2021-04-21
È il comandante che ha sequestrato la nave
L'ex ministro dell'Interno, Matteo Salvini, è stato rinviato a giudizio con l'accusa di aver privato della libertà di muoversi gli immigrati a bordo dello scafo della Ong. A ben guardare, il capitano era liberissimo di dirigersi in Spagna ma ha scelto il braccio di ferro.Il reato di sequestro di persona, per rispondere del quale Matteo Salvini è stato rinviato a giudizio davanti al tribunale di Palermo, è quello previsto dall'articolo 605 del codice penale e consiste, secondo il testuale tenore della norma, nel fatto di chi «priva taluno della libertà personale». In che cosa sarebbe essenzialmente consistita questa privazione di libertà, secondo l'accusa, nel caso in questione ? Nell'avere costretto i «migranti» a rimanere per un certo tempo a bordo della nave «Open arms» da cui erano stati raccolti, impedendo loro lo sbarco in un porto italiano al quale - si vuol sostenere - essi avrebbero avuto diritto. Se così è, però, ci vuol poco a dimostrare come una tale accusa sia, in sé e per sé, priva di fondamento giuridico, tanto da rendere, a rigore, del tutto superflua, ai fini della esclusione della colpevolezza, ogni ulteriore argomentazione a sostegno della la giustificabilità, sotto altri e diversi profili, della condotta addebitata all'ex ministro dell'Interno . Un soggetto, infatti, può dirsi «privato della libertà» solo quando sia posto da un altro nella materiale impossibilità di muoversi da un determinato luogo nel quale, quindi, egli si trovi costretto a rimanere contro la sua volontà, in assenza di ogni altra possibile alternativa. Ora, nel caso dei migranti a bordo della «Open arms», l'impossibilità di muoversi dalla nave derivava dal fatto obiettivo che la stessa si trovava in mezzo al mare, e vi si trovava sol perché chi ne aveva il comando pretendeva che gli fosse assegnato un porto compreso tra quelli di suo gradimento; pretesa, questa, alla quale si opponeva, secondo l'accusa, un indebito rifiuto da parte dell'autorità che sarebbe stata invece tenuta ad accoglierla. Anche ad ammettere, però, in linea di pura ipotesi, che tale opposizione fosse illegittima, quel che conta, ai fini della configurabilità o meno del reato in questione, è che essa non incideva minimamente sulla libertà che, di fatto, il comandante avrebbe avuto di dirigere la nave verso un altro porto disposto ad accoglierla e nel quale i migranti sarebbero potuti sbarcare. Il fatto che egli non avesse voluto avvalersi di tale libertà, insistendo nella originaria pretesa fino al momento in cui la stessa, in un modo o nell'altro, è stata accolta, costituisce, quindi, a ben vedere, l'unica causa del protrarsi della forzata permanenza dei migranti a bordo della nave. Da ciò la conseguenza (a prima vista paradossale ma, in realtà, del tutto logica), che sarebbe stato semmai il comandante a dover rispondere di sequestro di persona, qualora fosse risultato che i migranti non condividessero la sua linea di condotta di rifiutare lo sbarco in qualsiasi altro porto che non fosse tra quelli da lui voluti. Ipotesi, questa, non del tutto inverosimile, potendosi dare ragionevolmente per certo che i migranti non volessero in alcun modo essere ricondotti in un porto africano ma non potendosi affatto escludere che avrebbero gradito di essere sollecitamente sbarcati anche in un porto non italiano ma comunque europeo piuttosto che rimanere in mare per lunghi giorni in attesa dell'esito del «braccio di ferro» tra il comandante della nave e le autorità italiane. E risulta dalle cronache che era stata in effetti offerta dalla Spagna (che era, tra l'altro, lo Stato di bandiera della «Open arms») la possibilità di uno sbarco in un porto di quel Paese, raggiungibile in non più di un paio di giorni di navigazione, ma il comandante l'aveva rifiutata senza neppure curarsi, per quanto è dato sapere, di chiedere ai migranti che cosa essi ne pensassero e senza che vi fossero ragioni obiettive ed insuperabili per le quali quell'offerta non potesse essere accolta. Certamente, in tali condizioni, mancando comunque la prova positiva che i migranti avessero chiaramente manifestato la volontà di essere comunque sbarcati al più presto, anche in Spagna o in altro paese europeo diverso dall'Italia, una ipotetica incriminazione del comandante per sequestro di persona sarebbe stata priva di fondamento. Ma ciò soltanto in linea di fatto, per la mancanza, appunto, della prova suddetta, mentre, per le ragioni sopra illustrate, l'accusa di sequestro di persona mossa all'ex ministro dell'Interno è invece da ritenersi priva di fondamento in linea di puro diritto. Il che è molto più grave.