
L'Istat segna un -4% di nuovi venuti. Culle sempre più vuote anche tra gli stranieri. L'eccezione di Bolzano.No aiuti, no figli. Sembra questa, l'impietosa spiegazione dei dati demografici che l'Istat ha diffuso ieri. E così, per la prima volta, dall'unità d'Italia, le culle sempre più vuote nei reparti di maternità e il progressivo invecchiamento della popolazione decretano che il nostro Paese è in fase di declino demografico. Motivo per il quale le politiche per la natalità, dal prezzo ridotto di latte e pannolini alla diffusione degli asili nido, sono da portare al centro del dibattito, come per la verità ha iniziato a fare questo governo. Secondo il rapporto presentato ieri la popolazione italiana è scesa a 55.104.000 unità: 235.000 in meno rispetto all'anno precedente (-0,4%). Dal 2014 al 2018, la popolazione è diminuita praticamente di 667.000 persone, pari alla scomparsa di una città come Palermo. I neonati iscritti all'anagrafe sono stati 439.747, con un calo del 4% rispetto al 2017 e cioè 18.000 bambini in meno (dato più basso dal 1861). In sostanza, secondo l'istituto di Gian Carlo Blangiardo, la popolazione italiana ha perso da tempo la sua «capacità di crescita» per effetto della dinamica naturale, quella dovuta alla «sostituzione» di chi muore con chi nasce. Lo scorso anno, infatti, la differenza tra nati e morti, «saldo naturale» è negativa, pari cioè a -193.000 unità. Unico dato in controtendenza è nella provincia di Bolzano, una delle aree all'avanguardia sul fronte delle politiche familiari. A livello nazionale «il tasso di crescita naturale si attesta a -3,2 per mille e varia dal +1,7 per mille di Bolzano al -8,5 per mille della Liguria. Anche Toscana, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Molise presentano decrementi naturali piuttosto accentuati, superiori al 5 per mille». Dal 2015, il calo delle nascite ha portato il numero dei piccoli sotto il mezzo milione, minimo storico. Oltre a questo fattore, contribuisce al declino nazionale l'aumento degli espatri: hanno lasciato il Paese, nel 2018, quasi 157.000 persone, con un aumento di 2.000 unità rispetto all'anno precedente. Nel dettaglio il calo delle nascite maggiore si registra nel Centro Italia, -5,1%, e secondo i dati forniti la diminuzione si deve principalmente a fattori strutturali: si registra, infatti, una progressiva riduzione delle potenziali madri dovuta, da un lato, all'uscita dall'età riproduttiva delle generazioni molto numerose nate all'epoca del baby-boom, dall'altro, all'ingresso di contingenti meno numerosi a causa della prolungata diminuzione delle nascite osservata a partire dalla metà degli anni Settanta. A frenare il calo demografico sono state, almeno fino allo scorso anno, le nascite dei figli di immigrati. Infatti, l'incremento che si era avuto nel 2018 era dovuto alle donne straniere: tuttavia, negli ultimi anni, ha iniziato a ridursi progressivamente anche il numero di stranieri nati in Italia, pari a 65.444 nel 2018 (il 14,9% del totale dei nati). Tra le cause del calo, la diminuzione dei flussi femminili in entrata nel nostro Paese e il progressivo invecchiamento della popolazione straniera, ma anche l'acquisizione della cittadinanza italiana da parte di diverse donne straniere.Le nascite di bambini di cittadini stranieri si concentrano nel Nord-ovest (21,0%) e nel Nord-est (20,7%). L'Emilia Romagna ha la percentuale più alta di nati da cittadini stranieri (24,3%), la Sardegna la più bassa (4,5%). Al 31 dicembre 2018, le differenti cittadinanze presenti in Italia erano 196. Le cinque più numerose sono quella romena, con un milione e 207.000, quella albanese, con 441.000, quella marocchina, con 423.000, quella cinese, con 300.000, e quella ucraina, con 239.000. Queste, da sole, rappresentano quasi il 50% del totale degli stranieri residenti, confermando la graduatoria del 2017.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






