2020-12-26
Le ombre sulla vittoria di Ouattara, l'uomo di Macron in Costa d'Avorio
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Lo scorso 14 dicembre si è tenuta ad Abidjan la cerimonia d'insediamento del presidente ivoriano Alassane Ouattara, che sta iniziando il suo terzo mandato. Per l'occasione, si sono recati nella città non soltanto tredici capi di Stato africani, ma anche alcune alte personalità della politica francese: dall'attuale ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian, all'ex presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy. Due presenze, queste ultime, assolutamente di peso, che evidenziano lo strettissimo legame che intercorre tra Parigi e l'attuale presidente ivoriano. Ricordiamo del resto che Ouattara debba (in buona sostanza) proprio alla Francia la sua ascesa al potere. Nell'aprile del 2011, Sarkozy intervenne militarmente per deporre l'allora presidente ivoriano Laurent Gbagbo: una mossa che riscosse l'apprezzamento di Barack Obama e Hillary Clinton che - in quello stesso periodo - erano impegnati, proprio a fianco di Sarkozy, nell'intervento bellico in Libia contro Muammar Gheddafi. Emmanuel Macron, dal canto suo, ha costantemente spalleggiato Ouattara in questi anni. Un appoggio che tuttavia sembra non tener conto delle opacità che hanno caratterizzato le ultime elezioni presidenziali locali, tenutesi lo scorso 31 ottobre.In primo luogo, ricordiamo che Ouattara si è candidato per un terzo mandato, quando - a marzo - aveva annunciato che non lo avrebbe fatto. La decisione di ripresentarsi è stata ufficialmente presa, quando il suo delfino, il premier Amadou Gon Coulibaly, è morto lo scorso luglio. E qui sorge già la prima stranezza: era noto da tempo che le condizioni di salute del sessantunenne Coulibaly non fossero ottimali. Nel 2012, era stato sottoposto a un trapianto di cuore e lo scorso 2 maggio si era recato in Francia per l'inserimento di uno stent. Durante un consiglio dei ministri dell'8 luglio, il premier aveva accusato un malore: è stato quindi portato in ospedale, dove è deceduto. Senza perdersi in dietrologie, è quantomeno bizzarro che - in una situazione politica difficilissima e tesa come quella che si registra da tempo in Costa d'Avorio - il presidente in carica abbia scelto come proprio successore una figura con evidenti problemi di salute.In secondo luogo, non dimentichiamo che gran parte delle forze di opposizione abbia boicottato le elezioni dello scorso ottobre. Le polemiche sono infatti piovute numerose. Ouattara è stato criticato per essersi candidato a un terzo mandato: un'accusa che il presidente ha respinto, sostenendo che le elezioni si sono tenute dopo la riforma costituzionale del 2016 e che quindi - quello appena iniziato - risulti il primo mandato della nuova Repubblica. Una situazione non troppo cristallina che non ha tuttavia incontrato resistenze o condanne da parte della Francia. Un fatto ben strano, visto che - appena un mese fa - Macron aveva accusato su Jeune Afrique il presidente della Guinea, Alpha Condé, di aver riformato la Costituzione con l'unico scopo di restare al potere.In terzo luogo, va anche sottolineato che ad alcuni leader dell'opposizione sia di fatto stato impedito di prendere parte alle ultime elezioni. A metà dello scorso settembre, France24 riportò che il Consiglio costituzionale della Costa d'Avorio avesse vietato all'ex presidente Gbabo di candidarsi, a causa - fu detto - di una condanna penale che aveva ricevuto. Ora, indipendentemente da come la si possa pensare sul merito della sentenza, giova forse ricordare che gli attuali componenti del Consiglio siano stati nominati proprio da Ouattara. Sarà del resto un caso, ma quel pronunciamento (che ha suscitato proteste e tensioni in alcune aree del Paese) ha di fatto reso il presidente uscente un candidato imbattibile: il secondo classificato è infatti stato Kouadio Konan Bertin, un indipendente che si è fermato al 2% dei consensi. Ouattara - al contrario - ha vinto (stando ai dati ufficiali) con il 95% sulla base di un'affluenza del 54%.È in questo difficile quadro che si sono levate preoccupazioni sull'integrità del processo elettorale. Lo scorso primo novembre, Bloomberg News riferì che l'Electoral Institute for Sustainable Democracy in Africa e il Carter Center avessero espresso dubbi sul fatto che quelle ivoriane potessero rivelarsi elezioni «genuinamente competitive», denunciando inoltre «restrizioni alle libertà civili, alla libertà di espressione e al diritto di voto». Un cittadino ivoriano residente in Italia ha tra l'altro raccontato a La Verità di non essere riuscito a votare alle presidenziali di ottobre. Costui si era recato in giugno all'Ufficio per il Turismo della Repubblica della Costa d'Avorio per essere registrato come elettore. In loco gli era stato comunicato che sarebbe stato contattato per ritirare la scheda elettorale. Il tempo passava e non riceveva aggiornamenti. Quando ha ricontattato l'ufficio, gli è stato detto che la scadenza per i reclami era già trascorsa e che ne era stata data notizia: notizia che lui non aveva tuttavia mai ricevuto. Risultato: non ha potuto votare e si è ritrovato inserito nelle liste elettorali soltanto ex post.Insomma, le elezioni di ottobre non sono state un esempio di trasparenza. Eppure la presenza di Le Drian all'insediamento di Ouattara conferma ulteriormente l'appoggio di Parigi al presidente ivoriano. Non bisogna d'altronde trascurare che, per Macron, la Costa d'Avorio costituisca innanzitutto un presidio geopolitico per il mantenimento dell'influenza francese nel continente africano. In secondo luogo, non dimentichiamo la sfera economica. Basti pensare che, negli ultimissimi anni, l'imprenditore Vincent Bolloré abbia investito centinaia di milioni di euro nel porto di Abidjan. In un'intervista rilasciata lo scorso ottobre a Paris Match, Ouattara ha assicurato che Macron non fosse coinvolto nella politica ivoriana e che volesse realmente porre un termine alla Françafrique. Sarà, ma i fatti suggeriscono il contrario.