2022-06-24
È tornato il Cavaliere. In serie A è l’unico a tirare fuori i soldi anziché contarli
Silvio Berlusconi in tribuna a Monza (Getty Images)
Monza scatenato sul mercato: già presi Cragno e Ranocchia, obiettivi Pinamonti e Villar. Non si bada a spese, come una volta. Gli altri si intristiscono sui conti, lui si diverte a giocare. Gli altri si aggirano sul pianeta calciomercato con i fazzoletti per piangere, lui giganteggia all’Arengario bomba dopo bomba (di Maurizio Mosca buonanima). Lui, il Cavaliere elettrico, a 85 anni ha di nuovo la testa nel pallone. Ha già comprato Alessio Cragno dal Cagliari e Andrea Ranocchia in uscita dall’Inter, sta trattando Antonio Candreva con la Sampdoria, Andrea Carboni con il Cagliari, Gonzalo Villar con la Roma, ha il sogno proibito di riportare a casa il brianzolo Matteo Pessina dall’Atalanta. Non volendo farsi mancare il colpo straniero ha sondato il terreno addirittura con il Real Madrid per Borja Mayoral. E ieri un Adriano Galliani con l’occhio di lince come ai vecchi tempi si è presentato alla sede dell’Inter per tentare il blitz su Andrea Pinamonti. Servono 15/20 milioni, che problema c’è? «L’obiettivo? Vincere il campionato e andare in Champions». Scherza e ringiovanisce Silvio Berlusconi nell’estate da shopping addicted. La politica ormai lo annoia, la litigiosità dentro Forza Italia lo indispone, il governo Draghi non ha impennate, la famiglia è a posto per i prossimi due secoli. Così è tornato caimano per dare un’anima di Serie A al Monza neopromosso. Secondo i bene informati avrebbe messo lì 100 milioni e detto a Galliani «Usali bene», facendo impazzire i tifosi che solo tre settimane fa hanno avvolto con la sciarpa biancorossa anche il collo della statua del Re de Sass. Per proprietà transitiva l’operazione budget ha raggelato i manager della Fininvest, di nuovo dentro l’incubo di veder dirottati gli utili nel luna park pallonaro come accadeva al Milan. Problemi loro, l’ultimo dei romantici ha altri orizzonti. Come un elemento di corto circuito, ancora una volta Berlusconi entra in una stanza e ne cambia la temperatura. Rivoluzionario nel profondo, ecco di nuovo il monarca sulla tolda, l’ultimo mecenate che ci ricorda quanto fosse affascinante, divertente e folle il calcio dei presidenti innamorati a cavallo del 2000, quando da giugno ad agosto si sfidavano a colpi di campioni non solo sognati. Olandesi a parte (sono arrivati prima), lui prendeva Dejan Savicevic, George Weah, Andrij Shevchenko, Ronaldinho. Massimo Moratti rispondeva con Ronaldo, Bobo Vieri, Adriano e Recoba. L’Avvocato Agnelli rilanciava con Gianluigi Buffon, Pavel Nedved, Lilian Thuram e Zinedine Zidane. Erano gli anni d’oro, anche se non per tutti: nel tentativo di inseguire i Paperoni, Calisto Tanzi, Sergio Cragnotti, Vittorio Cecchi Gori, Franco Sensi andarono a picco. Oggi il calciomercato sembra frequentato da un pool di aziende in amministrazione controllata, con manager impegnati in cda permanenti, angosciati dai debiti e ossessionati dalle plusvalenze. Mentre la coppia Cardinale-Elliott pensa al settlement agreement dell’Uefa, Suning a pagare gli stipendi e a vendere un gioiello all’anno (l’operazione Romelu Lukaku fa parte delle meraviglie della ionosfera), gli Elkann a non rifinanziare ogni stagione con mezzo miliardo gli errori del duo Andrea Agnelli-Max Allegri, per fortuna che Silvio c’è. Mentre Claudio Lotito conta anche le monetine, Aurelio De Laurentiis pensa a ricavare gli stipendi di famiglia e altri a non portare i libri in tribunale, a Monza si combatte l’afa con la manna del Cavaliere. Lo ha detto anche l’ex rivale di sempre Luciano Moggi: «Quando Berlusconi entra in un contesto difficilmente sbaglia. È una ventata d’aria fresca per combattere la noia: oggi i club non fanno calcio, fanno i bilanci. Peraltro senza grande successo». Lui nel frattempo non si ferma ai calciatori. Ha curato personalmente il restyling di Monzello, il centro sportivo che dovrà rivaleggiare con Milanello, dove scendeva il sabato mattina con l’inconfondibile elicottero dalla sigla I-Spot per motivare lo squadrone nell’era delle cinque Champions. Tutto deve funzionare alla Berlusconi fino al più piccolo dettaglio: «Recintiamo i campi con cortine di cedri deodara (ovviamente i più pregiati e costosi, ndr), è molto più bello giocarci». Sulle essenze non ha mai derogato; sono rimasti nella memoria collettiva i giardinieri che a Genova, la sera prima del G8 a luglio, cucivano i limoni sulle piante ornamentali dopo uno «shampoo» dell’allora premier che non voleva deludere l’occhio dei potenti del mondo. Dopo due fallimenti, la doppia retrocessione con la disastrosa gestione di Clarence Seedorf e la ripartenza dalla Serie D, a Monza si stropicciano gli occhi. Il coro autoironico della curva del Brianteo era «Non andremo mai in Serie A». Poi è arrivato lui, tycoon all’americana più di quelli nati a Boston o a San Francisco: tocco magico, spareggio con il Pisa, l’élite nazionale dopo 110 anni. E adesso compra. Magari anche Salvatore Esposito dalla Spal, già convocato in Nazionale, perché non bisogna perdere tempo. Il tecnico Giovanni Stroppa, suo ex calciatore, sa come prenderlo: accetterà i consigli su «giuoco e fuorigiuoco», si lancerà all’attacco fino alla prima batosta e marcherà a uomo il regista avversario per non fare la fine di Dino Zoff. Ieri sera l’ultimo mecenate era all’Arengario con il candidato sindaco del centrodestra Dario Allevi. Strategia che vince non si cambia, solo si adatta ai tempi: tutto in sedicesimo. Allora da premier presentava Rivaldo, Kakà, Rui Costa e Balotelli prima delle elezioni, adesso promette la mezzapunta ai monzesi in vista del ballottaggio. Perché in Brianza bisogna anche incassare. Romantico sì, ma fino a un certo punto.