2020-09-14
Barbara Lezzi: «È doveroso correre da soli. Al M5s non servono alleanze»
La senatrice grillina: «Il Movimento ha ragione di esistere solo se resta alternativo agli schieramenti classici. Prima che di leadership, dobbiamo parlare di progetti».«Sono certa che il Movimento 5 stelle abbia ancora ragione di esistere come terza via, come voce alternativa agli schieramenti tradizionali. Per mantenerlo unito, dobbiamo porci dei nuovi obiettivi, delle nuove battaglie da portare avanti. Costruire la nuova governance sulle persone e non sui progetti sarebbe un errore clamoroso». Sono gli ultimi giorni di campagna elettorale per la senatrice Barbara Lezzi. Tra i vari appuntamenti in giro per la «sua» Puglia e le altre regioni che andranno al voto tra una settimana, trova qualche minuto per ragionare di elezioni, referendum e del futuro del Movimento 5 stelle. Senatrice Lezzi, per citare le parole pronunciate da Luigi Di Maio qualche giorno fa, vi aspetta «un autunno complicato». Il primo passaggio saranno le elezioni regionali. Nelle fila del Movimento serpeggia un certo pessimismo. I numeri delle politiche del 2018 sono ormai un lontano ricordo. «Preferirei aspettare i risultati prima di fare delle considerazioni». L'incubo, per molti parlamentari, è di finire al 10%. Non è preoccupata?«I sondaggi, per ora, non mi interessano. Si ragiona sui risultati: dopo le elezioni faremo le nostre analisi. Posso dirle che in Puglia stiamo facendo un ottimo lavoro. Intorno a noi c'è una calda accoglienza, molte proposte, istanze dal mondo produttivo, dai giovani. Per cui, noi competiamo per vincere, la partita è aperta».La vostra candidata, Antonella Laricchia, è data al terzo posto, dietro a Raffaele Fitto e al governatore uscente, Michele Emiliano. Il mancato accordo con il Pd è stato un errore? «A mio avviso, no. Michele Emiliano è il presidente uscente, se l'elettorato pugliese deciderà di non confermargli la fiducia sarà per le politiche sbagliate degli ultimi cinque anni, per i fallimenti in ambito sanitario e non solo. Insomma, non certo per colpa nostra».Il voto della base sulla piattaforma Rousseau era chiaro. «Quel voto diceva che le alleanze sono possibili, non dovute. Sarebbe stato molto semplice per Laricchia, alla quale hanno offerto di tutto, accettare posti di prestigio, delle poltrone autorevoli. Invece, ha avuto il coraggio di non smentire se stessa, il lavoro degli ultimi cinque anni». Eppure, Di Maio insiste: «La strada delle alleanze è quella giusta».«Le alleanze devono essere costruite con i tempi giusti. Credo sia inutile parlare di alleanze senza una visione. Alleanze per fare cosa? Questo sistema serve soltanto alla politica e non ai cittadini. Se non ci sono le condizioni per costruire degli accordi, il Movimento 5 stelle deve avere il coraggio di correre da solo, di presentarsi agli elettori con le sue proposte. E poi, Di Maio è venuto qui a sostenere con convinzione Laricchia, non mi sembra si stia sfilando». Sulle alleanze, la posizione del ministro degli Esteri è quantomeno ambigua, non trova? «Questa domanda dovrebbe farla a lui. Se ci sono delle sfumature, dovrebbe essere lui a chiarirle». Di fronte all'ipotesi di una vittoria netta della coalizione di centrodestra, il governo Conte rischia? «Distinguiamo i due piani, non possiamo rimettere in gioco il governo a ogni elezione locale. Io credo che il governo sia saldo e resterà tale se farà le cose giuste, se prenderà le giuste decisioni, a partire dai 209 miliardi di fondi europei». Non si potrà far finta di niente di fronte a una sconfitta, non crede? Anche Nicola Zingaretti, qualche giorno fa, lo ha messo nero su bianco con una lettera a Repubblica. «Zingaretti dice tante cose... Io penso per me, per il Movimento. Le elezioni regionali sono su un piano diverso, non hanno risvolti a livello nazionale. Non sarebbe la prima volta che i voti delle regionali non coincidono con quelli nazionali».Insomma, sta allontanando lo spettro di un nuovo governo? Lei, del resto, non appartiene al club dei «Tutti pazzi per Mario Draghi».«Mi terrorizza l'ipotesi di un governo tecnico in un momento come questo. Le scelte devono essere esclusivamente politiche. Ci sono delle decisioni da prendere e deve essere la politica a farsene carico, ad assumersi le responsabilità. Abbiamo un presidente del Consiglio e una maggioranza che lo sostiene: così si deve andare avanti». A proposito di maggioranza: molti dei vostri alleati sono contrari al taglio dei parlamentari. I danni supererebbero i benefici, questa è la critica. «Ma quali danni, non c'è alcun danno. La riforma alleggerisce il Parlamento senza sconvolgere la Costituzione. Sa chi dice il contrario? Chi ha paura di perdere il potere, la poltrona. C'era bisogno di questo taglio, con meno persone si può lavorare meglio. Finora la riforma non ha incontrato ostacoli, al giro di boa c'è chi sta sollevando dei distinguo, compresa la Lega». Giancarlo Giorgetti si è espresso per il No, non una voce di poco conto. «Il centrodestra non mi sembra il fronte compatto che raccontano tutti. Ogni volta che ci sono delle scelte importanti da fare, si spaccano. Io li ho conosciuti bene».Il suo collega, il senatore Luigi Zanda, ha parlato di «amputazione della democrazia». Senza alcuni correttivi, come la riforma dei regolamenti, la macchina rischia di ingolfarsi? «Sa per cosa lo ricordo il senatore Zanda? Per la sua strenua difesa del finanziamento pubblico ai partiti. Il Senato lavora dal martedì al giovedì, se si iniziasse a lavorare tutta la settimana non si ingolferebbe niente. Invece di scappare con il trolley il giovedì, rimaniamo lì a lavorare. Con meno elementi, il Parlamento sarà più snello e veloce. E anche meno costoso». Le cito questa cifra: 57 milioni l'anno. Lo 0,007% della nostra spesa pubblica. I conti li ha fatti Carlo Cottarelli. «È vero, il costo non è dirimente per le casse dello Stato però io la invito a fare una riflessione».Di che tipo? «Quando siamo intervenuti sui vitalizi, ci hanno detto che il risparmio non era rilevante. Quando vogliamo tagliare qualche posto nelle partecipate, ci dicono altrettanto. Mettiamoli insieme questi tagli e vedrà che forse arriveremo a una cifra considerevole. La revisione della spesa pubblica non si fa con l'accetta, tagliando i posti letto negli ospedali, si fa con interventi chirurgici. Non prendiamo in giro gli italiani: iniziamo, le somme si tireranno alla fine». Le altre riforme alla base dell'accordo di governo restano ancora un'incognita. A cominciare dalla legge elettorale: il primo voto in commissione Affari Costituzionale ha mostrato nuove crepe nella maggioranza. «Io sto girando molto per la campagna elettorale e le dico che per gli italiani non è questa la priorità. Detto questo, la legge elettorale dovrebbe essere approvata nel più breve tempo possibile». Il testo sarebbe dovuto arrivare in aula nei prossimi giorni. Se ne parlerà, forse, a fine ottobre. «Se ci sono delle defezioni è per la mancanza di serietà da parte di Matteo Renzi». Italia viva non ha partecipato al voto. I deputati di Leu si sono astenuti. «A un anno di distanza dalla scissione, Matteo Renzi si aspettava di avere un 10 per cento di consensi. E invece i numeri sono ben diversi, per questo spinge per una soglia di sbarramento inferiore, fissata al 3 per cento». È un'opzione percorribile? «Non lo so, vedremo. A mio avviso dovrebbe rimanere al 5 per cento, l'importante è che si mettano d'accordo e archiviamo questo dibattito. In questo momento il Paese ha bisogno di altro, non di una disputa sulla legge elettorale». Nel Movimento 5 stelle è partita la corsa alla leadership. Lei da che parte sta? «Su questo, do una risposta secca: a mio avviso, il Movimento ha bisogno di individuare dei nuovi obiettivi. Solo dopo, sulla base dei progetti, si parlerà di governance». Una schiera di parlamentari, vicini a Di Maio, sarebbe pronta a uscire dal vostro gruppo parlamentare per crearne uno autonomo, a sostegno del premier Conte. «Io sono molto lontana da queste dinamiche, non mi interessano le strategie, le correnti. Io andrei molto più nel merito di quello che c'è da fare, a cominciare dalla programmazione per spendere i fondi europei». A proposito, la Corte dei conti europea ha sollevato delle criticità: i soldi del Recovery Fund destinati all'Italia sarebbero troppi per essere spesi in così poco tempo. I tempi stretti possono ostacolare l'efficacia del piano? «Non siamo mai stati bravi a spendere. Negli ultimi anni, il rallentamento della spesa dei fondi europei è da imputare alle pessime scelte politiche, sia a destra che a sinistra. Il modo per spenderli bene c'è: semplificazione delle procedure e volontà politica di portare a termine le opere. Solo così si potrà spendere in maniera efficace, e in fretta».
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