
I ministri delle Finanze si spaccano sugli interventi contro l’inflazione. E si limitano ad aggiungere altri vincoli al Pnrr.Aria frizzante in Europa, ieri, dopo l’apparizione in contemporanea su diversi giornali europei di una lettera a firma dei commissari Thierry Breton e Paolo Gentiloni che, per contrastare la crisi energetica, ipotizzano un’azione europea a base di debito comune, come già fatto durante il periodo Covid con il fondo Sure (Support to mitigate unemployment risks in an emergency).Apriti cielo. A stretto giro, all’editoriale dei due commissari ha risposto il ministro delle finanze tedesco, il liberale Christian Lindner: «L’ipotesi Sure non avrebbe senso, non è giustificata, la differenza rispetto alla pandemia è chiara: non abbiamo attualmente un problema di domanda, ma abbiamo uno choc dal lato dell’offerta e occorre riflettere sul problema alla radice, ossia sull’andamento del mercato del gas». La querelle è iniziata proprio lo stesso giorno in cui i ministri delle Finanze europei si sono ritrovati in Lussemburgo per la riunione dell’Ecofin, in cui adottare alcuni cambiamenti al regolamento Repowereu. L’occasione si è prestata anche a esaminare il problema dei prezzi dell’energia e altre questioni. La riunione seguiva quella dell’Eurogruppo, tenutasi lunedì, dalla quale è emersa una presa di posizione molto rigida sulla politica fiscale proprio in relazione ai rincari dell’energia. Nel comunicato finale, l’Eurogruppo, presente per l’Italia il ministro Daniele Franco, fa sapere che non intende aggiungere ulteriori pressioni inflazionistiche con politiche di bilancio troppo generose: «Riconosciamo che i governi non possono proteggere completamente le loro economie dagli effetti dell’aumento senza precedenti dei prezzi dell’energia […]. Pertanto, miriamo a concentrare sempre più il nostro sostegno su misure efficienti in termini di costi, in particolare misure di reddito eccezionali, temporanee e mirate ai più vulnerabili». Si preannuncia dunque una stretta sui bilanci pubblici, nel momento in cui invece sarà necessario profondere il massimo sforzo.La riunione Ecofin di ieri ha invece deliberato che i Paesi europei che chiederanno di modificare il proprio Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) dovranno obbligatoriamente aggiungere un capitolo dedicato a Repowereu, cioè al piano della Commissione, presentato lo scorso maggio, che mira a eliminare la dipendenza europea dal gas russo. Il Recovery & Resilience fund (Rrf) è stato aumentato di 20 miliardi di euro, che si aggiungono ai 225 ancora disponibili. Repowereu, ricordiamo, è il regolamento dell’Unione che mira a incentivare il risparmio energetico e l’efficienza. Nei fatti, è il documento che ha segnato l’inizio della fine dei rifornimenti di gas russo via gasdotto e l’ondata di rialzo dei prezzi della materia prima che dura tutt’ora. Il nuovo regolamento entrerà in vigore in tempi non brevi, ma per chi, in questi giorni, caldeggia la necessità di modificare l’attuale Pnrr italiano, l’aggiunta di un capitolo con progetti riguardanti il Repowereu rappresenta una complessità in più.Il Consiglio affari economici ha anche esaminato un documento della Commissione sul ruolo dei mercati finanziari in tema di elevata volatilità dei prezzi dell’energia e sulla crisi di liquidità che attanaglia il settore. L’Ecofin ha espresso, infine, sostegno alla Commissione impegnata a generare un nuovo parametro di riferimento del prezzo del gas naturale liquefatto (Lng) entro la fine di marzo 2023, in tempo per la nuova stagione di riempimento degli stoccaggi. Mentre Olaf Scholz ieri è intervenuto ancora per difendere la scelta del suo governo di attuare un piano di sostegno nazionale del valore di 200 miliardi («Le misure che stiamo adottando sono giustificate», ha detto), il ministro Lindner ha aperto alla possibilità di un tetto ai prezzi del gas. Ipotesi di cui si parla anche nella bozza di conclusioni del vertice dei leader europei che si terrà giovedì a Praga, ove si legge che il Consiglio inviterà la Commissione a lavorare urgentemente su quattro linee di azione: la rinegoziazione dei contratti di import con i fornitori, un nuovo riferimento di prezzo per il Lng, il miglioramento delle regole dei mercati finanziari e, appunto, un tetto al prezzo del gas «praticabile». In sintesi, ancora una volta, il nulla o poco più.Sul tema è intervenuta anche il commissaria Ue all’Energia Kadri Simson, che ha detto: «L’ultima settimana in Consiglio, molti Stati hanno sostenuto l'introduzione di un tetto massimo al prezzo che copra tutte le transazioni di gas naturale. Tale misura però comporta rischi e sfide per la sicurezza dell’approvvigionamento e per il mantenimento dei flussi transfrontalieri», che ha aggiunto: «Una soluzione potrebbe essere quella di considerare una limitazione flessibile dei prezzi in relazione all’import in modo tale che la fornitura di gas continui verso l’Europa e in tutti gli Stati membri senza la necessità di ricorrere al razionamento». Dopo lunga sottovalutazione, il primo Consiglio europeo sull’energia che ha preso in seria considerazione il problema dei prezzi dell’energia risale a un anno fa. Da allora, la situazione non ha fatto che peggiorare, senza che l’Unione sia stata capace di porre il minimo argine a quanto andava accadendo. Anzi, tutt’altro. Mentre gli Stati si indebitavano cercando di sostenere le proprie economie, l’irresolutezza degli opachi e farraginosi meccanismi europei ha ingigantito il problema. Ora il tempo è abbondantemente scaduto e ogni giorno che passa sempre più aziende chiudono e sempre più famiglie si ritrovano in povertà. Non servono immaginifiche ricette tecnico-finanziare: servono i fatti.
Lirio Abbata (Ansa)
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(Stellantis)
Nel 2026 il marchio tornerà a competere nella massima categoria rally, dopo oltre 30 anni di assenza, con la Ypsilon Rally2 HF. La storia dei trionfi del passato dalla Fulvia Coupé alla Stratos alla Delta.
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Lo ha annunciato uno dei protagonisti degli anni d'oro della casa di Chivasso, Miki Biasion, assieme al ceo Luca Napolitano e al direttore sportivo Eugenio Franzetti: la Lancia, assente dal 1992 dalla massima categoria rallystica, tornerà protagonista nel campionato Wrc con la Ypsilon Rally2 HF. La gara d'esordio sarà il mitico rally di Monte Carlo, in programma dal 22 al 26 gennaio 2026.
Lancia è stata per oltre quarant’anni sinonimo di vittoria nei mondiali di Rally. Un dominio quasi senza rivali, partito all’inizio degli anni Cinquanta e terminato con il ritiro dalle competizioni all’inizio degli anni Novanta.
Nel primo dopoguerra, la casa di Chivasso era presente praticamente in tutte le competizioni nelle diverse specialità: Formula 1, Targa Florio, Mille Miglia e Carrera. All’inizio degli anni ’50 la Lancia cominciò l’avventura nel circo dei Rally con l’Aurelia B20, che nel 1954 vinse il rally dell’Acropoli con il pilota francese Louis Chiron, successo replicato quattro anni più tardi a Monte Carlo, dove al volante dell’Aurelia trionfò l’ex pilota di formula 1 Gigi Villoresi.
I successi portarono alla costituzione della squadra corse dedicata ai rally, fondata da Cesare Fiorio nel 1960 e caratterizzata dalla sigla HF (High Fidelity, dove «Fidelity» stava alla fedeltà al marchio), il cui logo era un elefantino stilizzato. Alla fine degli anni ’60 iniziarono i grandi successi con la Fulvia Coupè HF guidata da Sandro Munari, che nel 1967 ottenne la prima vittoria al Tour de Corse. Nato ufficialmente nel 1970, il Mondiale rally vide da subito la Lancia come una delle marche protagoniste. Il trionfo arrivò sempre con la Fulvia 1.6 Coupé HF grazie al trio Munari-Lampinen-Ballestrieri nel Mondiale 1972.
L’anno successivo fu presentata la Lancia Stratos, pensata specificamente per i rallye, la prima non derivata da vetture di serie con la Lancia entrata nel gruppo Fiat, sotto il cui cofano posteriore ruggiva un motore 6 cilindri derivato da quello della Ferrari Dino. Dopo un esordio difficile, la nuova Lancia esplose, tanto da essere definita la «bestia da battere» dagli avversari. Vinse tre mondiali di fila nel 1974, 1975 e 1976 con Munari ancora protagonista assieme ai navigatori Mannucci e Maiga.
A cavallo tra i due decenni ’70 e ’80 la dirigenza sportiva Fiat decise per un momentaneo disimpegno di Lancia nei Rally, la cui vettura di punta del gruppo era all’epoca la 131 Abarth Rally.
Nel 1982 fu la volta di una vettura nuova con il marchio dell’elefantino, la 037, con la quale Lancia tornò a trionfare dopo il ritiro della casa madre Fiat dalle corse. Con Walter Röhrl e Markku Alèn la 037 vinse il Mondiale marche del 1983 contro le più potenti Audi Quattro a trazione integrale.
Ma la Lancia che in assoluto vinse di più fu la Delta, che esordì nel 1985 nella versione speciale S4 sovralimentata (S) a trazione integrale (4) pilotata dalle coppie Toivonen-Wilson e Alen-Kivimaki. Proprio durante quella stagione, la S4 fu protagonista di un drammatico incidente dove morì Henri Toivonen assieme al navigatore Sergio Cresto durante il Tour de Corse. Per una questione di giustizia sportiva il titolo piloti fu tolto alla Lancia alla fine della stagione a favore di Peugeot, che era stata accusata di aver modificato irregolarmente le sue 205 Gti.
L’anno successivo esordì la Delta HF 4WD, che non ebbe rivali con le nuove regole del gruppo A: fu un dominio assoluto anche per gli anni successivi, dove la Delta, poi diventata HF Integrale, conquistò 6 mondiali di fila dal 1987 al 1992 con Juha Kankkunen e Miki Biasion. Lancia si ritirò ufficialmente dal mondo dei rally nel 1991 L’ultimo mondiale fu vinto l’anno successivo dal Jolly Club, una scuderia privata appoggiata dalla casa di Chivasso.
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