
Confindustria: «Crediamo in Salvini». L'ex ministro Carlo Calenda: «Vergogna». La replica: «Pensa alla cena...»C'è una foto del 23 maggio scorso durante l'assemblea di Confindustria che ritrae uno accanto all'altro e sorridenti Vincenzo Boccia e Carlo Calenda. È una cartolina ingiallita in appena quattro mesi. Perché lo scontro di ieri a Vicenza e su Twitter tra il presidente degli industriali italiani e l'ex ministro dello Sviluppo economico, con il primo che dice di credere «fortemente nella Lega» al governo e il secondo che parla di scelta «vergognosa», segna per sempre la fine di un'epoca. E allo stesso tempo la rottura tra i due mette una pietra sopra alle aspirazioni politiche di Calenda, se mai ci sono state, come al futuro confindustriale di Boccia: due amici da una vita, uniti nel piano nazionale industria 4.0 del governo Renzi come nel fallimento del referendum istituzionale del 4 dicembre del 2016. I tempi cambiano. Il governo gialloblù di Giuseppe Conte ha fatto sentire il fiato sul collo in questi mesi ai vertici di viale dell'Astronomia. Non è un caso che proprio ieri all'assemblea di Vicenza, con gli industriali veneti da sempre in guerra con il potere romano, fosse ospite il viceministro dell'Economia Massimo Garavaglia, il leghista che ha in mano quella bozza di decreto per togliere le partecipate statali, come Eni o Leonardo, da Confindustria, una norma che - se inserita nella legge di bilancio - porterebbe diverse sedi territoriali del Sud al collasso economico. Chi era presente racconta di come Garavaglia abbia convinto Boccia nel suo intervento. Ma di sicuro il cambio di opinione del presidente, che nemmeno un mese fa aveva minacciato di scendere in piazza a manifestare contro l'esecutivo, disegna un quadro desolante dell'associazione degli industriali italiani e più in generale di tutta l'opposizione. Per di più, Boccia rinfaccia a Calenda l'incapacità di avere un futuro in politica. «Ci dà consigli dicendo che siamo una categoria debole», attacca, «sapendo che lui nemmeno riesce a organizzare una cena a casa sua con i membri del suo partito». Al contempo l'ex numero uno del Mise gli risponde così: «Prendere lezioni da chi organizza solo cene e convegni e ha quasi fatto fallire l'unica azienda che possiede, il Sole 24 Ore, mi sembra troppo». Pesci in faccia. C'eravamo tanto amati. Titoli di coda. Il punto poi è un altro. Calenda si aspettava un appoggio da parte degli industriali per la sua discesa in campo, forte anche di quel piano per l'industria 4.0 che aveva portato al governo. Ma l'aria è cambiata. Boccia lo ha capito, anche perché in una delle fasi storiche più difficili per Confindustria, soprattutto dopo le accuse della Consob alla gestione del Sole 24 Ore dell'epoca di Roberto Napoletano: l'isolamento rispetto al governo avrebbe peggiorato ancora di più la situazione. Per di più, in questi mesi, le richieste di un incontro al leader della Lega e viceministro Matteo Salvini sono state tutte rispedite al mittente. Il problema, però, è più profondo. Riguarda il futuro stesso di Confindustria, che nel maggio del 2019 dovrà nominare il nuovo consiglio generale che farà da apripista alla successione di Boccia nel 2020. Tutti sperano nella nomina di un lombardo o del Nord, magari del settore manifatturiero. Ma nei corridoi di viale dell'Astronomia è già in corso una guerra senza esclusione di colpi, con la componente romana ormai alle strette e in cerca di una via di fuga per la sopravvivenza. A quanto pare le truppe capitanate dal direttore generale Marcella Panucci, da Giancarlo Abete e dalla toscana Antonella Mansi, starebbero muovendo verso l'occupazione dell'Università Luiss. Si tratterebbe di una ridotta per continuare a contare qualcosa. Il prossimo anno scade la presidenza di Emma Marcegaglia all'ateneo, e secondo consuetudine quel posto spetterebbe al presidente uscente, cioè a Boccia stesso. Ma il gruppetto romano vorrebbe impedirglielo, nominando alla presidenza della Luiss l'avvocato Paola Severino e come direttore generale al posto di Giovanni Lo Storto la Panucci, nel caso in cui questa non si riuscisse a sistemarsi altrove, essendo la sua stagione confindustriale ormai giunta alla fine. Sono screzi che danno la tara su una situazione sempre più insostenibile, dove Boccia tenta di sopravvivere, cercando aiuto nel governo e tagliando fuori proprio l'attuale direttore generale che lo costrinse ad appoggiare il referendum renziano del 2016. Si salvi chi può.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
Le motivazioni per la revoca di alcuni arresti: «Dalla Procura argomentazioni svilenti». Oggi la delibera per la vendita di San Siro.
2025-09-17
Dimmi La Verità | Giorgio Gandola: «Trattative nel centrodestra per le candidature delle Regionali»
Ecco #DimmiLaVerità del 17 settembre 2025. Il nostro Giorgio Gandola commenta le trattative nel centrodestra per la candidatura a presidente in Veneto, Campania e Puglia.
- Alla vigilia delle elezioni in Cile, la sinistra radicale del presidente Gabriel Boric è in crisi. Osteggiato da Trump, il governo di Santiago ha fatto impennare il debito pubblico negli ultimi anni dopo essere stato per anni la guida del capitalismo sudamericano. E Pechino ha forti mire sulle terre rare che abbondano nel Paese.
- La saga della famiglia Alessandri. Il capostipite Pietro emigrò dalla Toscana dopo i moti del 1820-21, fondando una dinastia che diede al Cile due presidenti e dominò per decenni la politica nazionale.