
L’ex premier conferma l’inversione di rotta sulle politiche economiche e soprattutto sembra condividere l’attacco degli Usa alla Commissione su green e burocrazia. Un messaggio diretto alla Germania: lo sentirà?Alcuni giornali hanno accolto quello di J.D. Vance a Monaco come il discorso di un invasato, liquidando l’appello all’Europa del vicepresidente degli Stati Uniti allo stesso modo con cui si trattano le esternazioni di persone sopra le righe. Ovviamente comprendo che l’intervento con cui l’autore di Elegia americana (Vance, oltre ad aver fatto parte del corpo dei marines e aver creato un’azienda, ha anche scritto un libro sul declino di un’area popolare degli States come la regione degli Appalachi) ha messo a nudo le fragilità della Ue non abbiano fatto piacere all’establishment di Bruxelles e, dunque, gli organi di stampa, che di quei burocrati sono i portavoce, abbiano preferito minimizzare.Tuttavia, oltre ad alcune espressioni che riguardano i temi etici, le follie gender e, soprattutto, le critiche al bavaglio che si vuole imporre a chi si permette di criticare l’operazione di sterilizzazione del pensiero politicamente scorretto, le cose dette dal vice di Trump non soltanto sono ampiamente condivisibili, ma fanno parte anche di quelle raccomandazioni che ci arrivano da più parti e che non sono neppure lontanamente sospettabili di essere pronunciate da persone vicine al nuovo corso americano. Alludo all’articolo che Mario Draghi ha scritto l’altro giorno per il Financial Times, Bibbia finanziaria della vecchia Europa. Sull’organo dell’establishment, Draghi ha sostanzialmente messo in guardia chi conta dai rischi che l’Europa sta correndo, smontando anche la narrazione che vorrebbe messo in serio pericolo il futuro del Vecchio continente dalla politica di Trump.Altro che dazi, a danneggiare l’economia europea ben prima delle misure adottate dalla nuova amministrazione americana ci pensa la stessa Ue, con le sue leggi speciali e i suoi ostacoli alla libera impresa. Mentre tutti si dicono preoccupati per i dazi, l’ex presidente del Consiglio e della Bce spiega che, a causa «delle elevate barriere interne e degli ostacoli normativi», la crescita dell’Europa è frenata. E gli elementi di cui sopra «sono molto più dannosi per la crescita di qualsiasi tariffa che gli Stati Uniti potrebbero imporre».Per Draghi, che cita il Fondo monetario internazionale, le barriere interne, che la stessa Unione ha imposto al continente, equivalgono a un dazio del 45% e del 110 per il settore dei servizi. Secondo l’ex premier, con le sue norme la Ue ha «ostacolato la crescita delle imprese tecnologiche europee, impedendo all’economia di sbloccare grandi guadagni di produttività», con una riduzione dei profitti per le piccole imprese del 12%. Draghi sollecita un cambiamento radicale, invocando la rimozione delle «barriere interne che avrebbero dovuto proteggere i cittadini e che, in realtà, non hanno portato né benessere agli europei, né un beneficio per le finanze pubbliche sane». Insomma, la politica degli occhiuti guardiani dell’Unione deve essere corretta, magari prendendo un po’ ad esempio ciò che è accaduto negli Stati Uniti. Certo, Draghi non sembrerebbe l’interprete ideale del pensiero in arrivo da oltreoceano da quando Trump si è insediato alla Casa Bianca. Ma le sue critiche all’attuale linea di politica economica europea appaiono, invece, molto coerenti con chi pensa che le rigidità dell’Unione siano proprio la causa principale del declino, economico, politico e anche culturale della vecchia Europa. Il che non significa essere contro l’idea di una integrazione, ma vuol dire essere coscienti che la strada imboccata dai vertici Ue non può portare alcun miglioramento per i Paesi che ne fanno parte ma, al contrario, condanna l’Europa al declino.Il conformismo e la mancata flessibilità in economia trovano la naturale prosecuzione su altri temi, quelli denunciati da Vance, in materia di politiche dell’inclusione e dell’immigrazione. In altre parole, urge un’inversione di rotta. Lo capirà la Germania, che si prepara nei prossimi giorni al voto? Lo comprenderanno gli altri Paesi, osservando l’avanzata in tutto il continente dei movimenti di destra? I rigidi parametri di bilancio, insieme alle assurdità del politicamente corretto, oggi rappresentano una corazza insopportabile che limita i movimenti e, soprattutto, la crescita. Ma siamo ancora in tempo per evitare di andare a sbattere.
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