L'uomo del pasticcio dei banchi adesso gestisce anche il tesoro delle donazioni degli italiani alla Protezione civile. E lo spende senza controlli.
L'uomo del pasticcio dei banchi adesso gestisce anche il tesoro delle donazioni degli italiani alla Protezione civile. E lo spende senza controlli.Siete tra i tantissimi italiani che nei mesi scorsi hanno effettuato una donazione a favore della Protezione civile per l'emergenza coronavirus? Ebbene, sappiate che, in realtà, quei fondi sono finiti nelle mani del commissario straordinario Domenico Arcuri. E badate che non parliamo di bruscolini, tutt'altro. Secondo l'ultimo aggiornamento disponibile, datato 18 agosto 2020, la cifra finora raccolta - ottenuta sommando il fondo per l'acquisizione di dispositivi di protezione individuali (dpi) e attrezzature sanitarie, e il fondo per le famiglie degli operatori sanitari che hanno perso la vita nella lotta al coronavirus - sfiora i 180 milioni di euro. D'altronde si sa, gli italiani hanno un cuore grande così. Non importa che si tratti di aiutare la ricostruzione delle zone terremotate, sostenere la ricerca scientifica, oppure ancora acquistare alimenti e farmaci per le persone bisognose. Quando c'è da mettere mani al portafoglio per questioni di solidarietà, il nostro Paese non è secondo a nessuno. Un principio valido anche al tempo del Covid, durante il quale privati cittadini, imprese, fondazioni, banche hanno aderito con generosità alle innumerevoli campagne di solidarietà indette per acquistare dpi, costruire reparti da zero, o magari finanziare lo sviluppo di una cura o di un vaccino. Senza dubbio, complice anche la pubblicità martellante andata in onda a ogni ora su tutte le reti Rai in radio e tv, quella lanciata dalla Protezione civile rappresenta una delle raccolte fondi più importanti - se non la più importante - in termini di importi raccolti. Ma come sono stati spesi i soldi donati dagli italiani, e come è potuto accadere che questo «tesoretto» si sia trasformato nel bancomat del commissario Arcuri?Facciamo un passo indietro al 17 marzo, data di approvazione del decreto legge numero 18, meglio noto come Cura Italia. Poco meno di una settimana prima, il governo aveva imposto il lockdown totale, chiudendo in casa 60 milioni di persone. Scuole e case di riposo, invece, erano già state sigillate ai primi del mese. Fino al 22 febbraio, quando a Codogno il «paziente uno» finisce in ospedale, l'epidemia sembra ancora una minaccia lontana. Bastano però poche settimane per far precipitare il Paese nel caos. La curva dei contagi si impenna, nelle strutture che accolgono gli anziani si consuma un dramma silenzioso, le terapie intensive finiscono sotto pressione. C'è bisogno anche della preziosa generosità degli italiani per fronteggiare l'onda d'urto del Covid.due conti correntiGià con l'ordinanza del Protezione civile numero 639 del 25 febbraio, pubblicata il giorno dopo in Gazzetta ufficiale, all'articolo 4 si autorizza il dipartimento a «ricevere risorse finanziare derivanti da donazioni e altri atti di liberalità» sull'apposito conto di tesoreria. Con l'articolo 99 del Cura Italia, il governo «in relazione alle molteplici manifestazione di solidarietà pervenute» dà il via libera all'apertura di «uno o più conti correnti bancari dedicati in via esclusiva alla raccolta e utilizzo delle donazioni liberali di somme finalizzate a far fronte all'emergenza epidemiologica del virus Covid-19». Non va dimenticato, per completare il quadro, che dal 3 febbraio - pochi giorni dopo la proclamazione dello stato di emergenza - alla Protezione civile era stato assegnato il compito di acquistare i dispositivi di protezione. Torniamo ai conti correnti per le donazioni che, come anticipato, sono due. Quello riservato alle famiglie degli operatori sanitari che hanno perso la vita nella lotta al coronavirus ha raccolto 11.122.735 euro fino al 18 agosto, ma il sito non dice nulla di più. Interpellato dalla Verità sulla modalità di spesa di questa cifra, l'ufficio stampa del Dipartimento fa sapere che l'utilizzo di questo fondo è disciplinato dall'ordinanza 693 dello scorso 17 agosto. La quale «stabilisce i criteri per l'individuazione dei beneficiari, le modalità di distribuzione delle somme raccolte, fissando l'importo massimo erogabile in 55.000 euro a nucleo familiare e comunque nel limite di 15.000 per ogni componente, elevato a 25.000 euro in caso di famiglia mononucleare». Le famiglie potranno fare richiesta del contributo economico entro la fine dell'emergenza, e un'apposita commissione si occuperà di valutare le istanze presentate. Gli eventuali fondi non assegnati residui sul conto verranno redistribuiti ai beneficiari. Quindi, par di capire, finora non è stato erogato un euro.familiari a seccoIl secondo conto, quello più sostanzioso, risulta dedicato all'acquisto dei dpi, e all'ultimo aggiornamento disponibile ha raccolto 168.454.160 euro. Di questo importo, fanno sapere dalla sede di via Ulpiano a Roma, sono stati spesi 15.403.650 euro per ventilatori, 128.684.180 euro per dpi (tra i quali le mascherine) e 4.960.913 per spese di trasporto, per un totale di 149.048.743 euro. Mancano dunque all'appello 19.405.417 euro. «L'importo residuo è ancora depositato sul conto corrente aperto in occasione della raccolta solidale e continuerà a essere utilizzato per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale e attrezzature medico-sanitarie», fa sapere alla Verità l'ufficio stampa, «il deposito matura interessi così come previsto dall'istituto bancario aggiudicatario della gara».Sul sito ufficiale della Protezione civile, però, non si trova il dettaglio di quanto acquistato con i soldi donati dagli italiani. C'è l'elenco dei contratti attivati complessivamente dalla struttura di via Ulpiano, e bisogna andare a spulciare ogni singolo accordo, controllare le date, sommare gli importi, verificare le consegne: un lavoro improbo per un donatore. Anche in questo caso chiediamo conto al Dipartimento, il quale fa sapere soltanto che «grazie alle donazioni degli italiani sono stati acquistati circa 110 milioni di mascherine, 4.501.100 kit tamponi, 1.589 ventilatori, 163.000 camici, 400 flussimetri e 6 impianti per la produzione di mascherine», senza specificare prezzi di acquisto o fornitori.E qua veniamo al punto: «I beni acquistati dal commissario Arcuri sono stati distribuiti dalla struttura commissariale alle Regioni sulla base dei fabbisogni espressi», dicono al Dipartimento. Che cosa c'entra Arcuri, chiediamo noi? La spiegazione sta sempre nel decreto Cura Italia, qualche articolo più avanti, precisamente al 122. le chiavi del forziereLa norma assegna al commissario straordinario per l'emergenza anche la definizione delle «modalità di acquisizione e di utilizzazione dei fondi» previsti dall'articolo 99, quello cioè che autorizza l'apertura dei conti solidali da parte della Protezione civile. Consegnando di fatto a Domenico Arcuri le chiavi del forziere delle donazioni di Via Ulpiano. Secondo fonti interne della Protezione civile, il 99% delle mascherine e degli altri dispositivi acquistati con le donazioni sono passati per le mani del commissario.Tutto normale? La scelta di accentrare anche la gestione delle donazioni sulla figura del commissario Arcuri lascia perplessi. Considerando che, complessivamente, la Protezione civile ha speso 356,6 milioni di euro per l'acquisto di Dpi, le donazioni degli italiani hanno permesso di garantire più di un terzo dell'approvvigionamento totale. Entrando nel dettaglio, con i fondi raccolti è stato possibile acquistare il 100% dei flussimetri, il 62% dei ventilatori e il 31% delle mascherine totali. Un contributo che potremmo definire perciò senza dubbio decisivo. Nella sezione del sito dedicata alle donazioni non viene fatta menzione al ruolo della struttura commissariale. E chi ha versato con generosità, fosse anche solo 1 euro, ha tutto il diritto di sapere da quali mani sono passati quei soldi.
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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