
L'avvocatura dello Stato conferma la sentenza sui diplomati. A rischio altri 40.000 posti, associazioni pronte a dare battaglia. Il ministro aveva invitato a non preoccuparsi, rinviando le soluzioni legislative.Duemila maestre e maestri diplomati saranno subito esclusi dalle Graduatorie a esaurimento (Gae), mentre gli altri docenti non laureati dovranno aspettare le sentenze di merito per conoscere il loro destino. È quanto emerge dal parere dell'Avvocatura dello Stato, atteso già un mese fa ma arrivato solo venerdì scorso, che ha confermato la sentenza del Consiglio di Stato del 20 dicembre 2017. I giudici amministrativi avevano stabilito la retrocessione nelle Graduatorie d'istituto per gli insegnanti con diploma di scuola magistrale conseguito entro l'anno 2001-2002. I ricorrenti sui quali si erano espressi i magistrati saranno immediatamente interessati dalle conseguenze della decisione di Palazzo Spada: a fine anno, dovranno lasciare le cattedre ottenute con riserva e cercare incarichi di supplenza. Per gli oltre 40.000 diplomati magistrali a rischio di perdere il posto, invece, bisognerà attendere che i tribunali, durante l'estate, si pronuncino sui casi specifici. È molto probabile che i giudici si conformino all'orientamento del Consiglio di Stato, innescando un effetto domino che comprometterebbe la continuità didattica del prossimo anno scolastico.Nella «buona scuola» di Matteo Renzi, alla fine, è successo quello che tutti temevano: che i precari ripiombassero nell'incertezza, minacciati dall'inquietante prospettiva della disoccupazione. Perciò, sebbene la Gilda degli insegnanti abbia evidenziato che il parere dell'Avvocatura ha fugato il pericolo di «qualunque effetto generalizzato immediato» della sentenza di dicembre, il coordinatore nazionale del sindacato, Rino Di Meglio, ha lamentato «la diversità di trattamento, dovuta solo alla buona o alla cattiva sorte», nei confronti dei diplomati che, negli anni, hanno promosso ricorsi nelle aule di tribunale per ottenere l'assunzione. Come ha confermato il ministero dell'Istruzione, infatti, le immissioni in ruolo decretate da sentenze passate in giudicato non saranno rimesse in discussione. Per i diplomati magistrali, dunque, al danno dell'uscita dalle Gae si aggiunge la beffa di essere stati illusi dalle sanatorie di cui avevano goduto i colleghi.L'inerzia del Miur è il dato politico che ha caratterizzato l'odissea dei maestri non laureati. È vero, infatti, che a provocare il terremoto tra i precari è stato il cambio di rotta, da parte della giustizia amministrativa, rispetto alle decisioni che avevano preservato la posizione lavorativa di molti docenti diplomati. Tuttavia, la «ministra» Valeria Fedeli si era spesa in prima persona, assicurando che la sentenza di Palazzo Spada non avrebbe portato a licenziamenti di massa e invitando i giornalisti a non alimentare ingiustificati allarmismi. Ma a elezioni celebrate e mentre procedono le difficili trattative per la formazione del governo, è arrivata la tegola sui diplomati magistrali. Con l'esecutivo Gentiloni in salamoia, viale Trastevere ha buon gioco nell'invocare una «soluzione di tipo legislativo», rimessa al nuovo parlamento. Esattamente quella che, con il pretesto di dover aspettare il parere dell'Avvocatura dello Stato, la Fedeli ha sempre rinviato. Nonostante la buona volontà mostrata dal sottosegretario Vito De Filippo, cui è toccata la patata bollente di illustrare alle associazioni di categoria i contenuti del documento prodotto dall'Avvocatura, ora che la responsabilità di un intervento politico è passata di mano, il motto del Miur sembra essere: «Armiamoci e partite».Pertanto, in vista dell'incontro tra sindacati e ministero, previsto per il 3 maggio, l'Associazione nazionale insegnanti e formatori ha annunciato una serie di iniziative di protesta: a partire dal 28 aprile, uno sciopero della fame e un presidio permanente in viale Trastevere, uno sciopero nazionale e una manifestazione a Roma. Secondo il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, l'unica soluzione percorribile è riaprire le Gae a tutti gli insegnanti, diplomati e laureati, che abbiano conseguito l'abilitazione. Pacifico boccia in tal modo la proposta di Cgil, Cisl e Uil, che reclamano «una procedura riservata, al pari di quella già prevista per i docenti della scuola secondaria, per tutti coloro che, avendone titolo, aspirano all'immissione in ruolo». Il numero uno dell'Anief, infatti, ha fatto notare che, alle superiori, il concorso riservato si è rivelato un fallimento: «Su 120.000 abilitati, soltanto uno su tre ha presentato domanda di partecipazione alla fase transitoria che, peraltro, per come ideata, non garantisce l'immissione in ruolo di tutti né è utile al conferimento delle supplenze». Nel frattempo, rimangono aperti alcuni canali legali. I rappresentanti dei docenti, infatti, hanno chiesto l'annullamento della sentenza del Consiglio di Stato ai magistrati della Corte di cassazione. La disputa proseguirà a Strasburgo e Bruxelles: dinanzi alle istituzioni europee, l'Italia dovrà rispondere per violazione di una direttiva comunitaria che prescrive la stabilizzazione del personale precario nelle scuole primarie.
Da sinistra in alto: Piero Amara, Catiuscia Marini, Sergio Sottani e Luca Palamara (Ansa)
Dopo le parole di Amara alla «Verità», trasmessa in Cassazione una relazione sul pm «in ginocchio». Si può riaprire il caso Palamara. Le analogie con le inchieste sulla toga Duchini e sulla ex governatrice Marini.
Da settimane i media si stanno occupando del cosiddetto Sistema Pavia, un coacervo melmoso di indagini e affari scoperchiato mediaticamente anche grazie agli scoop della Verità. Ora, sempre grazie al nostro lavoro, sta emergendo come anche in Umbria i pm abbiano usato metodi non proprio ortodossi per raggiungere i propri obiettivi. Ricordiamo che la Procura di Perugia ha la titolarità delle inchieste che coinvolgono i magistrati del distretto di Roma. Una funzione che rende quegli uffici giudiziari una delle Procure più influenti del Paese. Nonostante la sua centralità, resta, però, dal punto di vista dell’organico e forse dell’attitudine, un ufficio di provincia, dove tutti si conoscono e le vite delle persone si intrecciano indissolubilmente.
Ansa
A Chisinau gli azzurri faticano a sfondare il muro moldavo e sbloccano solo negli ultimi minuti con Mancini e Pio Esposito. Arriva la quinta vittoria consecutiva della gestione Gattuso, ma per la qualificazione diretta al Mondiale si dovrà passare dai playoff di marzo.
Giuseppe Valditara (Imagoeconomica)
Il ministro dell’Istruzione sui nuovi programmi scolastici: «Non bisogna generare confusione nei bambini. I temi della sessualità saranno tenuti da esperti, non da gruppi di interesse, e con il consenso dei genitori. L’educazione spetta innanzitutto alla famiglia».
Ministro Giuseppe Valditara, lei con questo disegno di legge sta impedendo che si faccia educazione sessuale e affettiva nelle scuole?
«No, questo è falso. Come ho detto più volte, chi lo sostiene o non conosce o fa finta di non conoscere l’articolo 1 comma 4 che afferma “Fermo restando quanto previsto nelle indicazioni nazionali”, cioè i programmi scolastici, e nell’educazione civica, ovviamente».
E che significa?
«Che nei programmi scolastici c’è tutta l’educazione sessuale nel senso biologico, quindi la conoscenza delle differenze sessuali, degli apparati riproduttivi, delle funzioni riproduttive, dello sviluppo puberale, dei rischi relativi alle malattie trasmesse sessualmente, quindi c’è tutto quello che riguarda l’insegnamento dell’educazione sessuale in senso biologico».
Imagoeconomica
La Corte respinge il ricorso per la mancata rivalutazione degli assegni 4 volte sopra il minimo: non è un aggravio fiscale.
Anche la Consulta considera «ricco» chi percepisce una pensione di poco superiore a 2.000 euro lordi. Chi si aspetta a che la Corte Costituzionale ponesse fine a un meccanismo introdotto per risparmiare ma che penalizza quanti hanno versato contribuiti elevati per tutta la vostra lavorativa, è stato deluso. Con la sentenza numero 167, l’organo dello Stato ha confermato la legittimità della misura di «raffreddamento» della perequazione, introdotta con la Legge di Bilancio 2023 per i trattamenti pensionistici superiori a quattro volte il minimo Inps (2.400 euro lordi al mese, circa 1.800 euro netti circa). In risposta al pronunciamento della Corte dei conti, (sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna) ha chiarito che il mancato adeguamento automatico all’inflazione dei trattamenti previdenziali di tale importo, ovvero il raffreddamento, come si dice in gergo, «non introduce un prelievo di natura tributaria», cioè non è una tassa. La magistratura contabile aveva sollevato il dubbio che tale meccanismo potesse violare i principi di «eguaglianza tributaria, di ragionevolezza e temporaneità, complessivamente presidiati dagli articoli 3 e 53 della Costituzione», trattandolo come una sorta di tassa nascosta.






