Il premier uscente conquista il quinto mandato consecutivo. Altra figuraccia dei commentatori italiani ed europei che lo avevano destinato alla sconfitta. Si va verso un'intesa tra i due maggiori partiti, di fatto un governo di unità nazionale destra-centrodestra.
Il premier uscente conquista il quinto mandato consecutivo. Altra figuraccia dei commentatori italiani ed europei che lo avevano destinato alla sconfitta. Si va verso un'intesa tra i due maggiori partiti, di fatto un governo di unità nazionale destra-centrodestra.Vince ancora Benyamin Netanyahu, ormai a un passo dal suo quinto mandato. Perde una sinistra israeliana ormai quasi sparita, e destinata a giocare un ruolo marginale nell'opposizione, che sarà invece dominata da un altro partito di centrodestra. E perde - ancor più della sinistra - il solito inviato collettivo, l'editorialista unico, che, in Italia e in Europa, ha rimediato un'altra clamorosa figuraccia, non comprendendo nulla delle elezioni israeliane dell'altro ieri. Proprio com'era accaduto con Brexit, con Donald Trump, con Jair Bolsonaro, e con l'ascesa di populisti e sovranisti in molti paesi del mondo. Stavolta, la figuraccia dei commentatori mainstream è stata addirittura triplice. Una prima volta, perché da mesi avevano descritto Netanyahu come irrimediabilmente destinato alla sconfitta. Di più: perfino a urne chiuse e con gli exit poll che davano segnali contrastanti, in molti in Italia e in Europa si erano subito affrettati a dichiarare chiusa la stagione del leader del Likud. Ma sono bastate poche ore di attesa, e - nell'imbarazzo dei presunti «esperti» - sono arrivate le immagini di un Bibi trionfante insieme alla moglie Sarah. Una seconda volta, perché inviati ed editorialisti non avevano compreso che i due fattori decisivi in ogni elezione (economia e sicurezza) giocavano a favore del primo ministro uscente, che ha vinto esattamente su quei due terreni cruciali. E una terza volta, perché hanno raccontato l'alternativa a Netanyahu, cioè il nuovo partito Blu bianco (dai colori della bandiera di Israele), per quello che non era. Infatti, non era - e non sarà - un partito di sinistra o di centrosinistra, ma una forza di centrodestra guidata da ben tre generali, tre capi di stato maggiori dell'esercito israeliano: Benny Gantz (il leader), Gaby Ashkenazy e Moshe Yaalon (quest'ultimo addirittura ministro della Difesa di Netanyahu fino a poco tempo fa). Altro che sinistra, dunque. I tre generali si erano uniti all'ex star televisiva Yair Lapid, un centrista laico noto per la sua battaglia (assai popolare, ma osteggiata dai partiti religiosi) affinché pure i religiosi siano sottoposti agli obblighi militari. Com'è finita? Sia il Likud di Netanyahu sia Blu bianco avranno 35 seggi, ma - in termini di coalizione - se le cose andranno secondo l'ipotesi più realistica, Netanyahu potrebbe agevolmente raggiungere una maggioranza di 64-65 seggi (su 120: e nel Parlamento israeliano non è un margine piccolissimo, anzi), mentre Blu bianco non dovrebbe potersi spingere oltre i 55-56 seggi. Secondo questo schema, Netanyahu imbarcherebbe nella maggioranza i partiti religiosi (che tradizionalmente chiedono gli Interni e la Sanità: i due dicasteri che, tra l'altro, presidiano i temi sociali e la questione delicata dei matrimoni), più il partito di Avigdor Lieberman (che potrebbe occupare la casella della Difesa). Esiste tuttavia un altro schema di governo possibile, auspicato dall'autorevole analista Ben-Dror Yemini, che invece suggerisce un'intesa tra i due maggiori partiti e di fatto un governo di unità nazionale. Questo commentatore pone in evidenza il fatto che un'eventuale coalizione tra Likud e Blu bianco renderebbe superflui i voti dei partiti religiosi nella maggioranza. Tra l'altro, come detto, si tratterebbe di un accordo tra destra e centrodestra, quindi un'opzione anche politicamente ragionevole. E Gantz, ingoiando eventualmente questo rospo, si posizionerebbe per il futuro. Anche perché su Netanyahu, per quanto ultrarafforzato sia dal voto popolare sia dal legame con Donald Trump, resta un'ultima nube, che è quella delle inchieste giudiziarie che pendono su di lui, dai tempi e dall'esito incerto. In esclusiva italiana per La Verità, il responsabile Ester del Likud Eli Hazan ha dichiarato: «Abbiamo vinto contro opposizioni divise. Nonostante così tante forze fossero schierate contro di lui, Netanyahu è riuscito a conquistare un'altra volta la fiducia della gente di Israele. Il primo ministro Netanyahu continuerà sulla stessa strada: collegare Israele con il resto del mondo, e offrire le nostre capacità a chi sa apprezzare la libertà politica, il rispetto e il libero mercato».Quanto invece agli sconfitti della sinistra politica (ed editoriale), dentro e fuori Israele, sembrano dedicarsi in queste ore all'analisi territoriale del voto. A Gerusalemme ci sono più voti per Netanyahu e per i suoi alleati dei partiti religiosi (25% per il Likud e quasi l'80% considerando gli alleati, con Blu bianco intorno al 12%), mentre a Tel Aviv si è registrato un maggior successo per Gantz (quasi la metà dei consensi per Blu bianco, con il Likud sulla linea del 19%). Sostanziale parità a Haifa (che pure era tradizionalmente di sinistra), e grande successo del Likud a Beer Sheva. Da segnalare infine la dichiarazione rabbiosa di un esponente dell'Olp, Hanan Ashrawi, secondo il quale Israele avrebbe votato per «un parlamento di destra razzista e xenofobo». E ancora: «L'agenda estremistica e militaristica, guidata da Netanyahu, è stata incoraggiata dalle politiche sconsiderate e dal cieco sostegno dell'amministrazione Trump in un'alleanza cinica». E, cambiando qualche tono, sembrano le cose che purtroppo si leggono pure sui giornaloni mainstream italiani.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
iStock
A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





