2020-10-21
È corsa al vaccino ma secondo l’Oms la comune influenza adesso è sparita
Da aprile l'incidenza dei virus è quasi a zero. Il monitoraggio è calato causa Covid, ma anche il distanziamento ha influito.Che fine ha fatto l'influenza? L'ultimo monitoraggio pubblicato il 12 ottobre scorso dall'Organizzazione mondiale della sanità parla chiaro: la linea che mostra la diffusione del classico virus influenzale somiglia in tutto e per tutto a un elettroencefalogramma piatto. Tra il 14 e il 27 settembre del 2020 il sistema di monitoraggio dell'Oms ha ricevuto 50.521 campioni, ma solo 99 sono risultati positivi a uno dei ceppi influenzali conosciuti, pari ad appena lo 0,2% del totale. Tanto per dare un'idea del fenomeno, basti pensare che se si considera la stessa settimana dell'anno scorso, i campioni pervenuti erano stati 58.772, ma con ben 2.124 pazienti positivi. Vale a dire il 3,6% sui test complessivi, cioè 18 volte in più rispetto a quest'anno. Non si tratta di un episodio isolato, perché quasi tutte le settimane del monitoraggio dell'influenza che vanno da metà aprile in poi risultano praticamente a zero. Ovviamente, il dato riportato dall'Oms riflette la situazione dell'emisfero australe, dove l'autunno inizia il 21 marzo e l'inverno il 21 giugno, esattamente in corrispondenza della nostra estate. Solitamente, l'altra parte del mondo fa i conti con il virus da aprile a settembre. Prendiamo l'Australia. Nello scorso mese di agosto, di fatto il nostro mese di febbraio, nella terra dei canguri si sono registrati appena 107 casi di influenza (testati positivi), contro i ben 61.000 dell'anno precedente. Stesso discorso per ciò che riguarda i morti: a metà settembre erano 40 contro i 950 del 2019. Una diminuzione talmente drastica che Ian Barr, professore di Microbiologia e immunologia all'Università di Melbourne ha parlato di «numeri mai visti finora», spingendosi a definire quella in corso una «non stagione». Trattandosi di un fenomeno quasi del tutto inedito, quando si tratta di fornire una spiegazione gli esperti sono divisi. Una corrente sostiene che buona parte del merito sia da attribuire alle misure attuate a seguito dell'esplosione della pandemia di Covid-19. Mascherine, distanziamento sociale, igiene frequente delle mani servono a tenere alla larga il coronavirus tanto quanto il virus dell'influenza. Senza contare i lockdown attuati un po' in tutto il mondo, che hanno sicuramente contribuito a contrastare la diffusione di uno e dell'altro patogeno. Così come il blocco dei voli e della mobilità in generale a causa della chiusura delle frontiere. Meno persone che si incontrano, meno mani che si stringono, meno starnuti e colpi di tosse in luoghi affollati hanno certamente tagliato le gambe all'influenza. C'è poi la componente legata alla sorveglianza. Negli ultimi mesi quasi tutti gli sforzi diagnostici si sono concentrati per rintracciare le positività al coronavirus, trascurando in parte il monitoraggio dell'influenza. Non per niente, i tecnici del ministero della Salute australiano hanno voluto inserire un avviso in cima all'ultimo rapporto diffuso al pubblico: «È importante specificare che a causa dell'epidemia di Covid-19 in Australia i dati relativi al monitoraggio dell'influenza potrebbero non riflettere accuratamente l'attività dell'influenza». Pertanto, mettono in guardia gli autori, «i risultati debbono essere interpretati con grande cautela, specie quando si tratta di paragonare i dati delle stagioni precedenti». Parlando del nostro continente, già ad aprile Pasi Penttinen, esperto di influenza al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, denunciava il fatto che i laboratori sono stati travolti dal Covid-19, e a causa della scarsità di tamponi di influenza a loro disposizione «potremmo non avere un chiaro andamento del virus nell'ultima parte della stagione». «I virus sono così, si trovano quando si cercano», spiega alla Verità lo statistico Roberto Volpi, «durante l'inverno cercavamo l'influenza e trovavamo l'influenza, oggi cerchiamo il coronavirus e troviamo quello». E ciò pone un problema non di poco conto: quanto possono confondersi i due virus? «Senza alcun dubbio, all'inizio dell'anno influenza e coronavirus si sono incrociati per un certo periodo di tempo», spiega Volpi, «poi a un certo punto un virus scalza l'altro, si tratta di un fenomeno normale, accaduto anche nel 2009 quando l'influenza suina scalzò quella normale, è un problema attinente all'ecologia dei virus».Tutto ciò basta per dire che, almeno per quest'anno, l'influenza è morta e sepolta? Nemmeno su questo aspetto gli studiosi sono concordi. Come tutti gli anni, in Italia il monitoraggio influenzale operato tramite i medici sentinella parte proprio in questi giorni. Troppo presto, dunque, per dire se le cose andranno come nell'emisfero australe, anche se tutto fa pensare che andremo incontro a una stagione influenzale piuttosto blanda. Curioso che, a fronte di ciò, si assista a un martellamento mediatico senza precedenti per sponsorizzare la vaccinazione antinfluenzale. Nei prossimi mesi potremmo giungere così a una situazione paradossale: vaccinati contro l'influenza, che però non circola, ma indifesi dal coronavirus.
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