2025-03-20
E Macron fa preparare ai francesi lo zaino per sopravvivere alla guerra
In estate, il governo Bayrou spedirà ai cittadini un opuscolo con le istruzioni su come comportarsi in caso di attacco. Parole d’ordine: resilienza e mobilitazione. Intanto, il presidente in armi prende sberle in Algeria.La corsa al riarmo lanciata dal presidente francese, Emmanuel Macron, non si ferma, tanto che il governo di Parigi invita i cittadini transalpini a prepararsi a una ipotetica guerra dichiarata da Mosca. Ieri si è appreso che l’esecutivo di François Bayrou spedirà ai cittadini francesi un «manuale di sopravvivenza» per insegnare loro «i comportamenti corretti da adottare in caso di minaccia imminente in Francia». Lo ha rivelato la radio Europe 1. Il libretto dovrebbe arrivare nelle cassette delle lettere d’Oltralpe entro l’estate. Il contenuto del manuale dovrebbe essere ispirato ad un libricino analogo stampato dal governo svedese, l’autunno scorso. I consigli sul comportamento da tenere in caso di guerra o di catastrofe saranno ripartiti in tre capitoli.Il primo dovrebbe presentare un «kit di sopravvivenza», per fare in modo che i francesi siano in grado di sopravvivere, in autonomia, per alcuni giorni. Tra i consigli: quello di fare scorta di batterie, bottiglie d’acqua e di cibi in scatola che non richiedano la cottura. Un kit simile è già disponibile sui siti governativi. In esso si consiglia anche di avere in casa un coltellino svizzero e una torcia. Stranamente, tra le cose indispensabili, non ci sono le mascherine.La seconda parte del libretto dovrebbe contenere informazioni pratiche sui numeri d’urgenza da contattare in caso di bisogno. Invece la terza parte pare che sarà dedicata alla «resilienza», per invitare i cittadini a «mobilitarsi». Come ha spiegato una fonte anonima governativa ad Europe 1, il manuale di sopravvivenza ha anche «l’obiettivo di sensibilizzare tutti i cittadini, giovani, quadri aziendali e anche i pensionati». Chissà come farà il governo Bayrou a sensibilizzare quei giovani di banlieue che, nel 2023, hanno devastato interi quartieri nelle notti successive alla morte del diciassettenne Nahel Merzouk, che non si era fermato a un controllo di polizia. Nell’attesa di scoprire il libricino di sopravvivenza governativo, è davvero difficile non fare un parallelo tra la narrazione di Macron e Bayrou, nel contesto della guerra in Ucraina, e i discorsi tenuti dallo stesso presidente francese e dai predecessori del premier, nel periodo del Covid. Praticamente cinque anni fa esatti, Macron decretava il lockdown e per farlo, in quella sera del 16 marzo 2020, il leader transalpino non aveva esitato a parlare di «guerra». In quei primi giorni di lockdown, oltre al morbo venuto dalla Cina, la Francia era attraversata dalla paura, alimentata anche dal macabro computo quotidiano dei morti diffuso dai media. Quello che è successo dopo lo sappiamo. Anche in Francia milioni di persone sono state praticamente obbligate a vaccinarsi contro il Covid e chi non accettava di farlo era tacciato di complottismo o di antipatriottismo. Nel gennaio 2022, Macron era arrivato a dichiarare su Le Parisien di voler «emmerder» (che potremmo tradurre con un più gentile «rompere le scatole») ai non vaccinati. Il presidente li considerava «irresponsabili», tanto da dichiarare che «un irresponsabile non è più un cittadino». Queste gravi affermazioni dell’epoca Covid sono tornate in mente a quelli che, nonostante la narrazione ufficiale, anche al di là delle Alpi cercano di mantenere un certo senso critico nel contesto attuale. Però, visti i precedenti, c’è il rischio concreto che dei francesi vengano dichiarati cattivi cittadini, perché magari vorrebbero che il loro presidente parlasse di pace, invece che di guerra. Questi cittadini non arrivano forse a definire Macron «matto», come ha fatto Matteo Salvini qualche giorno fa provocando la convocazione della nostra ambasciatrice a Parigi, ma la preoccupazione resta. Tra l’altro se, da un lato, il 77% dei francesi ritiene che lo Stato debba investire maggiormente nella Difesa, il 58% degli stessi si oppone all’utilizzo dei propri risparmi per finanziare il riarmo francese. Le percentuali sono contenute in un sondaggio Odoxa realizzato pochi giorni fa per il settimanale Capital e Bfm Tv. E mentre Macron indossa l’elmetto e mostra i muscoli in Europa, sulla sponda Sud del Mediterraneo prende sberle dall’Algeria. Le relazioni tra i due Paesi sono tese da quando Algeri ha iniziato a rifiutare il rimpatrio dei suoi cittadini espulsi dalla Francia, mentre trattiene lo scrittore franco-algerino Boualem Sansal. Di fronte ai tentennamenti di Macron, il ministro dell’interno francese, Bruno Retailleau, appartenente alla destra dei Républicains, ha minacciato le dimissioni. Se facesse un passo indietro, sarebbe molto improbabile che il governo Bayrou riesca a sopravvivere. Tra l’altro, un sondaggio Csa di ieri, realizzato per Europe 1, rivela che il 65% dei francesi pensa che la Francia non sia abbastanza coraggiosa nei confronti dell’Algeria.
«It – Welcome to Derry» (Sky)
Lo scrittore elogia il prequel dei film It, in arrivo su Sky il 27 ottobre. Ambientata nel 1962, la serie dei fratelli Muschietti esplora le origini del terrore a Derry, tra paranoia, paura collettiva e l’ombra del pagliaccio Bob Gray.
Keir Starmer ed Emmanuel Macron (Getty Images)
Ecco #DimmiLaVerità del 24 ottobre 2025. Ospite Alice Buonguerrieri. L'argomento del giorno è: " I clamorosi contenuti delle ultime audizioni".
C’è anche un pezzo d’Italia — e precisamente di Quarrata, nel cuore della Toscana — dietro la storica firma dell’accordo di pace per Gaza, siglato a Sharm el-Sheikh alla presenza del presidente statunitense Donald Trump, del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, del turco Recep Tayyip Erdogan e dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani. I leader mondiali, riuniti per «un’alba storica di un nuovo Medio Oriente», come l’ha definita lo stesso Trump, hanno sottoscritto l’intesa in un luogo simbolo della diplomazia internazionale: il Conference Center di Sharm, allestito interamente da Formitalia, eccellenza del Made in Italy guidata da Gianni e Lorenzo David Overi, oggi affiancati dal figlio Duccio.
L’azienda, riconosciuta da anni come uno dei marchi più prestigiosi dell’arredo italiano di alta gamma, è fornitrice ufficiale della struttura dal 2018, quando ha realizzato anche l’intero allestimento per la COP27. Oggi, gli arredi realizzati nei laboratori toscani e inviati da oltre cento container hanno fatto da cornice alla firma che ha segnato la fine di due anni di guerra e di sofferenza nella Striscia di Gaza.
«Tutto quello che si vede in quelle immagini – scrivanie, poltrone, arredi, pelle – è stato progettato e realizzato da noi», racconta Lorenzo David Overi, con l’orgoglio di chi ha portato la manifattura italiana in una delle sedi più blindate e tecnologiche del Medio Oriente. «È stato un lavoro enorme, durato oltre un anno. Abbiamo curato ogni dettaglio, dai materiali alle proporzioni delle sedute, persino pensando alle diverse stature dei leader presenti. Un lavoro sartoriale in tutto e per tutto».
Gli arredi sono partiti dalla sede di Quarrata e dai magazzini di Milano, dove il gruppo ha recentemente inaugurato un nuovo showroom di fronte a Rho Fiera. «La committenza è governativa, diretta. Aver fornito il centro che ha ospitato la COP27 e oggi anche il vertice di pace è motivo di grande orgoglio», spiega ancora Overi, «È come essere stati, nel nostro piccolo, parte di un momento storico. Quelle scrivanie e quelle poltrone hanno visto seduti i protagonisti di un accordo che il mondo attendeva da anni».
Dietro ogni linea, ogni cucitura e ogni finitura lucidata a mano, si riconosce la firma del design italiano, capace di unire eleganza, funzionalità e rappresentanza. Non solo estetica, ma identità culturale trasformata in linguaggio universale. «Il marchio Formitalia era visibile in molte sale e ripreso dalle telecamere internazionali. È stata una vetrina straordinaria», aggiunge Overi, «e anche un riconoscimento al valore del nostro lavoro, fatto di precisione e passione».
Il Conference Center di Sharm el-Sheikh, un complesso da oltre 10.000 metri quadrati, è oggi un punto di riferimento per la diplomazia mondiale. Qui, tra le luci calde del deserto e l’azzurro del Mar Rosso, l’Italia del saper fare ha dato forma e materia a un simbolo di pace.
E se il mondo ha applaudito alla firma dell’accordo, in Toscana qualcuno ha sorriso con un orgoglio diverso, consapevole che, anche questa volta, il design italiano era seduto al tavolo della storia.
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