
La morte del tifoso prima di Inter-Napoli certifica il fallimento della linea morbida con le curve. Arrestato il leader dei Boys nerazzurri, che avrebbe pianificato l'attacco, ma è solo l'inizio. Minacce sui social al ventunenne pentito: «Sei come Buscetta».«Un'azione in stile militare»: il gip di Milano, Guido Salvini, definisce così l'agguato di Santo Stefano organizzato dagli ultrà dell'Inter, con il sostegno di quelli del Varese e del Nizza. Il bersaglio dell'«azione in stile militare» erano gli ultrà del Napoli. Lo scontro, violentissimo, tra le due tifoserie, in via Novara, a poche centinaia di metri dallo stadio San Siro, ha avuto come «danno collaterale» la morte di Daniele Belardinelli, capo ultrà del Varese, investito da un'auto. L'inchiesta ha portato all'arresto di uno dei capi della tifoseria organizzata interista: si tratta di Marco Piovella, detto «il rosso», 35 anni, nato a Pavia e leader dei Boys San, uno dei gruppi ultrà della curva Nord.A inguaiare Piovella (laureato al Politecnico e imprenditore nel settore del design) accusato di rissa aggravata e lesioni, è stata la confessione di Luca Da Ros, ventunenne milanese di Porta Romana, uno dei tre ultrà interisti arrestati subito dopo gli scontri (gli altri due sono Francesco Baj, 31 anni, di Rosate, e Simone Tira, 31 anni, di Quarto Cagnino). Da Ros, messo sotto torchio dagli investigatori, ha ceduto: è stato «l'unico», scrive il gip Salvini, che «nel corso dell'interrogatorio ha mostrato un'assai maggiore disponibilità a ricostruire i fatti e consapevolezza della gravità di quanto avvenuto». Il «pentito» ha indicato in Piovella (che ha respinto l'accusa) la mente dell'assalto.«Gli appartenenti ai più importanti gruppi ultrà legati all'Inter», scrive il gip descrivendo la dinamica dell'accaduto, «e cioè gli Irriducibili, i Boys e i Viking, dopo una sosta al baretto nei pressi dello stadio, si erano concentrati presso il pub Cartoons sito in via Emanuele Filiberto». Qui i capi della curva Nord hanno fatto salire i 120 ultrà a bordo di una ventina di auto, che li hanno portati al parco del Fanciullo, dove erano nascoste le armi da utilizzare per aggredire i napoletani: mazze, bastoni, martelli e anche una roncola. All'arrivo della carovana di minivan che portavano allo stadio i partenopei, è scattato l'assalto, annunciato dal lancio di alcuni petardi. I 120 ultrà di Inter, Varese e Nizza hanno circondato i napoletani e li hanno aggrediti con inaudita violenza. Gli ultrà del Napoli, circa 100, sono scesi dai van e hanno respinto l'assalto, difendendosi con cinghie e aste: quattro partenopei sono stati feriti da coltellate. Nel trambusto, un'auto, probabilmente un Suv, ha investito e ucciso Belardinelli, per poi dileguarsi: la polizia sta cercando di identificare chi fosse alla guida, probabilmente una persona estranea ai fatti che, preso dal panico, ha tentato di allontanarsi dalla zona, travolgendo (non è chiaro neanche se se ne sia accorto) il capo ultrà del Varese.Le dichiarazioni di Da Ros, è facile prevederlo, porteranno ad altri arresti tra i leader della curva Nord, che sta praticamente per essere sgominata dalle forze dell'ordine. Intanto, l'ultrà «pentito» è già bersaglio, sui social network, di pesantissimi insulti («Sei come Buscetta» è già un ritornello) per aver infranto la regola dell'omertà, uno dei comandamenti del mondo del tifo violento, riassunto dallo slogan «In curva si canta, in questura si tace». Una galassia, quella dei gruppi ultrà, che ha le sue regole sacre, che valgono in tutti gli angoli del pianeta: odio per le forze dell'ordine (l'universale acronimo Acab, che vedete comparire sui muri di tante città, significa All cops are bastard, ovvero tutti i poliziotti sono bastardi); ricerca continua dello scontro con i gruppi nemici, rispetto per quelli gemellati, presenza in qualsiasi partita della squadra del cuore, in casa e in trasferta. Il codice ultras prevede anche che ci si scontri solo a mani nude, ma in realtà si fa largo uso di coltelli e spranghe. I gemellaggi e le ostilità sono una caratteristica peculiare di questo universo. Ogni tifoseria ha delle squadre «amiche» e delle squadre «nemiche»: ecco perché, insieme agli interisti, a via Novara c'erano anche ultrà di Varese e Nizza. I gemellaggi internazionali nascono e si cementano in occasione delle trasferte, ma negli ultimi anni i social network hanno contribuito ad alimentare il fenomeno. In realtà, gli ultrà dovrebbero tenersi alla larga dai social, secondo un'altra regola non scritta, ma in molti non resistono alla tentazione di postare foto e slogan.Sarà quindi decapitata, la curva dell'Inter, ora che ci è scappato il morto. Non è un mistero per nessuno, infatti, che ogni questura conosce perfettamente tutti i gruppi ultrà della propria città, ne segue le mosse, a volte ne tollera i comportamenti in nome di un «quieto vivere» che suona come una sorta di strategia della riduzione del danno. Non è un caso che la domanda delle domande, su quanto accaduto a Milano lo scorso 26 dicembre, è come sia stato possibile, per gli ultrà dell'Inter e i loro alleati, pianificare, organizzare e mettere a segno un'azione così eclatante a poca distanza dallo stadio. I tifosi del Napoli, infatti, dovevano essere scortati dall'uscita dell'autostrada fino allo stadio, come avviene sempre in occasione di partite «a rischio» dal punto di vista dell'ordine pubblico. Infine, ma non in ordine di importanza, l'odore dei soldi. Molti leader ultrà hanno trasformato il tifo estremo in business: vendono merchandising, organizzano trasferte, spesso e volentieri ricevono biglietti direttamente dalle società che poi rivendono.
Gertrude O'Brady.Il chiosco, s.d./LaM, Musée d’art moderne, d’art contemporain et d’art brut de Lille Métropole, Villeneuve d’Ascq© Philip Bernard
Dal Cubismo all’Art Brut, a Palazzo Zabarella di Padova in mostra (sino al 25 gennaio 2026) oltre 60 opere di 30 diversi artisti delle avanguardie del primo e del secondo dopoguerra, tutti provenienti dal LaM di Lille. Fra capolavori noti e meno conosciuti, anche cinque dipinti di Pablo Picasso e sei straordinarie tele di Amedeo Modigliani.
Susanna Tamaro (Getty Images)
La scrittrice Susanna Tamaro: «La società dimentica che la vita non ci appartiene, ma la morte non si affronta con le carte bollate. La lotta con il destino è essenziale perché dalla fragilità dell’esistenza è impossibile scappare».
Il punto di vista di Susanna Tamaro sul tempo presente è sempre originale. Nell’ultimo saggio, intitolato La via del cuore. Per ritrovare senso nella vita (Solferino), sulla scorta dell’inventore dell’etologia, Konrad Lorenz, utilizza le osservazioni sulla natura e gli animali per studiare la società contemporanea. A ben guardare, però, questo memoir può essere letto anche come una lunga preghiera per lo stato del pianeta. «È così», ammette la scrittrice, «non condivido la tendenza all’angelicazione dell’uomo o a vederlo come frutto dell’evoluzione».
Il principale operatore della rete elettrica nazionale registra ricavi pari a 2,88 miliardi (l’8,9% in più rispetto al 2024) e accelera nei progetti Tyrrhenian Link e Adriatic Link, al centro della strategia per la decarbonizzazione. Aumenta il peso delle rinnovabili.
Nei primi nove mesi del 2025 Terna, principale gestore della rete elettrica nazionale, ha consolidato la propria posizione strategica nel settore, segnando un’intensa crescita economico-finanziaria e un’accelerazione significativa degli investimenti a supporto della transizione energetica. Il consiglio di amministrazione, guidato da Igor De Biasio e con la presentazione dell’amministratore delegato Giuseppina Di Foggia, ha approvato risultati che provano la solidità del gruppo e il suo ruolo determinante nel percorso di decarbonizzazione del Paese.
Nel periodo gennaio-settembre, il fabbisogno elettrico italiano si è attestato a 233,3 terawattora (TWh), di cui circa il 42,7% è stato coperto da fonti rinnovabili. Tale quota conferma la crescente integrazione delle fonti green nel panorama energetico nazionale, un processo sostenuto dal potenziamento infrastrutturale e dagli avanzamenti tecnologici portati avanti da Terna.
Sul fronte economico, i ricavi del gruppo hanno raggiunto quota 2,88 miliardi di euro, con un incremento dell’8,9% rispetto agli stessi mesi del 2024. L’Ebitda, margine operativo lordo, ha superato i 2 miliardi (+7,1%), mentre l’utile netto si è attestato a 852,7 milioni di euro, in crescita del 4,9%. Risultati, questi, che illustrano non solo un miglioramento operativo, ma anche un’efficiente gestione finanziaria; il tutto, nonostante un lieve aumento degli oneri finanziari netti, transitati da 104,9 a 131,7 milioni di euro.
Elemento di rilievo sono gli investimenti, che hanno superato i 2 miliardi di euro (+22,9% rispetto ai primi nove mesi del 2024, quando il dato era di 1,7 miliardi), un impegno che riflette la volontà di Terna di rafforzare la rete di trasmissione e favorire l’efficienza e la sicurezza del sistema elettrico. Tra i principali progetti infrastrutturali si segnalano il Tyrrhenian Link, il collegamento sottomarino tra Campania, Sicilia e Sardegna, con una dotazione finanziaria complessiva di circa 3,7 miliardi di euro, il più esteso tra le opere in corso; l’Adriatic Link, elettrodotto sottomarino tra Marche e Abruzzo; e i lavori per la rete elettrica dedicata ai Giochi olimpici e paralimpici invernali di Milano-Cortina 2026.
L’attenzione ai nuovi sistemi di accumulo elettrico ha trovato un momento chiave nell’asta Macse, il Meccanismo di approvvigionamento di capacità di stoccaggio, conclusosi con l’assegnazione totale della capacità richiesta, pari a 10 GWh, a prezzi molto più bassi del premio di riserva, un segnale di un mercato in forte crescita e di un interesse marcato verso le soluzioni di accumulo energetico che miglioreranno la sicurezza e contribuiranno alla riduzione della dipendenza da fonti fossili.
Sul piano organizzativo, Terna ha visto una crescita nel personale, con 6.922 dipendenti al 30 settembre (502 in più rispetto a fine 2024), necessari per sostenere la complessità delle attività e l’implementazione del Piano industriale 2024-2028. Inoltre, è stata perfezionata l’acquisizione di Rete 2 S.r.l. da Areti, che rafforza la presenza nella rete ad alta tensione dell’area metropolitana di Roma, ottimizzando l’integrazione e la gestione infrastrutturale.
Sotto il profilo finanziario, l’indebitamento netto è cresciuto a 11,67 miliardi di euro, per sostenere la spinta agli investimenti, ma è ben bilanciato da un patrimonio netto robusto di circa 7,77 miliardi di euro. Il consiglio ha confermato l’acconto sul dividendo 2025 pari a 11,92 centesimi di euro per azione, in linea con la politica di distribuzione che punta a coniugare remunerazione degli azionisti e sostenibilità finanziaria.
Da segnalare anche le iniziative di finanza sostenibile, con l’emissione di un Green Bond europeo da 750 milioni di euro, molto richiesto e con una cedola del 3%, che denuncia la forte attenzione agli investimenti a basso impatto ambientale. Terna ha inoltre sottoscritto accordi finanziari per 1,5 miliardi con istituzioni come la Banca europea per gli investimenti e Intesa Sanpaolo a supporto dell’Adriatic Link e altri progetti chiave.
L’innovazione tecnologica rappresenta un altro pilastro della strategia di Terna, con l’apertura dell’hub Terna innovation zone Adriatico ad Ascoli Piceno, dedicato alla collaborazione con startup, università e partner industriali per sviluppare soluzioni avanzate a favore della transizione energetica e della digitalizzazione della rete.
La solidità del piano industriale e la continuità degli investimenti nelle infrastrutture critiche e nelle tecnologie innovative pongono Terna in una posizione di vantaggio nel garantire il sostentamento energetico italiano, supportando la sicurezza, la sostenibilità e l’efficienza del sistema elettrico anche in contesti incerti, con potenziali tensioni commerciali e geopolitiche.
Il 2025 si chiuderà con previsioni di ricavi per oltre 4 miliardi di euro, Ebitda a 2,7 miliardi e utile netto superiore a un miliardo, fra conferme di leadership e rinnovate sfide da affrontare con competenza e visione strategica.
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Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (Getty Images)
L’operazione Southern Spear lanciata da Washington fa salire il rischio di escalation. Maduro mobilita 200.000 militari, denuncia provocazioni Usa e chiede l’intervento dell’Onu, mentre l’opposizione parla di arruolamenti forzati e fuga imminente del regime.
Nel Mar dei Caraibi la tensione fra Venezuela e Stati Uniti resta altissima e Washington, per bocca del suo Segretario alla Guerra Pete Hegseth, ha appena lanciato l’operazione Southern Spear. Questa nuova azione militare è stata voluta per colpire quelli che l’amministrazione Trump ha definito come i narco-terroristi del continente sudamericano ed ha il dichiarato obiettivo di difendere gli Stati Uniti dall’invasione di droga portata avanti da questi alleati di Maduro. Intanto è stata colpita la 21ª imbarcazione, accusata di trasportare droga verso il territorio statunitense, facendo arrivare a circa 80 il numero delle vittime.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ordinato alle forze armate di essere pronte ad un’eventuale invasione ed ha dispiegato oltre 200mila militari in tutti i luoghi chiave del suo paese. il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez sta guidando personalmente questa mobilitazione generale orchestrata dalla Milizia Nazionale Bolivariana, i fedelissimi che stanno rastrellando Caracas e le principali città per arruolare nuove forze.
L’opposizione denuncia arruolamenti forzati anche fra i giovanissimi, soprattutto nelle baraccopoli intorno alla capitale, nel disperato tentativo di far credere che la cosiddetta «rivoluzione bolivariana», inventata dal predecessore di Maduro, Hugo Chavez, sia ancora in piedi. Proprio Maduro si è rivolto alla nazione dichiarando che il popolo venezuelano è pronto a combattere fino alla morte, ma allo stesso tempo ha lanciato un messaggio di pace nel continente proprio a Donald Trump.
Il presidente del Parlamento ha parlato di effetti devastanti ed ha accusato Washington di perseguire la forma massima di aggressione nella «vana speranza di un cambio di governo, scelto e voluto di cittadini». Caracas tramite il suo ambasciatore alle Nazioni Unite ha inviato una lettera al Segretario Generale António Guterres per chiedere una condanna esplicita delle azioni provocatorie statunitensi e il ritiro immediato delle forze Usa dai Caraibi.
Diversi media statunitensi hanno rivelato che il Tycoon americano sta pensando ad un’escalation con una vera operazione militare in Venezuela e nei primi incontri con i vertici militari sarebbe stata stilata anche una lista dei principali target da colpire come porti e aeroporti, ma soprattutto le sedi delle forze militari più fedeli a Maduro. Dal Pentagono non è arrivata nessuna conferma ufficiale e sembra che questo attacco non sia imminente, ma intanto in Venezuela sono arrivati da Mosca alcuni cargo con materiale strategico per rafforzare i sistemi di difesa anti-aerea Pantsir-S1 e batterie missilistiche Buk-M2E.
Dalle immagini satellitari si vede che l’area della capitale e le regioni di Apure e Cojedes, sedi delle forze maduriste, sono state fortemente rinforzate dopo che il presidente ha promulgato la legge sul Comando per la difesa integrale della nazione per la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale. In uno dei tanti discorsi alla televisione nazionale il leader venezuelano ha spiegato che vuole che le forze armate proteggano tutte le infrastrutture essenziali.
Nel piano presentato dal suo fedelissimo ministro della Difesa l’esercito, la polizia ed anche i paramilitari dovranno essere pronti ad una resistenza prolungata, trasformando la guerra in guerriglia. Una forza di resistenza che dovrebbe rendere impossibile governare il paese colpendo tutti i suoi punti nevralgici e generando il caos.
Una prospettiva evidentemente propagandistica perché come racconta la leader dell’opposizione Delsa Solorzano «nessuno è disposto a combattere per Maduro, tranne i suoi complici nel crimine. Noi siamo pronti ad una transizione ordinata, pacifica e che riporti il Venezuela nel posto che merita, dopo anni di buio e terrore.»
Una resistenza in cui non sembra davvero credere nessuno perché Nicolas Maduro, la sua famiglia e diversi membri del suo governo, avrebbero un piano di fuga nella vicina Cuba per poi probabilmente raggiungere Mosca come ha già fatto l’ex presidente siriano Assad.
Intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso preoccupazione per i cittadini italiani detenuti nelle carceri del Paese, sottolineando l’impegno della Farnesina per scarcerarli al più presto, compreso Alberto Trentini, arrestato oltre un anno fa.
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