2021-07-12
SIAMO CAMPIONI
(Michael Regan/UEFA via Getty Images)
Loro avanti dopo 2 minuti, gli azzurri accusano il colpo ma si rialzano Pareggia Leonardo Bonucci e poi rigori: Gianluigi Donnarumma ne para due. «It's coming Rome». Stesso slogan, destinazione opposta. La coppa torna a casa dopo 53 anni, gli inglesi possono aspettare. A Wembley si compie l'opera perfetta, michelangiolesca, di un gruppo di uomini coraggiosi. È l'Italia migliore quella che batte 4-3 ai rigori (1-1 sul campo) l'Inghilterra in finale. Bentornata libertà. Di correre nella notte, di lanciare la mascherina a fionda con gli elastici e di sedersi sul tetto d'Europa. Con Roberto Mancini e i suoi ragazzi terribili che passano in un colpo solo da giovani promesse a venerati maestri. Campioni. Campioni a ogni gol. Campioni a cominciare dalle manone di Gigio Donnarumma che para due rigori e ipnotizza Markus Rashford sul terzo. Immenso. Questo è il miglior modo di uscire dall'incubo, di far rivivere un intero Paese che abbraccia giovani guerrieri italiani (non i putti globalizzati dipinti dagli scribacchini nazarenici) nel segno della sofferenza, dell'unità d'intenti e della parolaccia più proibita in circolazione: l'identità. È la magia dell'11 luglio anche se il «Non ci prendono più» di Sandro Pertini a Madrid nell'82 aveva ben altro fascino pop rispetto al sorriso cartonato di Sergio Mattarella. È la «La forza profonda e imprevedibile» al centro della lettera che i vecchi ragazzi mondiali di 39 anni fa hanno scritto agli azzurri di oggi. Gli scozzesi avevano dipinto Roberto Mancini come Braveheart e avevano capito tutto.Bolgia umana dentro Wembley spruzzato dalla pioggia. Inni da brivido, poi la pantomima dell'inginocchiatoio collettivo davanti a 77.000 tifosi (58.000 inglesi e 7.000 italiani). L'Europa fa il tifo per noi e non è detto che sia un vantaggio. Temiamo gli effetti di un colpo gobbo inatteso, la gufata della baronessa al caviale Ursula Von der Leyen, quella che ci percepisce camerieri e annuncia: «Dita incrociate, forza Italia». Non avevamo bisogno di un abbraccio così micidiale. Al fischio dell'arbitro olandese Bjorn Kuipers (il più ricco del mondo, proprietario di supermercati) è subito psicodramma. Al 2' Harry Kane trova stupendamente Kieran Trippier che crossa: Luke Shaw tira al volo di controbalzo in un'area di statue di sale (specialmente Giovanni Di Lorenzo). Gol imparabile, psicologicamente devastante. È la prima volta che andiamo sotto nel torneo e il pugno in faccia ci manda in giro tramortiti per una buona mezz'ora. Il ct Gareth Southgate sorprende Mancini arretrando Harry Kane a centrocampo, libero dalle grinfie dei corazzieri azzurri Leonardo Bonucci e Giorgio Chiellini; da regista aggiunto, il centravanti riesce a far partire gli esterni e Raheem Sterling con sventagliate che fanno male.Accade poco dentro la partita che l'Italia non ha ancora cominciato. È uno spezzatino di falli inglesi ed errori italiani. La Nazionale soffre anche per colpa del tecnico che impiega una vita a capire la mossa Kane e a mandare dalle sue parti alternativamente Nicolò Barella e Marco Verratti. Anche gli esterni sono rimasti negli spogliatoi: Emerson e Di Lorenzo non passano mai la metà campo. E per la prima volta dall'inizio del torneo vediamo un'Italia spaventata, lenta, senza idee. Tic-toc, si parla troppo, mozioni d'ordine: un congresso del Pd. Da notare Donnarumma mai impegnato oltre il gol, Barella in serata nera e Immobile con il cappello di paglia in perenne fuorigioco. Chiudiamo in avanti con gli inglesi in affanno, buon segno. Comunque un tempo buttato via. Rientriamo con un'altra faccia e un altro cuore. Adesso l'Italia fa paura e Wembley trattiene il respiro. Prima Lorenzo Insigne su punizione dal limite sfiora il palo, poi sempre lui impegna Jordan Pickford su percussione di Chiesa (il migliore dei nostri dopo un sontuoso Verratti), che al 61' costringe il portiere dell'Everton a una parata da Superman. Entrano Bryan Cristante e Domenico Berardi per Barella e Immobile. Si sveglia Emerson, gli azzurri giocano meglio, tornano guerrieri e pareggiano con Bonucci (67') che mette in rete con il piedone in mischia. Gli avversari sono stanchi e quando Berardi si mangia il gol del vantaggio, solo in area, le rane nello stomaco cominciano a parlare inglese. Supplementari da finale, in 22 sulle ginocchia dopo sette partite in 30 giorni. Adesso si gioca con cuore e adrenalina, il resto è ormai un ricordo. Entrano Andrea Belotti e Manuel Locatelli a dare un po' di benzina ma l'Italia esala l'ultimo respiro con dieci minuti di anticipo e Wembley s'infiamma. È Fort Apache e qui esce la capacità di soffrire di un gruppo stupendo che nel primo tempo non l'ha mai vista ma nel secondo ha meritato di arrivare fino alle porte del paradiso. Adesso solo Donnarumma sa dove si va a parare. Il più giovane (22 anni) ha azoto liquido nelle vene e le mani grandi come il cuore. Zittisce Wembley e manda i ragazzi italiani nella leggenda.
Ecco Edicola Verità, la rassegna stampa del 3 settembre con Carlo Cambi