
Mattinata di tensione ieri al porto di Salerno dove un gruppo di lavoratori portuali appartenenti alle sigle sindacali S.I.Cobas e Usb insieme ad un gruppo di attivisti pro Palestina hanno manifestato con cori e bandiere per impedire il carico e scarico delle merci a bordo della nave Tyrrhenian Container, della compagnia israeliana Zim. La nave ha come destinazione finale il porto di Haifa (Israele). «Si occupa anche del trasporto d’armi verso Israele», hanno gridato - senza nessuna prova - gli attivisti, ricordando che la nave era stata «già bloccata la scorsa settimana nel porto di Genova». Così come a Genova, lo sparuto gruppo ha comunque creato disagi all’attività ordinaria del porto. Ma si sa che manifestare, protestare e diffondere falsità contro Israele per alcuni è sempre meglio che lavorare, specie se protetti da una sigla sindacale. Stesse scene ma con un numero maggiore di partecipanti in Australia, dove nei giorni scorsi sono svolte proteste nei pressi di Port Botany a Sidney dove una flottiglia di manifestanti filo-palestinesi a bordo di barche e moto d’acqua (chi paga?) ha tentato senza successo di bloccare la nave cargo Contship Dax da 13.000 tonnellate mentre si avvicinava al terminal dei container per attraccare e scaricare le merci. Alcuni attivisti avevano affermato sui social che la nave «avrebbe imbarcato forniture di armamenti da spedire in Medio Oriente affinché le Forze di difesa israeliane potessero utilizzarle contro Hamas a Gaza».
Secondo l’analista Giovanni Giacalone «il boicottaggio con motoscafi e moto d’acqua al quale stiamo assistendo in Australia è ben lontano da un’iniziativa spontanea di manifestanti pro Palestina. Intanto va sottolineato che la questione degli armamenti è soltanto una scusa, visto che la stessa compagnia marittima Zim Integrated Shipping ha affermato che non vi è alcun carico di armi a bordo. Certe accuse vanno sostenute con prove e i manifestanti non ne hanno. L’iniziativa è plausibilmente volta invece a boicottare le attività commerciali israeliane, che è ben altro discorso. È bene tener presente che le voci riguardanti la fornitura di armi australiane a Israele era stata messa in circolazione la scorsa settimana da David Shoebridge, leader del partito Verde. Lo stesso Shoebridge che aveva accusato Israele di bombardare gli ospedali di Gaza, esattamente come fatto dalla Bbc (salvo poi doversi scusare, ndr)».
Quindi dietro alle proteste c’è una regia? «Sia Hamas che l’Iran», afferma l’esperto, «sono ampiamente presenti in Australia con attività propagandistica e politica. La comunità araba è vasta e la causa palestinese trova ampio sostegno. Una mobilitazione del genere richiede organizzazione, coordinamento ed anche denaro; non si può dunque escludere che dietro vi siano ben altri attori».
In ogni caso, l’operatore israeliano Zim Integrated Shipping ha respinto le illazioni affermando che Contship Dax era semplicemente in servizio regolare tra Australia, Nuova Zelanda e Asia e al Daily Mail Australia un portavoce della compagnia ha affermato che «le navi trasportano tutti i tipi di prodotti di consumo come elettrodomestici, tessuti e generi alimentari. La nave non trasporta carichi di armi». Imponenti anche le proteste negli Stati Uniti ed in particolare nel porto di Tacoma, a Sud di Seattle, dove lunedì scorso fin dalle prime luci dell’alba centinaia di supporter pro Palestina hanno impedito per ore agli operai di entrare nel porto e caricare e scaricare la merce dalla nave MV Cape Orlando. Anche qui i social network hanno fatto da cassa di risonanza: «Una nave è in arrivo negli Usa per caricare armi da portare in Israele», ha scritto l’Arab Resource & Organizing Center, un’organizzazione musulmana attiva da quindici anni che ha sede a San Francisco.
In Italia invece nei prossimi giorni è previsto l’arrivo a Roma dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani, grande sponsor della Fratellanza musulmana e principale donatore di fondi alle organizzazioni terroristiche che operano nella Striscia di Gaza, ed è previsto che a Roma incontri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. A questo proposito Souad Sbai, giornalista e scrittrice, già parlamentare della Repubblica e attivista per i diritti umani, in una nota afferma: «Il capo dello Stato non apra le porte del Quirinale all’emiro del Qatar che è da tempo sotto la lente della comunità internazionale per i suoi finanziamenti al terrorismo e ai gruppi estremisti legati alla Fratellanza musulmana, nonché per le violazioni dei diritti umani e per la violenta repressione dell’opposizione interna, come denunciato dalle Nazioni Unite e da organizzazioni come Amnesty International. Questo è il profilo di uno Stato canaglia, con cui l’Italia non dovrebbe intrattenere relazioni di partenariato».
L’arrivo di Al Thani a Roma potrebbe una buona occasione per organizzare una bella manifestazione pacifista, magari capitanata da Giuseppe Conte che in Parlamento ha affermato: «Per la pace ci vogliono schiena dritta e coraggio, non la debolezza e la codardia di un governo che con una decisione pilatesca dimostra di considerare la sofferenza dei civili un drammatico ma inevitabile effetto collaterale della guerra».






