Le critiche dell'Agcom al piano del vecchio ad («L'operazione non dà vantaggi agli azionisti») offrono un assist al fondo americano, che attacca i rivali francesi: «Vivendi ha distrutto valore e fatto perdere un anno al Paese». Il titolo cala del 2,62%.L'Agcom offre un assist a Elliott per tornare a premere l'acceleratore sullo scorporo della rete Telecom. Dopo un'analisi del dossier, l'Agcom avrebbe infatti concluso (la decisione finale è attesa entro fine di giugno) che il progetto di separazione volontaria della rete Tim non cambierebbe in modo sostanziale il contesto di mercato. Come ha sottolineato l'Autorità, lo scorporo della rete in una società ad hoc «non cambia la posizione di Tim che rimane un soggetto con una significativa forza di mercato ai fini della definizione di mercato rilevante, sia per quanto riguarda la tipologia merceologica sia in relazione al livello di mercato».Una valutazione che, ha spiegato un portavoce del fondo Elliott, «conferma come il progetto di Vivendi di mantenere l'intero capitale di Netco (l'entità proprietaria della rete di accesso che nella proposta di Tim rimane al 100%, ndr) in Tim non solo non crei valore per gli azionisti, ma venga considerata insufficiente dalla stessa autorità anche per un cambiamento del quadro regolatorio».Il rappresentante del fondo americano osserva poi come i recenti risultati finanziari e la decisione dell'authority delle Tlc evidenzino «che le decisioni del precedente cda sotto il controllo di Vivendi - motivate da presunte ragioni industriali - hanno avuto come risultato un anno di distruzione di valore e di tempo perso a spese di Tim, dei suoi azionisti, e dell'intero Paese». Il fondo di Paul Singer ritiene pertanto che l'attuale cda debba rompere gli indugi e «intraprendere senza ulteriori ritardi i passi necessari per la creazione e la separazione di una rete unica, che possa creare valore per l'azienda e i suoi dipendenti, per gli azionisti e per il sistema Paese».Insomma, le valutazioni che l'Agcom ha messo nero su bianco in un documento di 454 pagine pubblicato sul sito dell'Autorità (un provvedimento voluto per avviare la procedura di consultazione pubblica che durerà 45 giorni) avranno di certo un grande impatto sul nuovo piano industriale che l'ad Luigi Gubitosi presenterà il prossimo 21 febbraio. Il progetto, va ricordato, è stato realizzato inizialmente in larga parte dall'ex ad e dg Amos Genish (Gubitosi è arrivato solo il 18 novembre scorso) e soprattutto prima che il governo approvasse all'interno del decreto fiscale gli incentivi per l'integrazione delle reti a banda ultralarga di Tim e Open fiber.In tutto questo resta di fondamentale importanza conoscere la posizione di Cassa depositi e prestiti. Anche perché, tra i nodi da sciogliere, c'è ancora da capire chi avrebbe la maggioranza della nuova società frutto dell'unione tra Tim e Open fiber, due società al momento partecipate da Cdp. Fino a ora il presidente Massimo Tononi ha fatto sapere che Cdp non intende salire oltre il 5% di Tim, aggiungendo che la finanziaria di Stato al momento si limita a comportarsi da osservatore esterno. In realtà, però, il manager aveva aperto alla possibilità di una rete unica riferendosi alle iniziative dell'esecutivo: «Le iniziative del governo ci sembrano ragionevoli, ma quello che accadrà in futuro va lasciato alle società coinvolte».«Il controllo della rete è uno dei principali punti di discordia tra Vivendi ed Elliott», ha ricordato ieri la banca di investimento Intermonte in un report, «Il governo e Cdp devono chiarire il loro piano, supponendo che ne abbiano uno, così che Tim possa dire se accetta le condizioni o no. L'alternativa è andare avanti con la struttura attuale: in questo caso, pensiamo che la strategia di Tim sarà quella di estrarre i massimi ritorni dagli investimenti fatti fino a oggi e cercare di combinarli con la tecnologia 5G».Inoltre, il problema della continua lotta tra Vivendi e Elliot è un'altra spina nel fianco per lo sviluppo della società. Da un lato c'è il fondo Elliot (che oggi ha dieci consiglieri su 15 in cda) che spinge per una società della rete da aprire anche a terzi, dall'altro c'è Vivendi che si dimostra sempre arroccata sul controllo dell'infrastruttura. Un'eterna battaglia che non porta a molto. Quando, invece, entrambe le società potrebbero spendere meglio il loro tempo pensando al futuro di Telecom. Tra tante incognite, però, l'unica certezza è che ora il titolo Telecom è ai minimi dal 2013. Ieri, dopo l'analisi di Agcom, il titolo è sceso ancora del 2,62% a 0,475 euro, facendo passare di mano 138 milioni di azioni, pari allo 0,9% del capitale. A ogni modo, gli analisti non sembrano pessimisti. Per Equita il titolo è da comprare e potrebbe risalire a 0,55 euro in futuro. «Agcom non boccia la separazione», sottolineano gli esperti, ma «ritiene che la separazione legale non accompagnata da una modifica del controllo della Netco non sia sufficiente per una riduzione dei principali obblighi regolatori. La decisione finale di Agcom dopo il periodo di consultazione potrebbe quindi cambiare se Tim presentasse un aggiornamento al piano di separazione della rete con una percentuale di possesso diversa dal 100%».
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