2024-10-31
Sfregio di Elkann al Parlamento: rifiuta l’audizione alla Camera
No del presidente Stellantis che sostiene: «Nessun disimpegno». Sdegno bipartisan. La Meloni: «Una mancanza di rispetto».Lo scorso 11 luglio all’evento organizzato al Lingotto per festeggiare i 125 anni della Fiat, il presidente di Stellantis, John Elkann, aveva ricordato come «l’attenzione per le persone e le comunità» sia sempre stata «fondamentale nella nostra storia» citando anche le colonie Fiat «che hanno permesso a migliaia di bambini di conoscere il nostro mare e le nostre montagne». Insomma, il gruppo degli Agnelli ha fatto tante cose buone. Però ha attraversato anche «crisi, guerre, calamità naturali». Nel frattempo, negli ultimi nove anni, tra cassa integrazione, agevolazioni per assunzioni e contratti di espansione, agli italiani la Fiat è costata 887 milioni. Del resto, come diceva il nonno Gianni, la fabbrica è la nazione. Dipende. Non lo è quando c’è da andare in Parlamento per confrontarsi su come salvaguardare il futuro della filiera automotive italiana. Il nipote dell’Avvocato ha rispedito al mittente la richiesta di audizione. Elkann non andrà in Parlamento perché non ha nulla di più da dire rispetto al ceo, Carlos Tavares, ha spiegato in una lettera al presidente della commissione Attività produttive della Camera, Alberto Luigi Gusmeroli (Lega). Insomma, declina l’invito. «Apprendo con sconcerto che il presidente di Stellantis non vorrebbe riferire in Parlamento sulla situazione aziendale», ha subito scritto in una nota il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana, sottolineando che «scavalcare il Parlamento sarebbe un atto grave». Nel pomeriggio Elkann ha parlato al telefono con Fontana, ma la sua posizione non è cambiata e anzi ha difeso l’operato del gruppo: «In questi decenni gli stipendi, gli oneri fiscali e previdenziali versati, la bilancia commerciale, gli investimenti fatti e le competenze che abbiamo formato, hanno superato di gran lunga i contributi ricevuti in Italia. E lo rivendichiamo con orgoglio, essendo la più importante realtà industriale che opera in Italia. Stellantis da quando è nata (2021) ha investito in Italia 2 miliardi di euro all’anno, siamo a 6 miliardi di euro». E ancora: «In questi anni non c’è stato nessun disimpegno in Italia; c’è stato solo un grande sforzo per orientare la nostra attività verso il futuro con prodotti competitivi». Universi quasi paralleli, almeno rispetto a quello degli operai. Gusmeroli ieri ha risposto a Elkann rinnovandogli la richiesta di audizione congiunta dinanzi alle commissioni parlamentari di Camera e Senato, e ricordandogli che «il Parlamento è certamente il luogo principe per proseguire il dialogo positivo e costruttivo tra i cittadini, le istituzioni e gli attori industriali che hanno fatto la storia del nostro Paese. In quest’ottica, a maggior ragione considerato il delicato periodo storico che stiamo vivendo, reputo la sua presenza ancora più necessaria, alla luce anche della disponibilità a un dialogo franco e rispettoso da lei rappresentata». In apertura delle audizioni informali con i sindacati della filiera automotive e con le opposizioni, ieri mattina l’esponente della Lega ha spiegato che «il presidente John Elkann rappresenta gli shareholder e un gruppo che «ha dato, ma dal Paese ha anche ricevuto moltissimo». Durissima Giorgia Meloni: «Elkann non ha detto solo di no, ha detto no perché aspetto il tavolo del governo: temo che a John Elkann sfuggano dei fondamentali della Repubblica italiana» perché «sono due cose completamente diverse, una non esclude affatto l’altra, siamo una Repubblica parlamentare, questa mancanza di rispetto verso il Parlamento me la sarei evitata». Dal ministero del Made in Italy filtra una forte irritazione di Adolfo Urso. E fonti del Mimit ricordano che il tavolo era stato convocato per ieri mattina e non prima proprio perché attendevano la calendarizzazione dell’audizione di Elkann in Parlamento, non solo come presidente di Stellantis, ma per ciò che rappresenta Exor in Italia con le sue molteplici attività. Il tavolo Stellantis è stato riconvocato per giovedì 14 invitando a partecipare i rappresentanti dell’azienda, delle Regioni sede di stabilimenti produttivi, delle organizzazioni sindacali e dell’Anfia, l’associazione che rappresenta la filiera. Intanto, lo sconcerto è bipartisan. Per il capogruppo di Fdi alla Camera, Tommaso Foti, il rifiuto di Elkann «è vergognoso e scandaloso». Per l’intero partito della Lega si tratta di una «vergognosa offesa alle istituzioni». Per il leader di Azione, Carlo Calenda, è un «grave sgarbo istituzionale». Il segretario del Pd, Elly Schlein, afferma la necessità di «stigmatizzare l’atteggiamento del presidente di Stellantis» e anche il capo dei 5 stelle, Giuseppe Conte, chiede che Elkann si presenti in Parlamento. Sullo sfondo, ricordiamo che sarebbe opportuno presentarsi in Parlamento in quanto cittadino italiano, in quanto presidente di un gruppo che ha promesso di produrre un milione di veicoli mentre quest’anno arriverà forse alla metà in un mercato dove ci sono quindi margini per crescere, dove si acquistano 1,5 milioni di vetture ma dove l’auto più venduta è la Dacia Sandero di Renault. Elkann deve inoltre evitare uno scontro come quello aperto negli Usa dove Democratici e Repubblicani si sono schierati col sindacato e minacciano di bloccare i fondi. E i sindacati cosa dicono? «Noi abbiamo chiesto e continuiamo chiedere che sia direttamente la presidenza del consiglio a convocare Stellantis, la componentistica, le associazioni», ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, incalzato su Stellantis. Per Landini il problema sono più la legge di bilancio e il taglio al fondo automotive annunciato da Urso. Poi il leader della Cgil ha aggiunto: «La Fiat non c’è più da un po’ di anni. E la famiglia Agnelli non comanda più. Nessuno se n’è accorto, dove sono stati in questi anni tutti quelli che oggi dicono che c’è un problema?». Landini è lo stesso che si girò dall’altra parte quando ci fu la possibilità di far entrare un rappresentante del sindacato nel cda del gruppo nei mesi della fusione Peugeot-Fca. Perdendo così l’occasione di avere voce in capitolo nel luogo deputato a prendere e ratificare le principali decisioni per la vita dell’azienda.
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