che io non abbia capito cosa il giornalista dovrebbe essere. Ma, per fissare le idee sulle cose che sto a ruota libera scrivendo, vediamo come operano i Nostri, in ordine al clima. E, per essere concreti, fatemi esemplificare su una recente articolessa a piena pagina pubblicata sul Piccolo di Trieste (gruppo Repubblica-L’Espresso, ça va sans dire). Il titolo è tutto un programma: «Le gravi colpe del negazionismo climatico». Naturalmente nessuno al mondo nega il cambiamento climatico, men che meno il clima. Il contendere è se esso sia responsabilità umana. C’è chi dice sì, chi dice che no, il clima e il suo cambiamento è responsabilità della Natura. Epperò il giornalista con la barba incolta non frena la propria pala e arriva il primo getto di fango con l’uso della parola negazionista. Peraltro, non gli sovviene che potrebbero essere tacciati di negazionismo coloro che negano l’origine naturale del clima. Ma il cervello dei giornalisti con la barba incolta è obnubilato dagli sforzi per sostenere l’insostenibile. Scrive il Nostro: «I negazionisti complottisti climatici stanno ricaricando il loro armamentario di teorie bislacche e, in alcuni casi, dollari sonanti dalle grandi compagnie di combustibili fossili per finanziare la disinformazione». Taccio sull’italiano criptico, ma a fronte dell’affermazione, nessun esempio di teoria «bislacca» è offerta al povero lettore che si affida - peggio per lui - a codeste barbe incolte. Anche perché la teoria «bislacca» sarebbe che è la Natura a governare il clima. Oltre ad avere la barba incolta questi giornalisti hanno il coraggio del coniglio: molto accortamente il Nostro si astiene dal produrre nomi di negazionisti pagati per dire menzogne. Per lo più costoro sono rispettabili professori - qualcuno è anche premio Nobel - e una querela per diffamazione è un obbligo. Insomma la palata di fango è gettata, ma niente nomi. La speranza è: del fango gettato qualcosa resterà. «Il dibattito sulla crisi climatica è chiuso da tempo tra gli scienziati del clima». Chi scrive queste parole ha la pretesa di dar lezioni, ma non ha ancora capito come funziona il metodo scientifico. Ove nessun dibattito è mai chiuso su niente. La scienza non ha un catechismo di domande e risposte. Nel caso in parola, poi: possibile che oltre 1500 tra geologi, geofisici, astrofisici, climatologi che hanno dichiarato, nero su bianco, «non v’è alcuna crisi climatica» non facciano venire alcun dubbio? Ma il Nostro continua granitico: «Il fatto è - il fatto è! - che non si possono liquidare questi scienziati o sedicenti tali semplicemente ignorandoli. Perché c’è poco da ridere in quella parte del mondo dove l’impatto della crisi climatica è devastante in termini di migrazioni forzate». Tre concetti - questi sì, bislacchi - emergono. Primo, quel «sedicenti tali» manifesta ancora una volta l’incomprensione di cosa la scienza sia. Essere scienziato non è un aggettivo qualificativo, men che meno un merito, ma è una professione. Non si può essere «sedicenti» scienziati, come non si può essere sedicenti giornalisti o medici. Secondo - e questa è divertente -: non sovviene al Nostro che se nel pianeta vi sono aree ricettacolo di migrazioni a causa del clima ottimale, necessariamente devono esservi aree ove il clima è meno ottimale, anche sgradevole, fino ad essere miserabile. Il pianeta è tondo, gira attorno al Sole su orbita ellittica, con distanza tra afelio e perielio non costante, gira attorno ad un asse inclinato sul piano dell’eclittica, l’angolo di inclinazione non è costante, l’asse di rotazione non è fisso ma ruota di moto di precessione, ecc… Emissioni antropiche o no, se migrazioni climatiche han da essere, migrazioni climatiche saranno. Infine, non si capisce come il solo fatto di dire - ripeto: dire - che il clima è una faccenda naturale e non antropica possa avere alcunché a che fare con eventi sgradevoli (siccità, inondazioni, migrazioni climatiche), tanto più che da quanto detto dai «negazionisti» i decisori politici del pianeta non sembrano minimamente scalfiti. Con questa ultima stravagante visione delle cose, il giornalista evoca il «delitto d’opinione». Perché, a stare sul banco degli imputati è l’opinione. La parola usata è sua. Non val la pena scomodare la Costituzione (art. 21), ma basta la logica: come farebbe un’opinione, per di più dichiarata minoritaria, indegna di essere anche solo messa in discussione, ad essere un delitto è un mistero. A meno che il Nostro non abbia la stessa preoccupazione della moglie di quel vescovo protestante di oltre un secolo fa che, terrorizzata dalla prospettiva dell’affermazione della teoria evoluzionista, diceva con sgomento: «Oddio, speriamo che il signor Darwin abbia torto. E, dovesse mai avere ragione, speriamo che i fedeli non vengano mai a saperlo».
13 ottobre 2025: il summit per la pace di Sharm El-Sheikh (Getty Images)
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