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Esposti in Consob e Procura contro «Il Sole»

L'atmosfera al Sole 24 Ore si fa rovente. Scusate il gioco di parole, ma stavolta è d'obbligo. Si affollano, infatti, tensioni, stress finanziari e soprattutto tre esposti. Il primo, diretto alla Consob, da parte di un azionista preoccupato per l'andamento del titolo e per la trasparenza. Il secondo da parte dell'associazione Adusbef, guidata da Elio Lannutti. Il quale ha poi aggiunto materiale e girato il plico alla procura di Milano. Ipotizzando, nell'esposto, il reato di manipolazione del mercato e falso in bilancio.

Con queste lettere sul tavolo, l'attuale ad, Gabriele Del Torchio, si appresta a presentare i conti. Da indiscrezioni la perdita sarebbe sui 32 milioni di euro. E probabilmente si attesterà su questi valori. Se dovesse sfondare la soglia dei 40 milioni di rosso, le perdite complessive degli ultimi sette anni arriverebbero a 300 milioni. Non solo bruciando il tesoretto di Borsa, ma anche imponendo una ricapitalizzazione. La soglia dei 50 milioni farebbe invece scattare l'allarme di massima entità.

Secondo quanto risulta a La Verità, con tali perdite uno dei principali istituti bancari avrebbe fatto sapere di volersi sfilare dalla partita. In parole povere, per il Sole sarebbe una batosta. Il debito diventerebbe insostenibile senza l'aiuto del sistema bancario. E questo renderebbe il 2017 una vera grana per l'attuale presidente di Confindustria. Vincenzo Boccia si ritrova a dover fare una maxi operazione di pulizia. Tutte problematiche ereditate dalla gestione di Benito Benedini, precedente amministratore delegato. A partire dalla gestione delle copie, le buone uscite concesse, le multe per gli sforamenti delle chiusure di stampa del quotidiano, fino alla riconferma del direttore Roberto Napoletano avvenuta nel periodo di interregno tra Squinzi e Boccia e senza passare dal comitato retribuzioni.

Si dice che quando Boccia abbia visto la reale situazione del quotidiano di Viale dell'Astronomia gli si siano rizzati i capelli. Non sappiamo cosa abbia visto. Ci limitiamo a riportare i dubbi che gli esposti girano a chi di dovere. L'autorità di Vigilanza, prima, e la Procura, dopo, si troveranno a studiare le richieste di trasparenza. Doverose per tutti gli investitori di Piazza Affari.

Contattato da La Verità, l'azionista veneto che si è rivolto alla Consob punta il dito su spese e consulenze. Mentre l'esposto Adusbef alla Consob, del 1 giugno scorso, nella sostanza si riassume così: «Negli ultimi due anni, a ogni scadenza trimestrale, il gruppo Sole 24 Ore ha inondato il mercato d'informazioni trionfaliste sull'andamento della società: una sfilza interminabile di notizie che hanno rappresentato e rappresentano un quadro della realtà aziendale in forte crescita su tutti i fronti. Puntualmente soltanto poche righe davano conto di perdite importanti all'ultima riga dei comunicati ufficiali. In contemporanea l'allora presidente, Benito Benedini, ha proclamato in più occasioni pubbliche l'avvenuto, definitivo risanamento del gruppo». Nel frattempo le quotazioni del titolo sono crollate. In cinque anni il valore si è più o meno dimezzato.

«Nelle settimane scorse», prosegue l'esposto a firma Elio Lannutti, «il nuovo presidente, Giorgio Squinzi, ha dichiarato in una intervista al Corriere della Sera e nell'intervento all'ultima assemblea di Confindustria che il gruppo Sole 24 Ore è tutt'altro che risanato. Trattandosi di una società quotata la Consob avrebbe il dovere di ufficio di fare chiarezza sullo stato effettivo dei conti». Per questo motivo l'esposto è stato girato anche alla Procura di Milano.

E sui ricavi delle copie digitali ci sarà da porre attenzione perché, andando a leggere le carte spedite alla Vigilanza, si evince che i ricavi delle copie multiple sarebbero di gran lunga inferiori a quelli che dovrebbero risultare dalle copie dichiarate. «Qual è la redditività effettiva delle vendite del quotidiano annunciate dalla società?», si chiede l'Adusbef. Tralasciando tutti i numeri, forse basterebbe andare a calcolare gli effettivi download e i luoghi di origine degli abbonamenti per fare luce su questa vexata questio. Nel frattempo tutto resta in stand by. In attesa della fatidica data del 30 settembre. L'altro giorno nella redazione del quotidiano salmonato si è tenuta una assemblea dei giornalisti che per un pelo non ha sfiduciato il direttore. Chissà cosa succederà alla prossima assemblea.

Contro Mosca l’Ue arruola pure i monumenti
Kaja Kallas (Ansa)
I ministri della Cultura lanciano un appello per far fronte alla presunta minaccia di Vladimir Putin, invocando perfino l’uso del cinema per promuovere i valori dell’Unione. E Kaja Kallas manipola la storia: «Russia mai attaccata negli ultimi 100 anni». Scorda i nazisti...

Il circolo culturale di Bruxelles è salito in cattedra. Non trovando una strada percorribile e condivisa per mettere fine alla guerra in Ucraina, l’Unione europea ha deciso di buttarla sulla Storia, sulle infrastrutture culturali, sulla «resilienza democratica», «sui contenuti dai valori comuni». Armiamoci e studiate. Così ti viene il dubbio: stai a vedere che Fedor Dostoevskij torna ad essere praticabile nelle università italiane e il presidente Sergio Mattarella fra otto giorni va alla prima della Scala ad applaudire Dmitrij Sciostakovic. Niente di tutto questo, con la Russia non si condivide nulla. Lei rimane fuori, oltrecortina: è il nemico alle porte.

Zelensky braccato per Tangentopoli. Si dimette il braccio destro Yermak
Volodymyr Zelensky e il suo braccio destro, Andriy Yermak (Ansa)
Perquisiti dall’Anticorruzione uffici e abitazione del «Cardinale verde»: parte dei fondi neri sarebbe servita a procurargli una casa di lusso. Lui e l’indagato Rustem Umerov dovevano strappare agli Usa una pace meno dura.

Alì Babà. Nelle mille ore (e mille e una notte) di registrazioni, che hanno permesso alle autorità ucraine di ascoltare i «ladroni» della Tangentopoli di Kiev, era quello il nome in codice di Andriy Yermak, braccio destro di Volodymyr Zelensky. Ieri, dopo un blitz degli agenti, è stato costretto a lasciare il suo incarico di capo dello staff del presidente. La Procura anticorruzione (Sapo) e l’Ufficio anticorruzione (Nabu) hanno condotto perquisizioni nel suo appartamento e nei suoi uffici. Non risulta indagato, ma la svolta pare imminente: la testata Dzerkalo Tyzhnia sostiene che a breve saranno trasmessi i capi d’imputazione.

Il Quirinale prepara un altro sgambetto
Sergio Mattarella (Getty Images)
Rotondi: «Il presidente ha detto che non permetterà di cambiare le regole a ridosso del voto». Ma nel 2017 fu proprio Re Sergio a firmare il Rosatellum a 4 mesi dalle urne. Ora si rischia un Parlamento bloccato per impedire di eleggere un successore di destra.
Augusto Minzolini riferisce una voce raccolta da Gianfranco Rotondi. Durante un incontro tenuto con l’associazione che raggruppa gli ex parlamentari, Sergio Mattarella si sarebbe lasciato andare a un giudizio tranchant: «Non permetterò che si faccia una legge elettorale a ridosso del voto. Abbiamo avuto l’esperienza del Mattarellum, che fu approvato poco prima delle elezioni, e diversi partiti arrivarono alle urne impreparati. Bisogna dare il tempo alle forze politiche di organizzarsi e prepararsi alle nuove elezioni». Lasciamo perdere il tono usato dal capo dello Stato («non permetterò…» sembra una frase più adatta a un monarca che al presidente di una Repubblica parlamentare, ma forse l’inquilino del Quirinale si sente proprio un sovrano) e andiamo al sodo.
Garofani ha fatto esaurire la bufera e ora sfoggia l’arroganza del potere
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Il consigliere anti Meloni applica il detto siciliano: «Piegati giunco che passa la piena».

La piena è passata e il giunco Francesco Saverio Garofani può tirare un sospiro di sollievo. Da giorni tutto tace e il consigliere di fiducia del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sorveglia rinfrancato gli umori dei palazzi e i tam-tam dei media. Calma piatta, le ostilità si sono placate.

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