2022-05-24
Eni, trivellazioni e affari in Israele. L’inciucio tra dalemiani e renziani
La Blue power cercò, attraverso il Giglio magico, di esportare la tecnologia per l’estrazione offshore del gas. L’accordo sfumò per la crisi di governo e il ministro dell’Energia fu anche travolto da uno scandalo sessuale.Per la tipica ironia del business (pecunia non olet, dicevano i latini), nel caso Blue power, oltre ai dalemiani, spunta anche il Giglio magico. Che, dopo aver introdotto in Israele l’azienda pugliese, ha, però, causato all’imprenditore dalemiano Francesco Nettis una seconda cocente delusione, quasi coeva di quella subita nell’ambito di un progetto condiviso con Eni in Norvegia. Quest’ultimo caso, come abbiamo già scritto, ha innescato un contenzioso internazionale risolto con una transazione da circa 35 milioni di euro siglata nel 2020. La Blue power lamentava la violazione di accordi commerciali stipulati tra il 2010 e il 2012 riguardanti la tecnologia Cng (acronimo di «gas naturale compresso») che l’azienda pugliese avrebbe dovuto sviluppare come «contrattista principale» per consentire alla norvegese Statoil, in tandem con l’Eni, di gestire il giacimento Goliat nel mare di Barents. Ma il Cane a sei zampe non avrebbe messo in atto le migliori strategie per convincere la Statoil a utilizzare i brevetti di Blue power. E così, nell’ottobre del 2013, i norvegesi scrissero: «Comprendiamo il vostro interesse strategico in Cng. Tuttavia non crediamo che sia la giusta soluzione per Goliat. L’economia del progetto è scarsa e il restante rischio tecnico e commerciale è elevato». Dopo questa delusione, Nettis mise in campo un dalemiano doc, l’imprenditore e lobbista Roberto De Santis, per provare a portare a casa un secondo ipotetico grosso affare, questa volta facendo sponda con il Giglio magico. Infatti De Santis si rivolse a Marco Carrai, ex influente consigliere di Matteo Renzi e noto alle cronache per i suoi rapporti privilegiati con Israele (di cui è anche console). Ma la curiosa collaborazione tra dalemiani e renziani ha portato a un nulla di fatto. L’interesse della Blue power era di applicare la tecnologia Cng all’estrazione di gas metano dal gigantesco bacino di Levante dove in quel momento erano iniziate le trivellazioni. Carrai, sempre disponibile a sostenere le aziende italiane desiderose di sbarcare in Terra santa, trova subito un contatto in Israele. Dove presenta De Santis come «advisor» di Blue power. Da Gerusalemme riferiscono di essere interessati al progetto e fissano un incontro. Nettis è entusiasta di poter dimostrare l'idoneità della sua «innovativa tecnologia Cng marina» per lo sfruttamento dei giacimenti di gas offshore e la fornitura di metano ai Paesi e alle isole del Mediterraneo orientale. Un brevetto che prometteva di comprimere il gas oltre che sulla terraferma anche a bordo di navi ormeggiate sopra il giacimento sottomarino e appositamente attrezzate con un impianto di compressione e contenitori di fibra di carbonio. Il 21 ottobre 2014 è pronta a volare in Medio oriente una delegazione composta da Nettis, De Santis, il tecnico Vanni Tomaselli e l’ingegnere Salvatore Carollo, ex manager Eni passato in Blue power come consigliere d’amministrazione e direttore dello sviluppo, con l’incarico di portare avanti il progetto Cng. Improvvisamente, però, accade qualcosa di inaspettato. Carrai comunica ai suoi interlocutori che gli israeliani hanno ordinato di bloccare gli incontri, poiché le riunioni, avendo all’ordine del giorno temi strategici, devono essere concordate con il consigliere nazionale per la sicurezza che il renziano dovrebbe incontrare a breve. Adeguarsi alla richiesta è l’unico modo per procedere veloci ed evitare uno stallo delle trattative. Nettis e De Santis riescono a non salire sull’aereo, mentre gli altri due membri della delegazione, essendo già in volo, atterrano regolarmente a Tel Aviv. A Carollo e Tomaselli viene promesso un incontro con alcuni tecnici, con il ministro competente e un briefing con il responsabile del Programma per l’Energia del primo ministro Benjamin Netanyahu. De Santis spiega così alla Verità il suo ruolo: «Il padre di Francesco Nettis, che si era ritirato in Argentina, mi chiese di dare una mano al figlio. L’ho fatto per spirito di amicizia. Io “advisor” in Israele? Conoscevo Marco Carrai e gli chiesi se potesse prendere in considerazione questa cosa di Blue power. Certo non poteva presentarmi all’estero come “amico” di Nettis, anche se, al massimo, sono stato l’“advisor personale” di Francesco, una specie di sherpa, giusto per dargli una mano. Carrai aveva relazioni in quel mondo e gli chiesi se potesse verificare se ci fosse un interesse. Alla fine l’incontro non si fece proprio. Venne fissato un appuntamento per Nettis che saltò. Non c’è stato altro. Non ho ricevuto compensi né incarichi formali». Come sia andata a finire la trattativa ce lo spiega Carollo, che l’ha seguita più da vicino: «Mi ricordo che abbiamo incontrato il ministro dell’Energia Silvan Shalom a Tel Aviv presso l’ambasciata italiana. Ci disse che il progetto era interessante e che ne avrebbe riparlato volentieri a Roma, dove sbarcò dopo circa due settimane. Lì discutemmo anche con alcuni tecnici. Ma dopo poco tempo il governo cadde, la crisi durò circa sei mesi e Shalom non riprese il suo posto nel nuovo gabinetto». In effetti nel dicembre del 2014 il premier Netanyahu cacciò due ministri che guidavano altrettanti partiti laici della coalizione di maggioranza a causa dei contrasti su una legge riguardante l’identità ebraica. A marzo ci furono nuove elezioni e Shalom, ex giornalista, entrò nel nuovo governo con il ruolo di vicepremier e di ministro dell’Interno. A dicembre fu costretto alle dimissioni e a lasciare anche il Parlamento a causa delle accuse di molestie sessuali che gli mossero 11 donne. «Con il nuovo gabinetto, che si insediò a maggio, non ci fu il tempo per riprendere il discorso, anche perché io a luglio lasciai il mio posto in Blue power» continua Carollo. Per quanto tempo ha collaborato con l’azienda pugliese? «Due anni esatti. Iniziai non appena me ne andai dall’Eni. La mia vecchia azienda stava portando avanti un progetto con Blue power e per questo, accettando la loro proposta, non violavo gli accordi di non concorrenza». Perché ha lasciato la società di Nettis? «Per disaccordi. Non vedevo investimenti. Per esempio non hanno mai realizzato un prototipo del progetto Cng». Di che modello parla? «Un contenitore di fibra di carbonio che avrebbe dovuto tenere dentro gas compresso a oltre 200 atmosfere. Secondo me avrebbero dovuto presentarlo nell’ultima decisiva riunione con i norvegesi. E non averlo fatto sicuramente ha influito negativamente sull’opinione della Statoil». E quanto sarebbe costato questo prototipo? «Circa mezzo milione di euro». Davvero un investimento minimo rispetto ai potenziali ricavi multimilionari come general contractor del progetto, il ruolo che la Blue power avrebbe ricoperto sia in Norvegia che in Israele. Chiediamo a Carollo se sia a conoscenza delle dichiarazioni del faccendiere Piero Amara sulla transazione tra Blue power ed Eni, di cui il legale pluripregiudicato sostiene di essersi interessato: «Ho letto passi dei verbali e la trascrizione di alcune registrazioni, mi sembrano frasi di chi non conosce in nessun modo l’argomento». Blue power ha mai pagato D’Alema? «Non mi risulta. Sicuramente non attraverso il conto inglese della società di cui io facevo parte. Inoltre in nessuna sede della Blue power mi è mai capitato di incontrare né D’Alema, né altri uomini politici». De Santis? «Lui sì, per me era un amico di famiglia dei Nettis, una persona che ho incrociato in diversi eventi sociali». E con Amara ha intrattenuto rapporti? «Molte volte anche perché era un avvocato esterno dell’Eni e i suoi figli frequentavano la stessa scuola inglese dei miei». Gli ha parlato anche dell’affare Cng? «No. Quando ho lasciato Blue power mi ha contattato per farsi aiutare a fondare una società di trading petrolifero, ma poi lasciai perdere perché non intendevano procedere secondo le regole internazionali che io avevo suggerito». E che cosa aveva proposto? «Dovevano dare uno standing all’azienda, assicurare la trasparenza dei processi negoziali, dei pagamenti ecc. ecc. Ho messo per iscritto un memorandum di regole da seguire, che non è mai stato preso in considerazione». Un capitolo della storia che, però, non riguarda né D’Alema, né il Giglio magico.
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.