2024-03-04
Pista choc: il dossier anti-Crosetto partito dai cronisti di De Benedetti
Guido Crosetto (Imagoeconomica)
Bomba sulla vicenda di politici e vip «attenzionati»: il documento sul ministro della Difesa, presentato dal finanziere indagato per giustificare le «spiate», è contenuto in un file creato da un giornalista di «Domani». Ormai è questione di sicurezza nazionale: Raffaele Cantone e Giovanni Melillo riferiranno al Csm e al Copasir.C’è una nuova e clamorosa pista nell’inchiesta di Perugia su presunti accessi abusivi del tenente della Guardia di finanza Pasquale Striano, per anni in forza alla Direzione nazionale antimafia. La Procura guidata da Raffaele Cantone aspettava con ansia di interrogare l’ufficiale per rivolgergli la domanda delle cento pistole su un report da lui firmato su una «presunta attività di riciclaggio di capitali illeciti nel tessuto economico imprenditoriale di Roma» e che conteneva gli «accertamenti preliminari nei confronti di Mangione Giovanni e Mangione Gaetano», soci del ministro della Difesa Guido Crosetto.Questo il quesito: l’appunto di 13 pagine che l’investigatore ha consegnato alla Procura della Repubblica di Roma (in sede di interrogatorio, prima che il procedimento passasse a Perugia) e alla Procura nazionale antimafia, subito dopo l’esplosione del cosiddetto caso Crosetto, da chi è stato scritto? Alla fine l’indagato ha preferito non rispondere agli inquirenti perugini. Almeno per ora. Ma per i pm quel documento potrebbe essere stato vergato almeno a quattro mani. Infatti chi indaga ha scoperto che nelle «proprietà» del file rintracciato dentro al pc sequestrato e depositato da Striano a Roma viene indicato come autore Stefano Vergine, uno dei tre giornalisti del quotidiano Domani (gli altri sono Giovanni Tizian e Nello Trocchia) sotto inchiesta per accesso abusivo a sistema informatico e per rivelazione di segreto. Al momento, però, al cronista viene contestato «solo» di avere ricevuto, il 4 ottobre 2022, «su sua richiesta», cinque file scaricati dalla Banca dati Sidda-Sidna, l’archivio delle direzioni distrettuali antimafia che contiene le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, atti d’indagine, ordinanze cautelari e informative varie. Oggetto dell’interesse era in questo caso tal Gregorio Iannone.Ma torniamo all’affaire Crosetto. Il 27, il 28 e il 20 ottobre 2022, subito dopo l’insediamento del governo Meloni, il quotidiano Domani pubblica tre articoli sui redditi dell’allora neoministro della Difesa, servizi che convincono il fondatore di Fratelli d’Italia a presentare un esposto. Cantone inizia a investigare e scopre che quegli «scoop» contengono informazioni raccolte da Striano su banche dati riservate il 28 luglio e il 20 ottobre 2022. Nell’agosto del 2023 la storia diventa di pubblico dominio, anche grazie a un articolo del nostro giornale e Tizian su Domani scrive: «Una cosa è certa: “lo spione delinquente” è arrivato al nome di Crosetto verificando alcuni nomi legati alla criminalità organizzata. Stava indagando sui fratelli Mangione, che hanno un profilo inquietante, un capitale di relazioni fatto di contatti con personaggi legati alla criminalità organizzata. I Mangione sono tutt’ora soci del ministro».L’appunto di Striano sui due imprenditori serve a corroborare la versione che le ricerche sui guadagni di Crosetto siano collegate a un’indagine più ampia che riguarda ipotetici rapporti dei soci del ministro con la criminalità organizzata, il core business dell’Antimafia. Un possibile escamotage per giustificare presunte spiate illecite che nulla avevano a che fare con le competenze degli uffici di via Giulia. Il sospetto degli inquirenti è che quel documento, utilizzato da Striano per spiegare le sue ricerche sul ministro, possa essere frutto di un lavoro di squadra. Il report potrebbe avere come possibile coautore proprio Vergine, un giornalista specializzato in libri contro la Lega (Il Tesoro della Lega e Il libro nero della Lega sono tra le sue opere). Dunque, il capo della Direzione nazionale Antimafia Giovanni Melillo e la Procura di Roma potrebbero avere ricevuto un atto ufficiale di un investigatore senza sapere che dietro c’era la manina di uno dei giornalisti beneficiari delle soffiate. Un’ipotesi che, se confermata, porrebbe ulteriori interrogativi sulla reale natura della joint-venture messa in piedi dal pool di giornalismo investigativo del quotidiano di Cdb e il loro «pusher» di notizie segrete. Le cosiddette indagini pre-investigative della Dna quali logiche seguivano? Chi decideva i target? Quali erano le vere dinamiche di questa sorprendente sinergia? Le indagini, forse, risponderanno a questi quesiti. Al momento l’unica certezza è che sotto osservazione sono finiti Giovanni e Gaetano Mangione, soci di Crosetto in tre società che offrono servizi di bed and breakfast: la Apollinare Srl, la Torsanguigna Srl (la cui compagine sarebbe in aggiornamento) e la Zanardelli Srl. In queste tre ditte hanno quote anche due ex calciatori della Lazio, Giuseppe Favalli e Giuliano Giannichedda. Crosetto detiene il 28% di tutte e tre.La Procura di Perugia nei capi d’accusa contro Striano ci informa che il 5 marzo 2023 l’appunto al centro degli approfondimenti sarebbe stato inviato dal tenente a un coindagato, nonostante contenesse «informazioni coperte dal segreto d'ufficio». Ma che cosa c’è scritto nelle pagine depositate a Roma? La Verità le ha lette. In esse Striano evidenzia i presunti rapporti commerciali dei Mangione con soggetti che vengono collegati al mondo della criminalità organizzata. Si tratta di un atto d’accusa un po’ confuso contro due imprenditori incensurati, anche se la collazione di fatti e nomi risulta suggestiva. Gli accertamenti prenderebbero il via da un’attività pre-investigativa sulla cosca Mancuso che avrebbe portato Striano a spaziare verso altri lidi. L’incipit è questo: «Si premette che i seguenti elementi informativi sommariamente esposti e certamente non esaustivi, sono stati raccolti sul conto dei fratelli Giovanni e Gaetano Mangione, in oggetto indicati, imprenditori del settore hospitality, hotel e ristoranti, a capo di numerose società, i quali unitamente al padre Renato, sono stati accostati, nel tempo, a personaggi di spicco della criminalità organizzata».Secondo Striano, i Mangione, come «accertato illo tempore», sarebbero stati «indagati per avere posto a disposizione di sodalizi criminali, la loro opera nel riciclare denaro illecito, attività che potrebbe essere stata reiterata nel tempo, atteso la vicinanza a personaggi funzionali alle dinamiche imprenditoriali di organizzazioni camorriste, ‘ndranghetiste e autoctone operanti nella Capitale» e sarebbero «risultati intranei e/o comunque saldamente vicini e funzionali a esponenti di primo piano di diversi sodalizi operanti nella Capitale». Il lungo excursus cita i rapporti finanziari del narcotrafficante Fausto Pellegrinetti con la famiglia Mangione. Già negli anni Novanta Gaetano e Giovanni sarebbero emersi nelle attività investigative «perché implicati nell’importazione e gestione di macchinette da gioco». I due vengono accostati a pesi massimi della criminalità capitolina come Ernesto Diotallevi e Massimo Carminati: «Ulteriori e preliminari approfondimenti sui fratelli Mangione, hanno fanno emergere un particolare attivismo in attività imprenditoriali nel settore ricettivo e della ristorazione, partendo dalla gestione di un ristorante a Roma nella nota zona di Ponte Milvio (denominato Met), già oggetto di cronache giudiziarie, e nel cui ambito, è stata appreso, operavano anche uomini riconducibili a Massimo Carminati». Gaetano Mangione sarebbe anche il «gestore del Dom hotel» di via Giulia, 5 stelle collocato di fronte all’ingresso della Dna. Alla fine, Striano ammette che il ministro potrebbe essere «ignaro» delle presunte relazioni pericolose dei fratelli Mangione. La Procura di Perugia adesso vuole capire se dietro a queste accuse tanto gravi ci sia solo un investigatore o anche i giornalisti che hanno messo nel mirino Crosetto.
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