2025-03-19
Draghi sbaglia i conti pure sull’energia
L’ex presidente del Consiglio ripropone le ricette che hanno fallito durante il suo mandato: dall’accelerazione sulle fonti rinnovabili fino agli acquisti comuni di metano. Poi boccia le politiche che lui aveva avallato sull’austerità e i bassi salari.L’audizione di Mario Draghi davanti alle Commissioni riunite Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue di Camera e Senato in merito al Rapporto sul futuro della competitività europea non ha portato novità sostanziali rispetto a quanto già si sapeva. Draghi ha illustrato i contenuti del lavoro e ha poi risposto ad alcune delle molte domande poste dai parlamentari presenti.Sui temi energetici l’ex presidente della Banca Centrale europea ha confermato la sua visione, ovvero che l’abbassamento del prezzo dell’energia è un fattore chiave per la competitività europea ed italiana. Per ottenere ciò, le proposte di Draghi contenute nel rapporto sono note. Secondo l’ex premier «è necessario esercitare il nostro potere di acquisto, sfruttando la nostra posizione di più grande consumatore al mondo di gas. Possiamo coordinare meglio la domanda di gas tra Paesi, anche riempiendo gli stoccaggi con flessibilità». Poi, Draghi ha criticato la finanziarizzazione del mercato del gas: «È necessario pretendere una maggiore trasparenza dei mercati. Gran parte delle transazioni finanziarie legate al gas è concentrata» in pochi operatori poco sorvegliati, ha detto Draghi, sottolineando che è necessaria una maggiore trasparenza sui prezzi di acquisto del gas.Secondo Draghi, occorre accelerare sulle fonti rinnovabili. Per avere sovranità energetica è necessario non dipendere più dal gas. «Certamente sono stati fatti degli errori, fissando obiettivi senza adeguare le strutture», ha continuato, «ma non bisogna rinunciare agli obiettivi, bisogna accelerare sulla decarbonizzazione con obiettivi realistici». Quindi, a quanto si evince, gli obiettivi precedenti non lo erano.«Occorre anche disaccoppiare il prezzo dell’energia prodotta dalle rinnovabili e dal nucleare da quello dell’energia di fonte fossile», ha sottolineato ancora l’ex premier. Il tema del disaccoppiamento è oggetto in queste settimane di un ampio dibattito. Proprio due giorni fa Giuseppe Argirò, vicepresidente di Elettricità Futura, ha detto che «Il disaccoppiamento tra prezzi del gas e delle rinnovabili non è realizzabile e chi lo propone sostiene una cosa profondamente sbagliata».Restano i dubbi sulla reale utilità dei rimedi proposti da Draghi e restano gli avvenimenti degli ultimi anni a testimoniare la contraddittorietà dell’operato dell’ex presidente del consiglio sui temi energetici. La flessibilità nel riempimento degli stoccaggi di gas richiesta oggi da Draghi mal si concilia con la corsa a riempire gli stoccaggi cui si assistette nell’estate 2022, che portò a far esplodere i prezzi sino a superare i 300 euro per megawattora. Una partita finanziaria che vede ancora un buco di 4,8 miliardi di euro, secondo le stime Arera, che viene recuperato ancora oggi con uno specifico onere in bolletta.Quanto agli acquisti comuni di gas, questi sono stati fatti: la Commissione ha predisposto una piattaforma e qualche operatore ha partecipato. Non si tratta in realtà di acquisti comuni, bensì di un coordinamento residuale di una piccola parte della domanda. Questo è ciò che possibile fare in regime di mercato. A meno che «acquisti comuni» significhi che debbano essere gli Stati a costituire un centro unico di acquisto facendo gare mondiali, il che significherebbe la fine del mercato, uno dei pilastri dell’Ue. La storia recente ha visto anche la proposta di Draghi di un price cap sul gas a livello Ue, poi realizzato: un meccanismo inutile ai fini dell’abbassamento dei prezzi ed anzi distorsivo, potendo portare alla mancanza fisica della materia prima (per fortuna non è mai entrato in funzione). Risale al governo Draghi anche l’impegno a condurre gare internazionali per il rinnovo delle concessioni idroelettriche in cambio di una rata di finanziamenti del Pnrr. Riguardo alla finanziarizzazione del mercato del gas, questo è stato un obiettivo perseguito scientemente dall’Unione europea, sin da quando ha favorito lo sganciamento dei prezzi del gas dall’indicizzazione al petrolio per creare dei prezzi in euro su specifici «hub» come il Ttf.Sono poi apparse sorprendenti le affermazioni conclusive di Draghi: «Siamo sicuri di voler mantenere questo gigantesco surplus con il resto del mondo? Non è meglio sviluppare la domanda interna? In passato abbiamo contratto i bilanci pubblici e tenuti bassi i nostri salari perché eravamo in competizione tra paesi europei. Austerità e bassi salari hanno compresso la domanda e siamo diventati più poveri. Forse non era la strada giusta. Oggi è venuto il momento di pensare alla crescita interna». Dichiarazioni che derubricano ad errori scelte politiche perseguite con una certa brutalità, come ricordano ad esempio i cittadini greci, e che scontano un paio di dimenticanze. La prima è la lettera da Francoforte dell’agosto 2011 con la quale la Bce chiedeva al governo italiano di attuare austerità e abbassare i salari. La seconda è relativa all’euro: l’intera costruzione dell’eurozona si basa per propria natura sulla deflazione salariale e sulla ricerca di surplus con l’estero. «Pensare alla crescita interna» significa mutare la ragione sociale dell’eurozona e non pare che ve ne siano le condizioni.
(Totaleu)
«Tante persone sono scontente». Lo ha dichiarato l'eurodeputato della Lega in un'intervista al Parlamento europeo di Strasburgo.