2020-11-25
        È vietato conoscere persino chi è il negoziatore italiano
    
 
        Ursula von der Leyen (EU/Pool/Getty Images)
    
Mistero sul rappresentante nell'Ue che tratta con i produttori. Per il dicastero è Giuseppe Ruocco, ma non c'è un atto che lo incarichi.«Non c'è nulla di carbonaro», ironizza dall'altro capo del telefono un'addetta stampa del ministero della Salute. Noi, però, di scherzare di voglia ne abbiamo davvero poca, perché l'argomento - vale a dire i vaccini anti Covid - è di quelli seri, e soprattutto di trasparenza non se ne vede nemmeno l'ombra. Stiamo cercando faticosamente di ricostruire la storia di quei 94 milioni di euro di denaro pubblico che, a quanto ha riferito lunedì sera, rispondendo al deputato leghista Claudio Borghi in audizione in commissione Bilancio, il commissario straordinario per l'emergenza, Domenico Arcuri, sono stati versati finora dall'Italia all'Unione europea. Certo, sono soldi che escono dalle casse dello Stato per finanziare l'acquisto di un bene prezioso, il vaccino contro il coronavirus per l'appunto. Ma su tutto il resto è buio pesto. E dei bonifici trasmessi da Roma all'indirizzo di Bruxelles, sullo scarno sito del commissario, non c'è traccia. Nella giornata di ieri, abbiamo richiesto alla struttura commissariale di fornire maggiori dettagli su questi trasferimenti, ma mentre scriviamo non abbiamo ancora ricevuto risposta.Per il resto, Arcuri si limita a dire cose già note e già scritte, almeno su queste pagine: «Il meccanismo di acquisizione e di contrattualizzazione dei vaccini avviene all'interno di un pool europeo che raggruppa tutti i Paesi dell'Unione europea che hanno sottoscritto in origine un accordo che si chiama “advanced purchase agreement" (accordo preliminare di acquisto, ndr), e l'Unione europea contrattualizza le acquisizioni di vaccini per tutti i Paesi». Proprio ieri, il presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha annunciato la firma per oggi di un contratto (ovviamente segreto) con Moderna per l'acquisto di 160 milioni di dosi. Sul tema, i nostri lettori ricorderanno la clamorosa smentita da parte del ministero della Salute allo stesso Roberto Speranza. Quando cioè, a seguito di una richiesta di accesso agli atti, ad agosto da Lungotevere Ripa confessavano candidamente che non esisteva alcun contratto firmato dall'Italia, come invece strombazzato da Speranza appena due mesi prima dai saloni dorati di Villa Pamphilj. «L'Italia, e gli altri Paesi partners hanno ritenuto opportuno di far confluire il negoziato avviato a suo tempo con AstraZeneca», si leggeva nella risposta ai nostri quesiti, «con gli altri appena attivati dalla Commissione europea cui è, pertanto, attualmente affidata la totale gestione delle interlocuzioni».Rimane un dubbio, e cioè chi siede nei tavoli che contano, a negoziare quale vaccino verrà inoculato a centinaia di milioni di cittadini europei, in quali quantità e a quale prezzo? E soprattutto, in virtù di quale mandato questi signori trattano gomito a gomito con le potentissime case farmaceutiche? Prima di svelarvi la risposta, però, occorre fare un piccolo passo indietro. Quando lo scorso giugno hanno sottoscritto la strategia europea per i vaccini, oltre a delegare Bruxelles per i negoziati e impegnarsi a non condurre accordi «sotto banco» per accaparrarsi dosi extra, gli Stati membri si sono accordati su un modello di governance per la gestione delle trattative. Alla base del processo, un comitato direttivo composto da un rappresentante di ciascun Paese. Le vere decisioni, però, vengono prese da un comitato negoziale congiunto, formato dalla Commissione europea e da un ristretto gruppo di esperti nominati all'interno del comitato direttivo. Spulciando il sito del governo olandese abbiamo scoperto che questo piccolo gruppo sarebbe formato da Spagna, Svezia e Polonia, oltre ai membri dell'alleanza inclusiva per i vaccini (Germania, Francia, Italia e Paesi Bassi). Siamo costretti a fidarci, perché l'informazione non trova riscontro alcuno. Abbiamo chiesto alla Commissione di fornirci una lista dei membri del comitato direttivo, ma la risposta che abbiamo ottenuto da un portavoce è stata la seguente: «Dal momento che gli accordi preliminari di acquisto richiedono una procedura d'appalto, e al fine di non compromettere il buon esito dei negoziati, non possiamo fornire alcuna informazione circa i membri del comitato almeno fino a quando l'ultimo contratto verrà firmato». Tutto chiaro, dunque? Non solo non è dato sapere i termini contrattuali relativi ai vaccini (Bruxelles ha respinto una nostra richiesta di accesso agli atti in merito), ma nemmeno i responsabili del negoziato. La settimana scorsa, Sigfrido Ranucci su Report ha però svelato il nome del rappresentante italiano nel comitato direttivo. Si tratta del dottor Giuseppe Ruocco, segretario generale del ministero della Salute e membro del Comitato tecnico scientifico. «Ma a gestire i rapporti con le case farmaceutiche sarebbe stato, in base alle nostre informazioni, Walter Ricciardi, ex presidente dell'Iss e consulente del ministero della Salute», chiosa Ranucci. E arriviamo così al nostro simpatico scambio di battute con l'ufficio stampa del ministero, contattato per avere conferma delle rivelazioni di Report e per fornire, eventualmente, copia dell'atto di nomina. «Quell'incarico spetta di diritto al dottor Ruocco dal momento che in qualità di segretario generale rientra tra le sue funzioni quella di capo dei servizi medici italiani nelle istituzioni europee e internazionali», ci informano con semplice telefonata. Nessun atto di nomina, nessuna nota nel curriculum, nessuna pubblicità sul sito del ministero, né su quello della Commissione europea. È proprio vero, al confronto i carbonari erano dei semplici dilettanti.
        Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
    
        La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
    
        Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
    
        Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
    
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico. 
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
Continua a leggereRiduci