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2023-07-01
Il colosso tedesco ritira la barca. Stop alla campagna falsa sul Garda
La campagna di E.on ambientata sul Garda
La barchetta rossa sospesa a pelo d’acqua sul lago di Garda in località Manerba, in provincia di Brescia, finirà al molo prima del previsto: il 2 luglio. L’avventata campagna mediatica di propaganda che mirava a sensibilizzare sulla siccità, con la quale l’utility tedesca delle rinnovabili E.on pensava di fare leva sul cambiamento climatico, dopo essersi trasformata in un boomerang che ha visto tra i contestatori Regione Lombardia e Provincia autonoma di Trento, viene ritirata. Alle diffide inviate dagli uffici legali della Regione Lombardia e della Provincia autonoma di Trento, con le quali è stato intimato all’utility tedesca di rimuovere foto e video della campagna perché ritenuti lesivi dell’immagine del Garda, è seguita la ritirata di «Make Italy Green», così era stata denominata l’azione pubblicitaria. Gli ideatori, che per l’installazione si erano rivolti a Domenico Pellegrino, artista e scultore, e che ora si dicono sorpresi «per quanto riportato dai media», avevano stampigliato in bianco sulla barchetta rossa la didascalia che voleva il «livello del lago sceso di 75 centimetri».
E si sono beccati una serie di rimbrotti. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alessandro Morelli ha bollato la campagna come «una grave fake news, che lede uno dei sistemi turistici migliori d’Europa». E l’assessore al Turismo della Provincia autonoma di Trento Roberto Failoni ha precisato che «il video e le foto che si vanno presentando (della barca sospesa in aria, ndr) sono lesive dell’immagine del Trentino e vanno a incidere sul programma di promozione turistica del lago per cui si sono investite ingenti somme, trasmettendo il deviante messaggio di lago/pozza, non praticabile e non balneabile». L’altra bomba l’ha lanciata Barbara Mazzali, assessore al Turismo della Regione Lombardia: «Siamo sicuri che la società tedesca farebbe lo stesso spot sul lago di Costanza, fino allo scorso anno in allarme siccità, tanto da dover recuperare barche arenate nella sabbia, oppure sul fiume Danubio, che, sempre lo scorso agosto nel mezzo del caldo record che colpì mezza Europa, riportò alla luce dozzine di navi dell’esercito tedesco affondate durante la seconda guerra mondiale? Ma soprattutto all’inizio dell’estate, quando tanti turisti tedeschi sognano i laghi italiani, come mai E.on lancia questa campagna?». Le acque, grazie alle piogge della tarda primavera, sono presto risalite.
La Verità già il 16 maggio scorso aveva evidenziato che già nei primi giorni di maggio i livelli dei fiumi e dei laghi si erano riavvicinati alle medie di lungo periodo. E il lago di Garda negli ultimi giorni è tornato in linea con la media che comprende il periodo 1950-2015. Uno schiaffo a chi ha abboccato a quello che si è rivelato un improvvisato specchietto per le allodole, con tanto di flashmob organizzato per il 31 maggio e che non ha raccolto grande attenzione dai media. Gli spot televisivi di Make Italy Green, con Caterina Balivo come testimonial, però, hanno fatto diversi passaggi sulle tv nazionali. Una voce fuori campo spiegava: «Questa barca è sospesa a 75 centimetri dall’acqua, quelli che il lago di Garda ha perso in media negli ultimi quattro anni. È solo una delle conseguenze dei fenomeni atmosferici estremi causati dal cambiamento climatico. Serve un cambiamento profondo che parta da noi, dalla scelta di soluzioni energetiche sostenibili come quelle di E.On». Secondo chi ha curato la campagna, i 75 centimetri di elevazione della barca fanno riferimento alla media del livello del lago nei primi quattro mesi del 2019 (circa 122 centimetri) confrontata con quattro mesi di quest’anno. Un parametro che è apparso subito come molto parziale. Come esempio basterebbe prendere i dati degli stessi quattro mesi del 2008 per scoprire che il livello dell’acqua, di poco sopra gli 80 centimetri, è dunque più basso di quello del 2019. Seguendo il ragionamento di E.on, quindi, si potrebbe affermare che tra il 2008 e il 2019 le acque si sono alzate. «Le immagini e i video utilizzati in questo contesto sono autentici poiché sono stati girati nei giorni 30 e 31 maggio, nei pressi del Comune di Manerba del Garda dove è stata realizzata l’opera artistica», si è poi difesa la compagnia tedesca. Per essere precisi, quindi, la barchetta andava posta a 32 centimetri dal pelo d’acqua e non a 75, poiché l’altezza idrometrica al 31 maggio era di 90 centimetri, contro i 122 della media dei primi quattro mesi del 2019 presi a riferimento da E.on. Il mix tra lo sfruttamento della propaganda climatica e quello che è apparso come uno sgambetto turistico si è trasformato in un cortocircuito per E.On, che alla fine ha dovuto staccare la spina.
Anche la cattiva stampa «inquina»
Li chiamerò giornalisti con la barba incolta o, se del gentil sesso, senza make up. Per radersi o, comunque, curare la barba o il viso, bisogna guardarsi allo specchio. Ne abbiamo visti e viste, recentemente, durante la pandemia e durante la guerra, più di quanto la decenza avrebbe consentito e, comunque, più di quanti ce ne saremmo, noi ingenui, attesi. Cito la pandemia e la guerra per la loro rilevanza planetaria. Come lo è quella climatica, col distinguo che, a differenza delle altre due citate, questa non sarebbe neanche una questione se non fosse detta tale e detta planetaria da chi il pianeta governa e, di conseguenza, dai giornalisti con barba incolta. Sono, questi, la voce - ma che dico, la voce, il megafono - dei governanti del mondo, sono cioè, essi, non voglio dire il contrario di ciò che dovrebbero essere, ma ci siamo vicini. A meno che io non abbia capito cosa il giornalista dovrebbe essere. Ma, per fissare le idee sulle cose che sto a ruota libera scrivendo, vediamo come operano i Nostri, in ordine al clima. E, per essere concreti, fatemi esemplificare su una recente articolessa a piena pagina pubblicata sul Piccolo di Trieste (gruppo Repubblica-L’Espresso, ça va sans dire). Il titolo è tutto un programma: «Le gravi colpe del negazionismo climatico».
Naturalmente nessuno al mondo nega il cambiamento climatico, men che meno il clima. Il contendere è se esso sia responsabilità umana. C’è chi dice sì, chi dice che no, il clima e il suo cambiamento è responsabilità della Natura. Epperò il giornalista con la barba incolta non frena la propria pala e arriva il primo getto di fango con l’uso della parola negazionista. Peraltro, non gli sovviene che potrebbero essere tacciati di negazionismo coloro che negano l’origine naturale del clima. Ma il cervello dei giornalisti con la barba incolta è obnubilato dagli sforzi per sostenere l’insostenibile. Scrive il Nostro: «I negazionisti complottisti climatici stanno ricaricando il loro armamentario di teorie bislacche e, in alcuni casi, dollari sonanti dalle grandi compagnie di combustibili fossili per finanziare la disinformazione». Taccio sull’italiano criptico, ma a fronte dell’affermazione, nessun esempio di teoria «bislacca» è offerta al povero lettore che si affida - peggio per lui - a codeste barbe incolte. Anche perché la teoria «bislacca» sarebbe che è la Natura a governare il clima. Oltre ad avere la barba incolta questi giornalisti hanno il coraggio del coniglio: molto accortamente il Nostro si astiene dal produrre nomi di negazionisti pagati per dire menzogne. Per lo più costoro sono rispettabili professori - qualcuno è anche premio Nobel - e una querela per diffamazione è un obbligo. Insomma la palata di fango è gettata, ma niente nomi. La speranza è: del fango gettato qualcosa resterà. «Il dibattito sulla crisi climatica è chiuso da tempo tra gli scienziati del clima». Chi scrive queste parole ha la pretesa di dar lezioni, ma non ha ancora capito come funziona il metodo scientifico. Ove nessun dibattito è mai chiuso su niente. La scienza non ha un catechismo di domande e risposte. Nel caso in parola, poi: possibile che oltre 1500 tra geologi, geofisici, astrofisici, climatologi che hanno dichiarato, nero su bianco, «non v’è alcuna crisi climatica» non facciano venire alcun dubbio?
Ma il Nostro continua granitico: «Il fatto è - il fatto è! - che non si possono liquidare questi scienziati o sedicenti tali semplicemente ignorandoli. Perché c’è poco da ridere in quella parte del mondo dove l’impatto della crisi climatica è devastante in termini di migrazioni forzate». Tre concetti - questi sì, bislacchi - emergono. Primo, quel «sedicenti tali» manifesta ancora una volta l’incomprensione di cosa la scienza sia. Essere scienziato non è un aggettivo qualificativo, men che meno un merito, ma è una professione. Non si può essere «sedicenti» scienziati, come non si può essere sedicenti giornalisti o medici. Secondo - e questa è divertente -: non sovviene al Nostro che se nel pianeta vi sono aree ricettacolo di migrazioni a causa del clima ottimale, necessariamente devono esservi aree ove il clima è meno ottimale, anche sgradevole, fino ad essere miserabile. Il pianeta è tondo, gira attorno al Sole su orbita ellittica, con distanza tra afelio e perielio non costante, gira attorno ad un asse inclinato sul piano dell’eclittica, l’angolo di inclinazione non è costante, l’asse di rotazione non è fisso ma ruota di moto di precessione, ecc…
Emissioni antropiche o no, se migrazioni climatiche han da essere, migrazioni climatiche saranno. Infine, non si capisce come il solo fatto di dire - ripeto: dire - che il clima è una faccenda naturale e non antropica possa avere alcunché a che fare con eventi sgradevoli (siccità, inondazioni, migrazioni climatiche), tanto più che da quanto detto dai «negazionisti» i decisori politici del pianeta non sembrano minimamente scalfiti.
Con questa ultima stravagante visione delle cose, il giornalista evoca il «delitto d’opinione». Perché, a stare sul banco degli imputati è l’opinione. La parola usata è sua. Non val la pena scomodare la Costituzione (art. 21), ma basta la logica: come farebbe un’opinione, per di più dichiarata minoritaria, indegna di essere anche solo messa in discussione, ad essere un delitto è un mistero. A meno che il Nostro non abbia la stessa preoccupazione della moglie di quel vescovo protestante di oltre un secolo fa che, terrorizzata dalla prospettiva dell’affermazione della teoria evoluzionista, diceva con sgomento: «Oddio, speriamo che il signor Darwin abbia torto. E, dovesse mai avere ragione, speriamo che i fedeli non vengano mai a saperlo».
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Dopo le diffide della Regione Lombardia e della Provincia di Trento, la E.on ha deciso di annullare il piano pubblicitario sui danni provocati al lago dai cambiamenti climatici. E ora c’è chi urla al sabotaggio turistico.Il giornalismo schierato dalla parte del fanatismo green viene meno al suo ruolo informativo. La scienza non si decide a maggioranza e le opinioni non sono delitti.Lo speciale contiene due articoli.La barchetta rossa sospesa a pelo d’acqua sul lago di Garda in località Manerba, in provincia di Brescia, finirà al molo prima del previsto: il 2 luglio. L’avventata campagna mediatica di propaganda che mirava a sensibilizzare sulla siccità, con la quale l’utility tedesca delle rinnovabili E.on pensava di fare leva sul cambiamento climatico, dopo essersi trasformata in un boomerang che ha visto tra i contestatori Regione Lombardia e Provincia autonoma di Trento, viene ritirata. Alle diffide inviate dagli uffici legali della Regione Lombardia e della Provincia autonoma di Trento, con le quali è stato intimato all’utility tedesca di rimuovere foto e video della campagna perché ritenuti lesivi dell’immagine del Garda, è seguita la ritirata di «Make Italy Green», così era stata denominata l’azione pubblicitaria. Gli ideatori, che per l’installazione si erano rivolti a Domenico Pellegrino, artista e scultore, e che ora si dicono sorpresi «per quanto riportato dai media», avevano stampigliato in bianco sulla barchetta rossa la didascalia che voleva il «livello del lago sceso di 75 centimetri». E si sono beccati una serie di rimbrotti. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alessandro Morelli ha bollato la campagna come «una grave fake news, che lede uno dei sistemi turistici migliori d’Europa». E l’assessore al Turismo della Provincia autonoma di Trento Roberto Failoni ha precisato che «il video e le foto che si vanno presentando (della barca sospesa in aria, ndr) sono lesive dell’immagine del Trentino e vanno a incidere sul programma di promozione turistica del lago per cui si sono investite ingenti somme, trasmettendo il deviante messaggio di lago/pozza, non praticabile e non balneabile». L’altra bomba l’ha lanciata Barbara Mazzali, assessore al Turismo della Regione Lombardia: «Siamo sicuri che la società tedesca farebbe lo stesso spot sul lago di Costanza, fino allo scorso anno in allarme siccità, tanto da dover recuperare barche arenate nella sabbia, oppure sul fiume Danubio, che, sempre lo scorso agosto nel mezzo del caldo record che colpì mezza Europa, riportò alla luce dozzine di navi dell’esercito tedesco affondate durante la seconda guerra mondiale? Ma soprattutto all’inizio dell’estate, quando tanti turisti tedeschi sognano i laghi italiani, come mai E.on lancia questa campagna?». Le acque, grazie alle piogge della tarda primavera, sono presto risalite. La Verità già il 16 maggio scorso aveva evidenziato che già nei primi giorni di maggio i livelli dei fiumi e dei laghi si erano riavvicinati alle medie di lungo periodo. E il lago di Garda negli ultimi giorni è tornato in linea con la media che comprende il periodo 1950-2015. Uno schiaffo a chi ha abboccato a quello che si è rivelato un improvvisato specchietto per le allodole, con tanto di flashmob organizzato per il 31 maggio e che non ha raccolto grande attenzione dai media. Gli spot televisivi di Make Italy Green, con Caterina Balivo come testimonial, però, hanno fatto diversi passaggi sulle tv nazionali. Una voce fuori campo spiegava: «Questa barca è sospesa a 75 centimetri dall’acqua, quelli che il lago di Garda ha perso in media negli ultimi quattro anni. È solo una delle conseguenze dei fenomeni atmosferici estremi causati dal cambiamento climatico. Serve un cambiamento profondo che parta da noi, dalla scelta di soluzioni energetiche sostenibili come quelle di E.On». Secondo chi ha curato la campagna, i 75 centimetri di elevazione della barca fanno riferimento alla media del livello del lago nei primi quattro mesi del 2019 (circa 122 centimetri) confrontata con quattro mesi di quest’anno. Un parametro che è apparso subito come molto parziale. Come esempio basterebbe prendere i dati degli stessi quattro mesi del 2008 per scoprire che il livello dell’acqua, di poco sopra gli 80 centimetri, è dunque più basso di quello del 2019. Seguendo il ragionamento di E.on, quindi, si potrebbe affermare che tra il 2008 e il 2019 le acque si sono alzate. «Le immagini e i video utilizzati in questo contesto sono autentici poiché sono stati girati nei giorni 30 e 31 maggio, nei pressi del Comune di Manerba del Garda dove è stata realizzata l’opera artistica», si è poi difesa la compagnia tedesca. Per essere precisi, quindi, la barchetta andava posta a 32 centimetri dal pelo d’acqua e non a 75, poiché l’altezza idrometrica al 31 maggio era di 90 centimetri, contro i 122 della media dei primi quattro mesi del 2019 presi a riferimento da E.on. Il mix tra lo sfruttamento della propaganda climatica e quello che è apparso come uno sgambetto turistico si è trasformato in un cortocircuito per E.On, che alla fine ha dovuto staccare la spina.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/eon-pubblicita-ritiro-garda-2662121072.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="anche-la-cattiva-stampa-inquina" data-post-id="2662121072" data-published-at="1688203173" data-use-pagination="False"> Anche la cattiva stampa «inquina» Li chiamerò giornalisti con la barba incolta o, se del gentil sesso, senza make up. Per radersi o, comunque, curare la barba o il viso, bisogna guardarsi allo specchio. Ne abbiamo visti e viste, recentemente, durante la pandemia e durante la guerra, più di quanto la decenza avrebbe consentito e, comunque, più di quanti ce ne saremmo, noi ingenui, attesi. Cito la pandemia e la guerra per la loro rilevanza planetaria. Come lo è quella climatica, col distinguo che, a differenza delle altre due citate, questa non sarebbe neanche una questione se non fosse detta tale e detta planetaria da chi il pianeta governa e, di conseguenza, dai giornalisti con barba incolta. Sono, questi, la voce - ma che dico, la voce, il megafono - dei governanti del mondo, sono cioè, essi, non voglio dire il contrario di ciò che dovrebbero essere, ma ci siamo vicini. A meno che io non abbia capito cosa il giornalista dovrebbe essere. Ma, per fissare le idee sulle cose che sto a ruota libera scrivendo, vediamo come operano i Nostri, in ordine al clima. E, per essere concreti, fatemi esemplificare su una recente articolessa a piena pagina pubblicata sul Piccolo di Trieste (gruppo Repubblica-L’Espresso, ça va sans dire). Il titolo è tutto un programma: «Le gravi colpe del negazionismo climatico». Naturalmente nessuno al mondo nega il cambiamento climatico, men che meno il clima. Il contendere è se esso sia responsabilità umana. C’è chi dice sì, chi dice che no, il clima e il suo cambiamento è responsabilità della Natura. Epperò il giornalista con la barba incolta non frena la propria pala e arriva il primo getto di fango con l’uso della parola negazionista. Peraltro, non gli sovviene che potrebbero essere tacciati di negazionismo coloro che negano l’origine naturale del clima. Ma il cervello dei giornalisti con la barba incolta è obnubilato dagli sforzi per sostenere l’insostenibile. Scrive il Nostro: «I negazionisti complottisti climatici stanno ricaricando il loro armamentario di teorie bislacche e, in alcuni casi, dollari sonanti dalle grandi compagnie di combustibili fossili per finanziare la disinformazione». Taccio sull’italiano criptico, ma a fronte dell’affermazione, nessun esempio di teoria «bislacca» è offerta al povero lettore che si affida - peggio per lui - a codeste barbe incolte. Anche perché la teoria «bislacca» sarebbe che è la Natura a governare il clima. Oltre ad avere la barba incolta questi giornalisti hanno il coraggio del coniglio: molto accortamente il Nostro si astiene dal produrre nomi di negazionisti pagati per dire menzogne. Per lo più costoro sono rispettabili professori - qualcuno è anche premio Nobel - e una querela per diffamazione è un obbligo. Insomma la palata di fango è gettata, ma niente nomi. La speranza è: del fango gettato qualcosa resterà. «Il dibattito sulla crisi climatica è chiuso da tempo tra gli scienziati del clima». Chi scrive queste parole ha la pretesa di dar lezioni, ma non ha ancora capito come funziona il metodo scientifico. Ove nessun dibattito è mai chiuso su niente. La scienza non ha un catechismo di domande e risposte. Nel caso in parola, poi: possibile che oltre 1500 tra geologi, geofisici, astrofisici, climatologi che hanno dichiarato, nero su bianco, «non v’è alcuna crisi climatica» non facciano venire alcun dubbio? Ma il Nostro continua granitico: «Il fatto è - il fatto è! - che non si possono liquidare questi scienziati o sedicenti tali semplicemente ignorandoli. Perché c’è poco da ridere in quella parte del mondo dove l’impatto della crisi climatica è devastante in termini di migrazioni forzate». Tre concetti - questi sì, bislacchi - emergono. Primo, quel «sedicenti tali» manifesta ancora una volta l’incomprensione di cosa la scienza sia. Essere scienziato non è un aggettivo qualificativo, men che meno un merito, ma è una professione. Non si può essere «sedicenti» scienziati, come non si può essere sedicenti giornalisti o medici. Secondo - e questa è divertente -: non sovviene al Nostro che se nel pianeta vi sono aree ricettacolo di migrazioni a causa del clima ottimale, necessariamente devono esservi aree ove il clima è meno ottimale, anche sgradevole, fino ad essere miserabile. Il pianeta è tondo, gira attorno al Sole su orbita ellittica, con distanza tra afelio e perielio non costante, gira attorno ad un asse inclinato sul piano dell’eclittica, l’angolo di inclinazione non è costante, l’asse di rotazione non è fisso ma ruota di moto di precessione, ecc… Emissioni antropiche o no, se migrazioni climatiche han da essere, migrazioni climatiche saranno. Infine, non si capisce come il solo fatto di dire - ripeto: dire - che il clima è una faccenda naturale e non antropica possa avere alcunché a che fare con eventi sgradevoli (siccità, inondazioni, migrazioni climatiche), tanto più che da quanto detto dai «negazionisti» i decisori politici del pianeta non sembrano minimamente scalfiti. Con questa ultima stravagante visione delle cose, il giornalista evoca il «delitto d’opinione». Perché, a stare sul banco degli imputati è l’opinione. La parola usata è sua. Non val la pena scomodare la Costituzione (art. 21), ma basta la logica: come farebbe un’opinione, per di più dichiarata minoritaria, indegna di essere anche solo messa in discussione, ad essere un delitto è un mistero. A meno che il Nostro non abbia la stessa preoccupazione della moglie di quel vescovo protestante di oltre un secolo fa che, terrorizzata dalla prospettiva dell’affermazione della teoria evoluzionista, diceva con sgomento: «Oddio, speriamo che il signor Darwin abbia torto. E, dovesse mai avere ragione, speriamo che i fedeli non vengano mai a saperlo».
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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