2021-01-31
Editori italiani, datevi una svegliata e ripubblicate i versi di Robert Frost
Uno dei più letti e ammirati poeti del secolo scorso, citato in ogni film e spettacolo indipendente, era il cantore della campagna e della vita rurale. Inspiegabilmente, è scomparso dai cataloghi. E manca pure un MeridianoQuand’ero ragazzo e facevo le cose da ragazzo, e dunque leggevo le opere necessariamente nuove per un ragazzo della mia età, e non solo i fumetti alla Dylan Dog o i nuovi manga d’importazione, i saggi del tempo, le Banana Yoshimoto, i Daniel Pennac, gli Alessandro Baricco anche se nel mio caso ero già scettico, i primi Mauro Corona, nelle librerie circolava l’idea che il grande poeta contemporaneo dovesse essere americano, anzi il grande autore vivente doveva, quasi per diritto acquisito, essere americano. I più alti palazzi del mondo svettavano oltre i tetti delle città americane, i grandi musicisti erano americani, i grandi pittori erano americani e dunque, i grandi scrittori erano stati ed erano americani. Stephen King? Bret Easton Ellis? Joseph Roth? Raymond Carver? Toni Morrison? Allen Ginsberg? Henry Miller? William Burroughs? Jack Kerouac? E via così all’indietro fino ai colossi, i William Faulkner, i Tennessee Williams, i Francis Scott Fitzgerald, gli Ernest Hemingway, i Truman Capote, i John Steinbeck, gli Eugene O’ Neill... al tempo la narrativa al femminile era considerata ancora un ghetto, letta e studiata anzitutto da professoresse di letteratura e da autrici e poetesse; nondimeno la fantascienza, che era ancora circondata da un certo alone di scetticismo, troppo facile, si diceva, roba di secondo piano. Sono bastati vent’anni di orologio e l’enorme successo dei film tratti o ispirati - rubacchiati - alle opere di Frank Herbert, Isaac Asimov e soprattutto Philip K. Dick, li hanno trasformati in long seller e autori di culto, così come il vento che è penetrato in tutti gli ingranaggi delle società occidentali ha aperto le porte a tante nuove scrittrici. E il recente Nobel alla poetessa Louise Glück è solo uno dei tanti segnali. Se esistesse un modo, oltre il gioco sporco e illusorio della memoria, per far incontrare, o sfiorare, il ragazzo che ero a 22 anni e l’uomo che dovrei essere diventato a 45, sarebbe interessante vederli lì, seduti ad un tavolo, uno di fronte all’altro, in un bar qualsiasi, con la gente che distrattamente passa fuori sul marciapiede a passo svelto, le ragazzine che vanno a scuola, le signore in mascherina che vanno al mercato, i taxi, il traffico, le biciclette. Cosa potrebbero dirsi, quei due? Quante cose elementari sono cambiate, basti pensare all’importanza di temi come l’ambiente e la crisi climatica che oggi sono obbligo e addirittura agenda politica mondiale, ma non soltanto. Due sbattiti di ciglia e nonostante i grandi enigmi dell’umanità siano sempre quelli, gli stessi di Agamennone e Sinesio di Cirene, le abitudini, le potenzialità, le disponibilità sono mutate, sensibilmente, in così pochi giri di calendario. Senza parlare della tecnologia, che certo ha camminato meno a quanto ci si attendesse, la fantascienza era a portata di fantasia quando non ero nemmeno stato concepito o quando ero bambino, i viaggi su Luna e Marte sono ancora appannaggio di una certa agenzia spaziale americana, non viaggiamo su sventolanti automobili tele-governate da computer e l’intelligenza artificiale universale non legifera ancora al posto dell’inetta classe politica, eppure.Pochi giorni fa un amico mi ha fatto notare che attualmente nel fabuloso mercato editoriale nostrano latita un’edizione commerciale delle poesie di Robert Frost (1874-1963). Al che ho bofonchiato, fra me e me, ho disturbato le vesti impolverate di qualche santo e sono andato a farmi la mia ben educata ricerca su Amazon, ed ho dovuto constatare, amaramente, che questo amico aveva ragione. Ma dico: Robert Frost, Robert Frost, Robert Frost… forse il più letto e ammirato dei poeti americani del secolo scorso, citato in ogni film indipendente o quasi, adorato per decenni, il poeta che si era imposto al lettore di massa senza nemmeno bisogno di faticare dietro alla solita élite stitica dei critici e dell’intellighenzia accademica, insomma, Robert Frost!L’enciclopedia dei nostri tempi, l’occasionale Wikipedia, recita: «Robert Frost si caratterizza come poeta della campagna e della vita rurale fin dalle prime raccolte di versi: Interludi e poesie (Interludes and Poems, 1908), Emblemi d’amore (Emblems of Love, 1912). La nota più caratteristica della sua produzione è quella di una calma classicità, che sa però contenere anche gli sconvolgimenti della tragedia. I principali libri del poeta sono: A nord di Boston (North of Boston, 1914), Intervallo montano (Mountain Interval, 1916), New Hampshire (1923), Ruscello che va verso ovest (West-Running Brook, 1928), Ancora più avanti (A Further Range, 1936), Chiuso per sempre (Closed for Good, 1949)». Vox popoli! E comunque chiunque abbia curato queste righe ha sbagliato la data dell’ultima raccolta citata, che risale ad un anno prima, e si è inventato degli esordi prematuri, la prima raccolta ufficiale risale al 1913. Dettagli. Quando appunto ero ragazzo nelle librerie circolava anzitutto la selezione di poemi tradotti da un altro nostro esimio poeta, il verista / vericista Giovanni Giudici. L’antologia, uscita dapprima nel 1965 per Einaudi, era poi carambolata nella collana Oscar Mondadori, quella con la costa giallastra: Conoscenza della notte, che poi era la traduzione di un’antologia, The Poems of Robert Frost. Penso di averla comprata in una stazione dei treni, forse alla libreria a Termini, quasi distrattamente, giusto per averlo perché il giovane poeta ambizioso che ero doveva averlo; e poi attendevo un Meridiano dedicato da un giorno all’altro, sapete quei volumi funerei, crepuscolari, che contengono l’opera intera di uno scrittore? A casa ne ho alcuni ma non li leggo mai, si fanno sfogliare con quella carta sottile, ma non sono da combattimento. Si leggono a mala pena. Conoscenza della notte ora è fuori catalogo, incredibilmente non esiste titolo alternativo. Solo edizioni americane, compresi due volumi che ho: The Collected Poems, detto anche Vintage Frost, di Vintage Classics, oltre 600 pagine, e l’illustratissimo e incantevole Selected Poems of Robert Frost, che vi consiglio calorosamente, con le magnifiche incisioni di Thomas Nason (1889-1971), editore Sterling di New York. La mia copia di Conoscenza della notte è un disastro, tante orecchie, segni, righe sottolineate, pittate, commenti, disegnini, segnalibri ficcati dentro in qualche modo. Stigmati da libro vissuto. A pagina 260 c’è il titolo di una celebre poesia, è quasi più bello il titolo della poesia stessa: Happiness makes up in height for what it lacks in length, che il nostro Giudici ha mirabilmente reso in La felicità ripaga in profondità quel che le manca in lunghezza. Quante centinaia di volte avrò rimuginato sul valore di questa verità incartata, citandola, modificandola, storpiandola. Eppure, sempre vera, concreta, solo la poesia può dire certe cose come le dice, la prosa ci gira intorno o la fa lunga, la poesia invece zac! Ci arriva e tocca il nervo nel punto giusto. Editori italiani costantemente alla ricerca di manuali per il lettore medio e di capolavori imperdibili, ripubblicate Robert Frost!
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